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Nel ricordo della tragedia di Marcinelle, prove di patriottismo italiano-europeo

Per la prima volta un vicepremier italiano era presente alla commemorazione dei 260 minatori che, l’8 agosto 1956, persero la vita nella miniera belga del Bois de Cazier

“Voglio dire a tutti i nostri minatori, alle famiglie dei nostri minatori, agli eredi di coloro che sono morti qui a Marcinelle, che l’Italia è fiera di loro. Che sono un esempio che non dobbiamo dimenticare. Non si tratta di ricordarli soltanto il giorno dell’anniversario della tragedia, ma dobbiamo ricordarli tutti i giorni. Con il loro esempio hanno dimostrato che cosa significa essere uomini coraggiosi, essere uomini che si battono per le loro famiglie, essere uomini che si battono per vivere in maniera dignitosa. Credo che tutte queste cose abbiano anche contribuito a rafforzare l’amicizia all’interno dell’Ue tra due paesi come il Belgio e l’Italia. Sua Maestà la Regina Madre è un esempio di questa unità fraterna, tra Italia e Belgio. Noi vogliamo che l’amicizia tra i popoli crescano; che l’Europa possa essere sempre più forte, senza divisioni di bandiere, e che esempi di razzismo scompaiano tra di noi, perché l’Europa rappresenta un esempio positivo. Siamo l’unica entità al mondo dove non c’è la pena di morte. Dobbiamo sempre ricordarci quanto sia importante per noi essere parte di questa Unione, che deve rappresentare per i nostri giovani il futuro. Deve rappresentare benessere e speranza: la speranza che deve permetterci di andare sempre avanti, con ottimismo. Viva l’amicizia tra l’Italia e il Belgio, Viva l’Europa”.

Con queste parole, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha chiuso i discorsi ufficiali per la sessantasettesima commemorazione di una grande tragedia nazionale. Ma anche europea.

L’8 agosto, al Bois de Cazier di Marcinelle, in Belgio, sono stati ricordati i 262 minatori che, nello stesso giorno del 1956, persero la vita. Ben 136 di loro erano italiani.

La presenza del vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e della Regina Madre Paola, accompagnata da due suoi nipoti, in rappresentanza della Famiglia reale, ha testimoniato la gratitudine, sottolineata da tutti gli intervenuti, che Italia e Belgio hanno verso le vittime e le loro famiglie.

67 anni dopo quel maledetto 8 agosto, è la prima volta che alla commemorazione partecipa un vicepresidente del Consiglio italiano, assieme alla famiglia reale belga. Due Tornado dell’Aeronautica militare italiana hanno sorvolato il luogo del disastro, come omaggio alla Regina Madre, ed a suo Padre, il Principe Fulco Ruffo di Calabria, asso dell’Aeronautica militare italiana, che quest’anno celebra il centenario della sua creazione.

In un momento in cui l’Ue, assieme alla Nato, svolge l’inedito ruolo di scudo militare alla libertà, alla sicurezza ed alla democrazia europea. Minacciate pericolosamente dall’invasione militare dell’Ucraina.

Una commemorazione anche europea

La cerimonia ha avuto infatti un carattere non solo italo-belga, ma anche europeo.

Non solo perché, come ha ricordato Tajani, il carbone, assieme all’acciaio, è stato oggetto della prima comunità europea. Quando l’Unione era ancora un sogno da realizzare.

Ma anche perché, in un momento in cui si parla molto di patriottismo, quello testimoniato da Antonio Tajani con la sua presenza, e l’abbraccio ai minatori italiani ed alle loro famiglie, non ha nessuna contrapposizione con l’europeismo del suo discorso, pronunciato a metà in francese e l’altra metà in italiano. Europeismo di cui il Belgio è stato ed è la culla più simbolica. Non solo geograficamente, quale cuscinetto tra potenze contrapposte in due Guerre mondiali che hanno insanguinato l’Europa nel secolo scorso. Ma anche perché metafora del compromesso, detto “alla belga”, che è riuscito e riesce a far convivere ben tre comunità linguistiche – francofona, fiamminga e germanofona – unite dalla volontà di pacifica convivenza. Pur nella dialettica democratica, e nella volontà di costruire ponti, e non muri che, come la storia e la geografia nazionale insegnano ai suoi abitanti, non potranno mai essere strumenti di difesa delle loro libertà e della loro sicurezza.

Patriottismo e nazionalismo

Tajani, con la sua presenza a Marcinelle, ha dimostrato, una volta di più, che “Il Patriottismo” – come diceva Charles de Gaulle – “è quando l’amore per la tua gente viene per primo”. A differenza del nazionalismo che, sempre secondo il Generale-Presidente francese, si ha “quando l’odio per quelli non della tua gente viene per primo”.

Chi scrive non ha mai riscontrato vero amore per la propria gente, compresi i tanti italiani residenti in Belgio, e quelli presenti al Bois de Cazier, tra i quali i rappresentanti di diverse associazioni militari nazionali – come la Sezione di Bruxelles-Unione Europea dei Finanzieri d’Italia, e le Associazioni dei Carabinieri e degli Alpini -, in chiunque istighi a mettere le dita negli occhi di coloro cui si chiede comprensione per i nostri problemi nazionali, e sostegno per le nostre difficoltà attraverso il Pnrr. Ma è stato amore per la nostra gente, in Italia e nel mondo, quella testimoniata da Tajani con la sua presenza a Marcinelle. Con lo stesso spirito con il quale è stato presente in Europa, per quasi tre decenni, da semplice europarlamentare, prima di divenire Vicepresidente della Commissione Europea, e Presidente del Parlamento europeo.  Rappresentando l’Italia del fare, più che del promettere senza mantenere o del gridare. Con atteggiamento di concretezza, serietà e pacata compostezza, che gli hanno permesso di smentire molti stereotipi nazionali. Consentendogli al tempo stesso di diventare il politico italiano di questo millennio, assieme a Mario Draghi, tra i più conosciuti e rispettati in Europa e nel mondo.

Patriottismo non fa rima con egoismo

Nella presenza di Tajani alle celebrazioni di Marcinelle, diversi italiani, e non solo, presenti alla celebrazione del Bois de Cazier, hanno anche visto un’altra prova della sensibilità del governo Meloni, sin dal proprio insediamento, e nonostante le preoccupazioni iniziali di molti, non solo per i rapporti con l’Unione europea, ma anche, e soprattutto, con l’emigrazione storica, e quella, per certi aspetti molto diversa, dei nostri giorni. Sensibilità che non può prescindere dal ricordo di questa tragedia.

Una delle migliori testimonianze della quale è stata raccolta da Maria Laura Franciosi nel suo libro “… Per un sacco di carbone”, edito dalle Acli nel 1996. Nel quale l’autrice, storica ex corrispondente dell’Ansa a Bruxelles, ha raccolto le memorie di 150 minatori. “Sono storie di sacrificio e di solidarietà, che hanno contribuito ad una nuova storia d’Italia fuori dall’Italia, con famiglie di varie regioni d’Italia che mescolavano esperienze culinarie e abilità di ogni genere”, ha spiegato. “E le donne che sapevano cucire sono diventate sarte anche per i belgi, e quelle che sapevano cucinare hanno cominciato a diffondere le pietanze regionali italiane anche tra le famiglie belghe. E i ragazzi italiani che hanno trasferito la passione per il pallone anche ai loro amici belgi, e hanno creato squadre miste di calcio contribuendo non poco all’integrazione fra i giovani”.

Un’emigrazione dall’Italia, e immigrazione in Belgio, quella raccontata da Franciosi, che è stata nei diversi discorsi commemorativi, costante termine di riferimento all’epocale fenomeno migratorio di questo secolo. Di fronte al quale, tutti gli intervenuti, hanno avuto una posizione comune: non possiamo chiudere gli occhi e non possiamo chiuderci nel nostro egoismo. Perché l’egoismo, in Europa, non fa rima con patriottismo, italiano-europeo. Quello di Antonio Tajani, e di tanti come lui.

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