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Niger, prove tecniche di Consiglio di sicurezza nazionale per l’Italia?

Lunedì riunione a Palazzo Chigi con premier, ministri di Esteri e Difesa, Autorità delegata e vertici dell’intelligence per gestire la prima emergenza dopo il colpo di Stato a Niamey. Un’occasione che ha dato il senso di coordinamento. Resta, però, il punto della cornice istituzionale di queste iniziative

Questa mattina Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, ha accolto il volo speciale predisposto dal governo, un Boeing 767 dell’Aeronautica militare, che ha portato da Niamey in Italia 87 persone che hanno deciso di lasciare il Niger dopo il colpo di Stato nel Paese dell’Africa occidentale: 36 italiani, 21 statunitensi (di cui 14 religiosi) quattro bulgari, due austriaci, un nigeriano, un nigerino, un ungherese e un senegalese. Molti italiani erano già partiti prima del colpo di Stato, in particolare bambini e giovani tornati in Italia finite le scuole.

È “un successo della nostra diplomazia”, ha commentato il ministro. “E continuiamo a lavorare per la soluzione diplomatica. La nostra ambasciata rimane aperta per seguire tutti i nostri connazionali che hanno deciso di rimanere e che continueremo ad assistere. La nostra priorità è la sicurezza di tutti i nostri connazionali, civili e militari”, ha aggiunto. “Ora vedremo cosa accadrà in Niger”, ha spiegato ancora escludendo “qualsiasi iniziativa militare occidentale perché sarebbe vista come una nuova colonizzazione”. L’Italia “sempre” favorevole “a una soluzione diplomatica per il ripristino della democrazia ed ecco perché la nostra ambasciata rimane aperta”.

È uno degli esiti della riunione “di aggiornamento e analisi della situazione in Niger” svoltasi pomeriggio lunedì a Palazzo Chigi. Presenti all’incontro: Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, Tajani, Guido Crosetto, ministro della Difesa, Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, e i vertici dell’intelligence. “Il presidente del Consiglio, che viene costantemente informato sull’evoluzione della crisi, ha posto la massima attenzione sugli italiani presenti in Niger”, ha spiegato in una nota Palazzo Chigi.

Non si è riunito, dunque, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, l’organismo della presidenza del Consiglio (di cui è segretario il direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, incarico ricoperto oggi da Elisabetta Belloni) a cui sono attribuite “funzioni di consulenza, proposta e deliberazione sugli indirizzi e sulle finalità generali della politica dell’informazione per la sicurezza”.

La riunione ha dato in ogni caso il senso di coordinamento, anche con il coinvolgimento dell’intelligence, già cruciale nell’operazione che ha posto fine alla detenzione di Patrick Zaki. Resta, tuttavia, la questione di fare in modo che queste iniziative siano tutte il più possibile coordinate e all’interno del quadro istituzionale che già esiste, nella speranza che questo venga anche rafforzato con l’idea di un Consiglio di sicurezza nazionale.

Infatti, è attorno proprio al Cisr che ruotano diverse ipotesi di riforma, o almeno di manutenzione, dell’attuale Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. È “probabilmente la meno sperimentata tra tutte le innovazioni istituzionali introdotte dalla riforma del 2007, ma nonostante ciò il legislatore ha in più occasioni ampliato le sue attribuzioni, facendone il perno collegiale del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica”, aveva scritto nei mesi scorsi su Formiche.net il prefetto Adriano Soi.

Il governo ha avviato “un lavoro di studio” per “un serio restyling del comparto” intelligence, ha dichiarato nelle scorse settimane il sottosegretario Mantovano confermando le indiscrezioni di stampa sugli sforzi intrapresi per l’aggiornamento o il superamento della legge 124 del 2007 (su Formiche.net già a febbraio). L’invasione russa dell’Ucraina, la crescente assertività cinese, i recenti sviluppi in Africa e l’impatto delle tecnologie emergenti (definite, non a caso, in inglese disruptive) hanno acuito le sfide alla sicurezza nazionale. Tanto da riportare in auge il dibattito sul Cisr, ipotizzandone un’estensione e un rafforzamento delle competenze per avvicinare le sue attività a quelle di un Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e sulla Strategia di sicurezza nazionale, un documento che stabilisca gli obiettivi della sicurezza nazionale e le modalità attraverso le quali raggiungerli con una chiara definizione dell’interesse nazionale.

Come insegna la stessa vicenda nigerina, le sfide internazionali sono sempre più multidimensionali e sembrano dunque richiedono strumenti di maggiore coordinamento tra i ministeri.

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