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Aperti agli affari ma… La missione del ministro britannico Cleverly a Pechino

Il capo del Foreign Office è in Cina. Prima di partire ha avvertito i falchi: “Non definiamo le nostre relazioni con una frase a effetto”. Si lavora al vertice Sunak-Xi al G20 e al summit internazionale sull’intelligenza artificiale

L’ultimo ministro degli Esteri britannico a recarsi in missione in Cina era stato Jeremy Hunt, oggi cancelliere dello scacchiere, cioè ministro del Tesoro. Allora al numero 10 di Downing Street c’era Theresa May e Rishi Sunak, attuale primo ministro, era sottosegretario per gli enti locali. Quella visita viene ricordata ancora oggi per la gaffe di Hunt che descrisse la moglie cinese come giapponese parlando con l’omologo Wang Yi.

Difficile che una gaffe possa conquistare i titoli dei giornali oggi, con James Cleverly in missione a Pechino per incontrare Wang, che è anche capo del dipartimento esteri del Partito comunista cinese, e il vicepresidente Han Zheng. Il clima internazionale è cambiato, aggravato poi dal Covid-19 e dall’invasione russa dell’Ucraina. È ben diverso anche il contesto bilaterale, con la stretta cinese sull’ex colonia britannica Hong Kong del 2019: la cosiddetta “età d’oro” delle relazioni tra Regno Unito e Cina sembra volgere al termine. E come Washington, anche Londra, è impegnata a gestire la situazione evitando incidenti.

Così, prima di partire per Pechino (dove si recherà nei prossimi giorni anche Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano), Cleverly ha rilasciato un’intervista al Financial Times rispondendo ai “falchi” del suo partito, i Conservatori. A chi vorrebbe vedere la Cina etichettata come una minaccia, tra cui l’ex primo ministro Liz Truss, ha risposto: “Datemi un esempio di qualsiasi altro Paese al mondo in cui definiamo le nostre relazioni con una sola parola o una frase a effetto. Noi non lo facciamo”. “Impegnarsi con la Cina non significa rifuggire dai temi difficili”, ha scritto su X ribadendo il concetto: “Si tratta di esprimere le nostre preoccupazioni direttamente, faccia a faccia. Ecco perché sono qui” a Pechino, ha aggiunto.

Il suo messaggio in Cina è chiaro: il Regno Unito è aperto agli affari ma è anche preoccupato dal trattamento riservato agli uiguri nello Xinjiang, dalla situazione a Hong Kong, dalle sanzioni applicate da Pechino ad alcuni parlamentari britannici (tra cui Tom Tugendhat, minister della Sicurezza), dai rapporti con la Russia alla luce dell’invasione dell’Ucraina e dal cambiamento climatico.

Cleverly è a Pechino per assicurare la presenza cinese al summit sull’intelligenza artificiale che si terrà a novembre, probabilmente a Bletchley Park (l’ipotesi più probabile è la partecipazione di una delegazione di funzionari cinesi, nonostante lo scetticismo degli alleati G7). E anche per preparare il possibile incontro tra Sunak e il leader cinese Xi Jinping a margine del G20 della prossima settimana a Nuova Delhi, in India. Come dimostrano le parole del ministro degli Esteri britannico (e le reazioni di alcuni parlamentari “falchi”) gli incontri di persona tendono ad ammorbidire la dialettica. Così, difficilmente Sunak adotterà i toni della sua campagna Ready4Rishi per la leadership del Partito conservatore: la Cina è la “prima minaccia” al Paese, ruba la tecnologica britannica, si infiltra nelle università, sostiene l’invasione “fascista” russa, manipola l’economia globale e commette una serie di violazioni dei diritti umani, senza dimenticare l’impegno a chiudere tutti i 30 Istituti Confucio (cosa che non avverrà, anche se non riceveranno più finanziamenti governativi).

Il leader tory sembra deciso a puntare sull’economia, mentre una strategia a lungo termine (orientata alla sicurezza) nei confronti della Cina può aspettare. Gli investimenti interni potrebbero aiutare a sostenere un’economia in difficoltà in vista delle elezioni generali del prossimo anno. La visita in Cina di Gina Raimondo, segretaria al Commercio degli Stati Uniti, sembra offrire spazio agli alleati più stretti di Washington di agire in scia. Tuttavia, la situazione appare instabile e offre poche garanzie agli Stati Uniti e dunque ai loro alleati.

Non è però detta l’ultima parola. L’incontro tra Sunak e Xi potrebbe saltare a causa di un rapporto della commissione Esteri della Camera dei comuni in cui il governo viene criticato per “l’incoerenza” nell’approccio verso Pechino e in cui il Parlamento britannico si riferisce per la prima volta a Taiwan come a un “Paese indipendente”.

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