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Negazionismo contro la storia democristiana e il futuro popolare

Di Giancarlo Chiapello

A distanza di qualche giorno è possibile fare emergere lo stupore per come a Torino il principale quotidiano abbia trattato i cattolici e usare il fatto come esempio di quella riscrittura della storia di parte che avvelena tutt’oggi la politica italiana. La versione di Giancarlo Chiapello

Manca una memoria condivisa a sinistra come a destra! A distanza di qualche giorno è possibile fare emergere lo stupore per come a Torino il principale quotidiano abbia trattato i cattolici e usare il fatto come esempio di quella riscrittura della storia di parte che avvelena tutt’oggi la politica italiana: i due pezzi legati alla visita di Mattarella in particolare al Polo del ‘900, lascia assai perplessi, pur nella consapevolezza della linea normalmente tenuta verso una presenza politica e una visione sociale cristiana.

I punti di partenza sono legati all’originalità della capitale Sabauda, sul suo essere culla dell’antifascismo: sul primo punto come non essere d’accordo se non riducesse tutto banalmente ad una vicinanza con la cultura calvinista ginevrina. Sarebbe facile rispondere sull’influenza cattolica di tale carattere unico riandando a Francesco di Sales, ai Santi Sociali a partire dal Lanteri fino a don Bosco, alla formazione del D’Azeglio, giù fino ai grandi sindaci democristiani come Amedeo Peyron e Giovanni Porcellana. Ma il vero scandalo è legato al secondo passaggio: “Così in una sola giornata Torino ricorderà tutti gli anniversari del suo antifascismo che fu comunista, socialista e liberale”. I cattolici cancellati in 19 parole!

Una ricostruzione storica di parte significativa: si dirà, una dimenticanza? Non pare. Cancellato Giorgio Catti, che in Val Chisone formò la prima divisione alpina autonoma conosciuta come “la banda dei partigiani cattolici” e Valdo Fusi che in rappresentanza della Dc fece parte del Cln piemontese: e poi l’antifascismo del Beato Piergiorgio Frassati, membro del Partito Popolare Italiano? Sarebbe sufficiente pensare alla formazione comune di questi tre nell’associazionismo cattolico che formò le generazione che lottarono e ricostruirono l’Italia e le permisero, grazie all’organizzazione democristiana, di consolidare la democrazia e completare la Liberazione con la vittoria del 18 aprile 1948?

Perché non andare a ripassare il ruolo straordinario della Curia torinese, dal Cardinal Fossati al suo segretario Mons. Barale fino a Mons. Giovanni Battista Pinardi e tanti Parroci, religiosi e religiose che dimostrarono il coraggio della Fede? In un secondo articolo poi appaiono, bontà loro, i cattolici con un paio di fugaci ricordi ma con una piena conferma della linea: “va da sé che l’asse portante della lotta clandestina furono anche a Torino e in Piemonte i partigiani delle formazioni di sinistra”: insomma “va da sé” e così “anche”, quindi una prevalenza assoluta ovunque! Ma in realtà il “va da sé” è una vecchia vulgata e si citano comunisti, socialisti e liberali ma mai i democristiani, solo di passaggio un generico cattolicesimo sociale che incontra gli altri e un prete, don Marabotto.

La migliore risposta è ancora rappresentata dalle parole del capo partigiano democratico cristiano Enrico Mattei: “Orbene, pur concedendo che, per la complessità delle vicende del periodo clandestino può servire a ristabilire più giuste proporzioni ed a rilevare quanto la Democrazia cristiana ed i suoi combattenti hanno fatto perché l’Italia fosse libera e democratica. Potrà far pienamente capire a tutti perché noi non ci sentiamo a nessuno secondi in materia di guerra partigiana, e perché – come S.E. De Gasperi ha ben chiarito nel recente discorsi di Torino – non possiamo acconsentire ad essere “accolti” da nessuno tra le fila dei difensori della libertà. Noi fummo bensì, e siamo sempre, “al fianco” di tutti per la difesa e la diffusione della libertà, in assoluta parità di diritti con qualunque altro partito, come fummo a chiunque pari nel compiere il nostro dovere non sarà tuttavia inutile ricordare che, se molte delle divisioni e brigate partigiane poterono operare, tenersi in collegamento fra di loro e con i comandi centrali, ricevere aiuti finanziari, materiali d’equipaggiamento e di armamento, viveri, ecc., ciò fu grazie alla collaborazione strettissima, coraggiosa, temeraria talvolta, del clero cattolico di ogni grado e dignità, delle organizzazioni cattoliche di ogni genere. E questo è vero non solo per i partigiani combattenti sotto l’insegna della Democrazia Cristiana, ma anche per tutte le altre formazioni così per le Divisioni Garibaldine, come per le Brigate Matteotti, le Brigate Giustizia e Libertà, e per le formazioni Autonome. Tutte e ovunque ebbero nel sacerdote non solo il consolatore dei feriti e dei morenti, ma anche la staffetta fedele ed eroica; tutte ebbero nelle chiese e negli oratori il rifugio sicuro, talvolta le sedi dei comandi. Il deposito delle armi e delle munizioni e così via. Non è facile pensare come si sarebbe potuto organizzare e mantenere collegato l’imponente complesso delle forze dipendenti dal C.V.L. senza questo prezioso tessuto connettivo rappresentato dalla Chiesa Cattolica e dalle organizzazioni religiose e laiche da essa dipendenti”.

Potremmo aggiungere che molti cattolici combattenti e sacerdoti in realtà dovettero fare attenzione ai nazifascisti davanti e ai colpi a tradimento alle spalle, ma allargheremmo troppo il discorso quindi non essendo utile dilungarsi né su ciò né sulla stanca riproposizione, che c’è stata, di uno schema contrapposto che utilizza l’antifascismo per determinare un frontismo e una contrapposizione nel presente della politica perché è ricorrente, lo fece già il Pci e fu rifiutato da Aldo Moro che rappresentava quella forza sempre contraria a dittature e ideologie totalitarie e consapevole della democrazia integrale.

Ciò che interessa davvero, prendendo spunto dal caso torinese è, per i Popolari, la duplice negatività dei neomelodici distribuiti ovunque che o tacciono o al massimo insistono con l’indicibilità della Dc (e quindi diventano negazionisti di fatto), sputando nel piatto dove hanno mangiato e dell’operazione avvenuta dopo la commemorazione di Camaldoli chiusa con la difesa ad oltranza dello schema destra/sinistra e la difesa di una posizione a sinistra (dove come si vede anche la storia è negata) ormai morente ma ostinatamente contraria alle storiche parole di Papa Francesco nel messaggio al Ppe da recepire “adesso per il domani”.



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