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Cosa pensano gli italiani di immigrazione e lavoro. Scrive Risso

Il tema immigrazione, sovrastato prima dal Covid e dalla guerra in Ucraina, oggi dal caro-vita e dal caro-mutui, è lentamente scivolato in un secondo livello di stato di tensione. I dati mostrano che la dimensione acuta di avversità è diminuita e la contrapposizione polarizzante si è ridotta. Tutto questo, però, non cambia l’orientamento generalizzato. Il tema è andato solo sotto la cenere, ma resta sempre acceso e pronto a riesplodere. I numeri di Enzo Risso, professore di Audience studies alla Sapienza e direttore scientifico di Ipsos

Nel corso degli ultimi anni i sentimenti verso l’immigrazione sono cambiati. Gli aspetti maggiormente respingenti hanno avuto un progressivo rallentamento, così come le sensazioni più retrive e negative hanno avuto un raffreddamento. Nonostante questo, il Paese sul tema appare spaccato in due con il 41% degli italiani schierati su sentimenti primatisti e orientati a ritenere che gli immigrati sottraggano servizi sociali e risorse importanti agli italiani; il 51%, invece, ritiene gli immigrati una risorsa per il Paese. Il quadro evolutivo emerge se confrontiamo i dati dell’ottobre 2020, ancora in pieno periodo pandemico, con quelli di oggi. Le persone che, tre anni fa, auspicavano uno stop agli arrivi di migranti nel nostro Paese erano il 60% della popolazione maggiorenne.

Gli aperturisti accoglienti erano, invece, una sparuta minoranza (19%). La restante quota del 21% era incerta e ondivaga sul da farsi. A fine maggio 2023, quasi tre anni dopo, il numero delle persone favorevoli alla chiusura totale sono scese al 41%. Un calo secco di 19 punti percentuali, anche se restano sempre la maggioranza relativa dell’opinione pubblica. Gli aperturisti, quanti pensano che si debba consentire l’arrivo di migranti e la possibilità di accoglierne almeno una parte, sono aumentati di 14 punti, passando al 33%.

Anche il numero degli ondivaghi è cresciuto salendo dal 21 al 26%. Il rallentamento dell’astio duro e puro verso i migranti è segnalato anche da un altro dato: il confronto tra favorevoli e contrari al reato di clandestinità. Sempre a fine 2020 gli italiani che sostenevano a gran voce l’arresto degli immigrati clandestini erano il 43%. Tre anni dopo la pulsione repressiva ha smorzato la sua intensità e i favorevoli sono scesi al 36%, con un calo significativo di sette punti percentuali. Le aree sociali e politiche in cui sono intercorsi i mutamenti sono quelle di Fratelli d’Italia (si passa dal 71% del 2020 al 57% di oggi), di Forza Italia (dal 45% al 26%) e del M5S (dal 31 al 28%).

Tra le file della Lega, invece, il tema è ulteriormente cresciuto, passando dal 70 al 74%. I segmenti sociali che restano maggiormente favorevoli alla linea dura contro i migranti sono il ceto medio-basso (38%), i liberi professionisti e i lavoratori autonomi (42%), i cattolici osservanti (43%), le persone che vivono nelle aree rurali (45%), i residenti a nord est (51%), a nord ovest (41%) e a centro nord (42%), nonché le persone di età compresa tra i 31 e i 50 anni (47%).

Il mutamento intercorso negli ultimi tre anni coinvolge anche l’aspetto emozionale, ovvero le sensazioni che gli italiani provano di fronte al fenomeno migratorio e alle persone immigrate. In questo caso il quadro è più contraddittorio. Da un lato, calano in modo considerevole la disponibilità solidale nei confronti dei migranti (si scende dal 44% del 2020 al 33% di oggi), la commiserazione (dal 27 al 17%) e la disponibilità al sostegno (dal 27 al 20%). Dall’altro lato scendono anche le spinte più negative e repulsive.

La rabbia passa dal 24 al 10%; l’ansia dal 23 all’11%; la sensazione di disturbo dal 17 all’11%; la repulsione dal 9 al 6%. Restano stabili indifferenza (sempre al 6%) e disinteresse (sempre intorno al 5%). Il tema immigrazione, sovrastato prima dal Covid-19 e dalla guerra in Ucraina, oggi dal caro-vita e dal caro-mutui, è lentamente scivolato in un secondo livello di stato di tensione. I dati mostrano che è diminuita la dimensione acuta di avversità e si è ridotta la contrapposizione polarizzante.

Tutto questo, però, non cambia l’orientamento generalizzato verso l’immigrazione. Il tema è andato solo sotto la cenere di altri fuochi più caldi, ma resta sempre acceso e pronto a riesplodere. Il calo delle spinte solidaristiche mostra anche che una parte delle dimensioni e delle posizioni di apertura e inclusione erano più il frutto di un posizionamento ideologico, anziché una reale e perdurante disponibilità ad accogliere chi arriva.

Il capitolo immigrati resta, non a caso, uno dei fattori di alert nella mappa dei rischi futuri per il Paese (con un terzo del Paese che lo segnala come argomento cui prestare la massima attenzione). Lo stesso stop netto ai flussi migratori, pur in riduzione, permane maggioritario nell’anima profonda dell’Italia. Il tema, pertanto, resta una brace calda nelle viscere della società, in particolare in alcune zone del Paese come il centro nord, nei ceti popolari e medio bassi, nonché nei centri rurali.

*L’articolo è stato pubblicato sul numero 194 della rivista Formiche


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