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La sfida per i cattolici è nelle parole del Papa: il piano A. Scrive Chiapello

Di Giancarlo Chiapello

Dallo storico messaggio al gruppo del Ppe al discorso durante la Giornata mondiale della Gioventù a Lisbona. Il pontefice parla di tradizione democratico-cristiana molto più degli ex Dc (ormai infranti). Ecco perché i cattolici devono seguire il suo messaggio

Sempre più evidente appare una certa tendenza nel mondo cattolico, in particolare dalla parte cattolicista democratica, ossia quella progressista, attualmente la più clericale e saldamente alleata di quella cristianista, destrorsa, nella difesa delle fratture tra cattolici, a ritagliare la visione socio-politica di Papa Francesco senza coglierla nella sua complessità. Insomma esiste un “Piano A” ma si continuano a cercare “piani b”, come visto durante il Meeting di Rimini, parziali, settoriali e quindi a rischio di influenza ideologica, retorici, come se la giocoleria semantica possa guadagnare qualche ruolo oltre la cinta intellettualista, senza mai avere il coraggio pieno del campo politico, sottacendo, inoltre di esplicitare l’ispirazione, quasi aderendo alla tendenza ad una fede ridotta a fatto intimistico e individualistico.

Il “Piano A” si radica con chiarezza nell’originalità del filo conduttore i cui passaggi precedenti per brevità, si possono limitare a San Paolo VI, ispiratore della stessa Democrazia Cristiana o a San Giovanni Paolo II: del primo è chiaro un breve passaggio del Discorso ai delegati dell’Unione Internazionale dei giovani democratici cristiani del 19 gennaio 1964: “C’è qualcosa di più interessante e più prestigioso di un movimento spirituale, storico, sociale e politico come quello che voi vivete? Chi dice gioventù dice vigore, sincerità, gioia, conquista dell’avvenire; e Noi siamo d’altra parte persuasi che voi date alla parola democrazia il suo migliore e autentico significato, che è il riconoscimento della dignità della persona umana, della eguaglianza di tutti gli uomini e della loro costante e fraterna collaborazione in vista del bene di tutti, specialmente di quelli che sono i meno favoriti”.

Del secondo è interessante citare il Messaggio ai Vescovi italiani del 6 gennaio 1994: “Ecco perché, proprio da una lettura dai “segni dei tempi”, alla luce dei valori di umana e cristiana solidarietà, mi sembra quanto mai importante ed urgente proseguire coraggiosamente lo sforzo dell’Edificazione della nuova Europa, in convinta adesione di quegli ideali che, nel recente passato, hanno ispirato e guidato statisti di grande levatura, quali Alcide De Gasperi, in Italia, Konrad Adenauer, in Germania, Maurice Schuman, in Francia, facendone i Padri dell’Europa contemporanea. Non è significativo che tra i principali promotori dell’unificazione del continente vi siano uomini animati da profonda fede cristiana? (…) Sono convinto che l’Italia come nazione ha moltissimo da offrire a tutta Europa. Le tendenze che oggi mirano ad indebolire l’Italia sono negative per l’Europa stessa e nascono anche sullo sfondo della negazione del cristianesimo. In una tale prospettiva si vorrebbe creare un’Europa e in essa un’Italia, che siano apparentemente “neutrali”sul piano dei valori (…) in particolare la caduta del comunismo nell’Europa centrale e orientale ha provocato in Italia un nuovo modo di guardare alle forze politiche e ai loro rapporti. Si sono così udite delle voci, le quali, nella nuova stagione politica, una forza di ispirazione cristiana avrebbe cessato di essere necessaria. Si tratta però di una valutazione errata (…) I laici cristiani non possono dunque, proprio in questo decisivo momento storico sottrarsi alla loro responsabilità. Devono piuttosto testimoniare con coraggio la loro fiducia in Dio, Signore della storia e il loro amore per l’Italia, attraverso una presenza unitae coerente e un servizio onesto e disinteressato nel campo sociale e politico, sempre aperti a una sincera collaborazione con tutte le forze sane della nazione”.

Come non notare il fatto che Papa Francesco ha impresso a questa linea una conferma e una direzione chiara già a partire dal Discorsi di Firenze del 2015 e in Ungheria nell’aprile di quest’anno? All’incontro con le autorità civili, società civile e corpo diplomatico in occasione della Gmg a Lisbona, all’inizio di questo agosto egli ha infatti affermato tra l’altro: “Io sogno un’Europa, cuore dell’Occidente, che che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza; un’Europa che sappia ritrovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone con la loro propria cultura, senza rincorrere teorie e colonizzazioni ideologiche. E questo ci aiuterà a pensare ai sogni dei padri fondatori dell’Unione europea: questi sognavano alla grande!”.

Se non ci fosse questa capacità di sognare in grande si potrebbero fare tanti piani secondari e parziali: ma quanto è avvincente e radicale il “piano A” che viene indicato? Snodo fondamentale, poi è il messagio del Santo Padre al gruppo parlamentare del Ppe del 9 giugno: un messaggio storico dove ribadisce, ad un ben determinato destinatario politico, il richiamo alla radice cristiana, alla tradizione dei padri fondatori, che è quella democratico cristiana, sollecita ancora una volta l’Europa, richiama, pur in presenza di un pluralismo interno, all’unità: sarebbe facile ricordare qui il documento di sostegno, firmato da popolari di diversa provenienza, a tale messaggio, denominato “Popolari adesso per domani”, che sarà filo conduttore di un importante seminario nazionale ad ottobre, che prende sul serio il “piano A”, ma la conclusione pare più “sul pezzo” con due considerazioni.

La prima riguarda un concetto che sembra ispirare chi non considera l’opzione
principale, ossia quello che vuole per i cattolici un impegno “sotto la politica”, un concetto giustificatorio ma triste, una posizione culturalmente succube, colonizzabile: sotto traccia come si fa a sognare davvero? Il secondo evidenzia che parla, come i suoi predecessori, di tradizione democratico cristiana e popolare di più il Pontefice riconoscendone quel valore riconosciuto tutt’oggi valicando le Alpi, dove tanti giovani sono orgogliosi di quell’identità, che tanti post diccì e neomelodici che più che richiamare paragoni con vetri infrangibili rottisi nel tempo (da chi?) per giustificare la distruzione non recuperabile di una presenza, sembrano proprio loro stessi infranti. Il “Piano A”, dunque è la sfida a tutto tondo lanciata ai cattolici, imperniata sulla fedeltà, che fa chiarezza!

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