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Sviluppo tech, ma cinese. Ai talebani la tecnologia di sorveglianza Huawei

Sviluppo tech, ma cinese. Ai talebani la tecnologia di sorveglianza Huawei

Il titano delle telecomunicazioni ha accettato di aiutare il regime integralista islamico a installare sistemi di sorveglianza avanzati in tutte le province dell’Afghanistan. Pechino guadagna più volti per i suoi algoritmi di riconoscimento facciale e un altro tecno-regime con caratteristiche cinesi. La parabola dello sviluppo tecnologico secondo Xi

È ufficiale: l’agenzia di stampa afghana Ariana ha annunciato che i talebani intendono installare sistemi avanzati di sorveglianza “in tutte le province dell’Afghanistan,” con l’aiuto dei rappresentanti di Huawei nel Paese. Sarà appunto il gigante tech cinese, che vanta una comprovata esperienza nel campo della sorveglianza tecnologica, a fornire telecamere e software di riconoscimento facciale, perfezionati in anni di raccolta dati a strascico (specie quelli degli stessi cittadini cinesi) e potenziati dall’intelligenza artificiale.

Negli scorsi giorni, dei rappresentanti di Huawei avevano incontrato Abdullah Mukhtar, ufficiale del Ministero degli Interni afghano che sovrintende alle forze dell’ordine, secondo immagini pubblicate dal portavoce dei talebani Mufti Abdul Mateen Qani (ricondivise e poi rimosse dal ministero). Rispondendo all’interesse espresso dal regime integralista, l’azienda cinese si è impegnata a “lavorare in Afghanistan per molto tempo sotto l’ombrello dell’Emirato islamico dell’Afghanistan”, il nome ufficiale del governo talebano. I rappresentanti si sono dichiarati “grati e felici per la buona interazione”, mentre Mukhtar ha assicurato loro “ogni tipo di sicurezza e cooperazione”, sempre secondo il portavoce.

L’agenzia di stampa Rane ha scritto che l’accordo tra il regime integralista e le autorità cinesi sottolinea la volontà di Pechino di impegnarsi “per mitigare le potenziali ricadute dell’instabilità e delle minacce alla sicurezza, in particolare da parte di gruppi militanti come lo Stato Islamico della Provincia del Khorasan” – principale rivale delle forze talebane in Afghanistan – “e il Partito Islamico del Turkistan”. Oltre a contrastare queste minacce al loro regime, continua Rane, i talebani desiderano “collaborare con Paesi dotati di risorse adeguate, come la Cina”.

Pechino non ha riconosciuto ufficialmente il governo talebano insediatosi a Kabul nell’agosto del 2021, ma da allora ha consolidato la sua relazione diplomatica ed economica con il gruppo integralista. Di recente il governo guidato da Xi Jinping, tramite un’azienda privata, si è offerto di investire quasi 10 miliardi di dollari per accedere ai grandi giacimenti di litio nel sottosuolo afghano, mentre a gennaio un’altra società cinese ha firmato un accordo da oltre mezzo miliardo per l’estrazione di petrolio nel nord del Paese.

L’accordo per la sorveglianza sistemica riguarda invece l’oro nero del Ventunesimo secolo, i dati, essenziali per l’addestramento dei sistemi avanzati (via machine learning) che si tramutano poi in applicazioni di intelligenza artificiale. Probabile, secondo Kabul Today, che i sistemi Huawei forniti ai talebani includano un meccanismo di condivisione dei dati, garantendo alla Cina l’accesso a nuovi database stranieri di riconoscimento facciale da utilizzare per i propri sforzi di sicurezza interna – e per perfezionare ulteriormente la tecnologia in salsa autoritaria che Pechino continua a esportare nel mondo.

Nelle giornate in cui Xi promuove l’allargamento dei cosiddetti Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) in chiave anti-occidentale, occorre tenere a mente che il modello di sviluppo offerto da Pechino – presentato come un’alternativa più credibile ed efficace rispetto a quelli promossi dall’Occidente – non si può districare dalle “caratteristiche cinesi” che contraddistinguono la tecno-autocrazia più avanzata al mondo. E nemmeno l’export tecnologico può essere scisso dalle mire del Partito-Stato.

Come ricorda la rivista specialistica Ipvm, negli anni le compagnie tecnologiche cinesi (inclusa Huawei e le due leader cinesi Hikvision e Dahua) si sono dedicate a installare sistemi di sorveglianza per costruire “Città sicure” in tutto il mondo, arrivando a donare sistemi di sorveglianza e altri sistemi tecnologici in America Latina e in Europa. Queste esportazioni hanno poi sollevato l’attenzione di accademici e media come il Wall Street Journal, che ha rivelato come i governi africani utilizzino Huawei per spiare i dissidenti.

In altre parole, la tecnologia che la Cina esporta riflette il pensiero autocratico del Partito che la guida, ne è di fatto innervata. La sua implementazione sul suolo afghano favorirà l’emulazione locale di quel modello. Strumenti perfetti per un regime integralista che calpesta sempre più vigorosamente i diritti umani fondamentali, e perfetta proiezione dello sviluppo tecnologico del Sud del mondo secondo Xi.

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