“I dati confermano la necessità di rafforzare l’approccio dell’industria alle sanzioni economiche e ai controlli sulle esportazioni”, commenta Gianpaolo Porchiazzo, Eu managing director di European Sanctions and Export Control Society
“Buona parte delle esportazioni italiane verso la Russia, a un anno e mezzo dall’inizio della guerra e nonostante le sanzioni contro Mosca, arriva ancora a destinazione. Ha solo preso vie traverse”, racconta il quotidiano La Repubblica leggendo i dati sul commercio del 2022 e dell’inizio del 2023. Il sospetto che è Mosca stia aggirando i blocchi su alcuni beni – come l’elettronica avanzata, le tecnologie dual use e i beni di lusso – grazie a governi amici e aziende europee.
Il caso più eclatante, scrive La Repubblica, è il piccolo Kirghizistan, verso cui le esportazioni italiane sono aumentate del 178% nel 2022 e dal 409% tra gennaio e aprile di quest’anno. Aumenti fuori scala, con massimi storici superati di slancio, sono anche verso il Kazakistan (+67% sia l’anno scorso che questo), la Georgia (+57% tra gennaio e aprile) e l’Armenia (+80% lo scorso anno, raddoppio all’inizio del 2023). I dati raccontano anche il fallimento delle missioni diplomatiche dell’Unione europea nelle capitali coinvolte per mettere pressione ai governi e convincerli a intensificare i controlli.
“Certamente i dati pubblicati non fanno che confermare la necessità, già dichiarata in varie sedi, di rafforzare l’approccio dell’industria alle sanzioni economiche e ai controlli sulle esportazioni”, commenta Gianpaolo Porchiazzo, Eu managing director di European Sanctions and Export Control Society, una rete di associazioni di settore senza scopo di lucro istituita per supportare l’Europa nella gestione delle sfide legate alla convergenza della sicurezza internazionale e delle normative commerciali multilaterali.
Come? “Stabilendo una piattaforma per fornire approcci basati su rischi, minacce ed aspetti legali relativi alla conformità del commercio globale e fungendo da veicolo per sviluppare un ecosistema internazionale forte e duraturo per i controlli sulle esportazioni, ri-esportazioni e la conformità alle sanzioni”, risponde. Ma serve anche “supportare l’industria e non lasciar che navighi in un mare normativo e geopolitico in continua evoluzione, fornendo un quadro di supporto per aiutare a migliorare la conformità alle sanzioni multilaterali e ai controlli sulle esportazioni”, continua. “Fornire all’industria un solido approccio, di base uniforme, alla conformità basata sul rischio, sulla consapevolezza di programmi di compliance interni e per le esportazioni resilienti, la conoscenza piena di prodotti e servizi dual use può aiutare le aziende e le loro catene di approvvigionamento a identificare le minacce, mitigare il rischio di controllo da parte dei governi e proteggere sicuramente anche la reputazione aziendale”.
Per garantire la conformità del commercio globale “occorre la volontà di collaborare con gli stakeholder di riferimento, senza sovrapposizioni ed è fondamentale che le aziende e i Paesi perseguano la costante ottica del continuo miglioramento sul come condurre il business dal punto di vista della compliance”, prosegue Porchiazzo. “Su questo occorre perseguire e spingere soprattutto l’ottica della cultura creando o migliorando altresì le giuste dinamiche tra pubblico e privato e con le migliori sinergie da ricercare col mondo accademico”, conclude.