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Un incontro Meloni-Xi sulla Via della Seta. Parla Santi (Eurasia Group)

Secondo l’analista il non rinnovo del memorandum è quasi scontato. “Ora si sta cercando di capire come e quando dare l’annuncio per ridurre il rischio ritorsioni soprattutto dal punto di vista dei rapporti economici bilaterali”. Un bilaterale al G20 può aiutare

“La scelta dell’Italia di non rinnovare il memorandum d’intesa sulla Via della Seta mi pare, almeno stando a indiscrezioni di stampa e conferme da esponenti maggioranza, quasi scontata”, dice Federico Santi, senior analyst di Eurasia Group, a Formiche.net.

Che cosa aspetta allora il governo Meloni?

Ora si sta cercando di capire come e quando dare l’annuncio per ridurre il rischio ritorsioni soprattutto dal punto di vista dei rapporti economici bilaterali.

La scorsa settimana Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha spiegato, in conferenza stampa da Washington, che quella in Cina è una delle “prossime missioni” in agenda. Serve un’incontro con il leader cinese Xi Jinping?

Indubbiamente un incontro bilaterale con il leader cinese Xi Jinping può aiutare perché dimostra la disponibilità italiana. Il G20 di Nuova Delhi, in India, può essere l’occasione giusta, come una visita ufficiale di Meloni a Pechino.

Nelle discussioni con il presidente statunitense Joe Biden, la presidente del Consiglio sembra aver voluto approfondire gli scenari delle relazioni tra le due superpotenze. Che cosa dobbiamo aspettarci?

Nell’ambito della relazioni tra Stati Uniti e Cina, che rimangono ai più bassi livelli da tempo, c’è un chiaro sforzo da entrambe le parti per prevenire un’escalation e un deterioramento ulteriore. Ne sono testimonianza gli incontri di alto livello a livelli di funzionari e ministri, oltreché il lavoro per preparare un bilaterale tra i due presidenti.

C’è la possibilità di miglioramenti nel breve periodo?

Non mi aspetto miglioramenti delle relazioni: l’amministrazione Biden si è rassegnata ed è passata ad approccio di contenimento. A ciò si aggiunge il fattore elezioni, con la Cina che ormai è uno dei temi bipartisan negli Stati Uniti, per giunta uno dei pochi.

L’Europa come si può muovere in questo contesto?

L’Europa sta cercando di assecondare le pressioni americane ma stenta a presentare un fronte unito. Si lavora sul de-risking indicato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ma a livello nazionale gli approcci sono molto diversi. In questo, l’Italia si è distinta per aver sposato l’approccio statunitense, in particolare sugli investimenti esteri diretti cinesi. Probabilmente è seconda soltanto ai Paesi Bassi tra i 27.

L’anno prossimo l’Italia avrà la presidenza di turno del G7. Come dovrà agire?

Il G7 è un forum importante in cui gli Stati Uniti provano a portarsi dietro gli alleati. Il summit di quest’anno a Hiroshima, in Giappone, ha raccontato un buon grado di compattezza. In vista della presidenza italiana dell’anno scorso, Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha dato segnali di accettare una posizione più dura nei confronti di Pechino anche per rafforzare la credibilità dell’Italia come alleato credibile nell’Unione europea, nella Nato e nel G7.

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