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L’appello di Lai all’unità di Taiwan in mezzo alle pressioni cinesi

William Lai va in campagna elettorale internazionale: passaggio a New York prima di andare in Paraguay, per poi tornare a San Francisco. Il vicepresidente taiwanese punta a vincere le prossime elezioni e a farsi percepire un leader credibile per un Paese ultra sensibile. La Cina mostra i muscoli

Il vicepresidente di Taiwan, il candidato progressista alle presidenziali del 2024 William Lai, ha parlato da New York chiedendo la solidarietà internazionale contro la crescente minaccia dell’autoritarismo del Partito comunista cinese contro il suo Paese. Nell’intervento davanti alla platea interessatissima del Lotte Hotel di Manhattan – composta dalla diaspora cinese e taiwanese, ma anche da molti statunitensi consapevoli che il dossier “Taiwan” è il più delicato punto di frizione nelle tensioni tra Stati Uniti e Cina – ha ribadito l’impegno di Taipei al dialogo con la Cina, sottolineando l’importanza di mantenere la pace e la stabilità nello Stretto. Messaggio di rassicurazione agli interlocutori statunitensi che in estrema sintesi significa: non siamo noi a volere la guerra.

Pechino ha chiaramente condannato la visita di Lai, etichettandolo come un separatista e affermando la determinazione della Repubblica popolare a proteggere quella che rivendica come sovranità – poiché l’isola è vista dal Partito/Stato come una provincia ribelle da riannettere prima o poi, senza escludere l’uso della forza per raggiungere l’obiettivo. Il viaggio di Lai coincide con le crescenti attività militari nella regione: le implicazioni delle sue dichiarazioni, la risposta della Cina e il contesto più ampio della delicata posizione geopolitica di Taiwan sono parti di uno stesso, complesso tema, che segue scatti sensibili per ogni evento delicato – come la visita a Taipei dell’ex Speaker Nancy Pelosi lo scorso anno, o quella negli Usa della presidentessa taiwanese, Tsai Ing-wen, quest’anno.

La diplomazia assertiva di Taiwan

Il viaggio di Lai sottolinea l’approccio proattivo di Taiwan alla diplomazia internazionale. In quanto principale candidato alla presidenza nelle prossime elezioni, la disponibilità di Lai ad impegnarsi con la Cina sulla base della “dignità e della parità” riflette la continuità delle politiche del presidente Tsai , sottolineando l’importanza dei valori democratici e della convivenza pacifica nello Stretto di Taiwan. È una posizione tramite la quale Lai, educato a Harvard e preparato alla risonanza internazionale delle sue attività, cerca di ottenere il sostegno globale per la sicurezza e l’autonomia di Taiwan. Vuole mostrarsi disponibile, vuole dimostrare che le accuse di separatismo che Pechino avanza contro di lui – anche a beneficio elettorale dell’ attualmente più amichevole Kuomintang – sono fallaci. Giustificate solo dal costrutto ideologico del Partito/Stato contro l’isola.

La reazione e le preoccupazioni di Pechino

La risposta della Cina al discorso di Lai evidenziano tensioni, sia radicate che contingentate al momento. Etichettando Lai come “troublemaker” e opponendosi a qualsiasi forma di contatto con “separatisti dell’indipendenza di Taiwan”, la Cina mostra il suo forte impegno al principio “One China” e la sua determinazione ad aumentare il controllo su Taiwan. Questa reazione è coerente con il comportamento assertivo di Pechino negli ultimi anni, contraddistinto da esercitazioni militari e pressioni diplomatiche volte a indebolire la presenza internazionale di Taipei. Anche negli ultimi giorni, aerei e navi da guerra cinesi hanno manovrato a cavallo delle acque di demarcazione territoriale, spostando ulteriormente l’asticella dello status quo a favore di Pechino.

Manovre e intimidazioni

La visita di Lai avviene in una stagione in cui le esercitazioni militari pianificate dalla Cina vicino a Taiwan hanno visto un aumento qualitativo, con manovre esplicitamente organizzate per testare un blocco navale per tagliare i collegamenti di Taipei con il resto del mondo. La Cina utilizza gli show of force  anche come pretesto per intimidire gli elettori taiwanesi in vista delle prossime elezioni. Mostrando la propria potenza militare e impegnandosi in addestramenti di volo ad alta intensità, Pechino mira a sottolineare le proprie capacità militari e potenzialmente a creare un clima di incertezza e paura tra i cittadini taiwanesi. Questa strategia si allinea all’obiettivo più ampio della Cina di influenzare la politica interna di Taiwan e scoraggiare qualsiasi passo verso l’indipendenza formale.

Contesto geopolitico e implicazioni

La visita negli Stati Uniti è stata una tappa di transito: Lai è diretto in Paraguay, all’inaugurazione del nuovo presidente Santiago Pena, presidente di un Paese amico tra i pochi che riconosce l’indipendenza completa di Taiwan. Al ritorno passerà per San Francisco, per incontri con un mondo – quello dell’industria tecnologia statunitense – che guarda ai chip di Taiwan come forniture vitali. Il doppio passaggio negli Usa coincide con gli sforzi più ampi per migliorare le relazioni sino-americane. Un disgelo formale è in atto, con vari incontri tra alti funzionari dei due governi che potenzialmente potrebbero portare a incontri di alto livello tra il presidente Joe Biden e il leader cinese, Xi Jinping. In questo contesto, Taiwan rimane una questione critica e delicata nel rapporto bilaterale. Le tensioni legate alla visita di Lai e la postura militare della Cina mettono in evidenza le dinamiche complesse in gioco, con entrambe le superpotenze globali che hanno interessi strategici nella regione.

(Foto di William Lai da Flickr)

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