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Vi racconto l’assedio di Malta, una storia epica

Nel 1565, il Sultano Solimano il Magnifico invase Malta con un’armata di oltre 48.000 turchi con l’obiettivo di conquistare l’isola difesa dai Cavalieri di Malta; per mesi sia gli assediati che gli assedianti si scontrarono in combattimenti senza quartiere, caratterizzati da assalti di massa, stratagemmi, atti eroici e tradimenti

Partiamo dall’inizio, ovvero dalla nascita del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, oggi comunemente abbreviato in Sovrano Militare Ordine di Malta o anche semplicemente Ordine di Malta.

LE ORIGINI

Il Sovrano militare ordine di Malta trae le sue origini dall’antica confraternita di monaci benedettini che, sotto la guida di Gerardo Sasso, monaco originario di Scala, una località vicina ad Amalfi, ospitavano i pellegrini che giungevano a Gerusalemme nell’ospizio finanziato proprio dagli amalfitani, all’epoca potenza commerciale che vantava grossi traffici commerciali con l’Oriente. Successivamente l’istituzione prese il nome di Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, in onore di San Giovanni l’Elemosiniere e crebbe come comunità indipendente proprio sotto la guida del suo fondatore.

LA BOLLA PAPALE

Dopo la Prima Crociata, con la bolla papale Pie postulatio voluntati di Papa Pasquale II, l’Ordine degli ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme divenne un ordine religioso militare, direttamente dipendente dal Papato con la facoltà di nominare il Gran Maestro, cioè il proprio comandate, ma tutti i cavalieri appartenenti all’ordine dovevano essere necessariamente dei religiosi, legati al rispetto dei tre voti monastici di povertà, castità e obbedienza.

LA CROCE A OTTO PUNTE

Inizialmente i monaci si prendevano cura soltanto dei pellegrini che arrivavano a Gerusalemme, ma successivamente, a causa di rapine, sequestri e uccisioni ai danni dei fedeli cristiani, istituirono un servizio di scorta che crebbe fino a diventare una sostanziosa forza armata che contribuì alle Crociate in Medio Oriente e nella penisola iberica contro i musulmani. Gli Ospitalieri, come sarebbero divenuti noti, si identificarono con la croce a otto punte che ancora oggi ne è il simbolo: la croce è il simbolo di Cristo mentre le sue otto punte indicano le otto beatitudini pronunciate da Gesù nel discorso della montagna e ricordate nei Vangeli.

LE FORTIFICAZIONI

Abili costruttori, gli Ospitalieri edificarono molte delle più importanti fortificazioni in Terrasanta: nel Regno di Gerusalemme gli Ospitalieri avevano sette grandi castelli e altri 140 possedimenti nell’area; tra questi c’erano i famosi Krak dei Cavalieri e Margat.

IL TRASFERIMENTO A CIPRO

L’avanzata dell’Islam costrinse anche Cavalieri Ospitalieri ad abbandonare i loro possedimenti storici nel Regno di Gerusalemme e quando nel 1291 cadde anche San Giovanni d’Acri, l’Ordine lasciò la Terrasanta trovando rifugio a Cipro. Nell’isola mediterranea il Gran maestro Guillaume de Villaret, a causa di alcuni disaccordi con il re cipriota Enrico II, decise di trasferire l’Ordine nella non lontana isola di Rodi.

LA CONQUISTA DI RODI

Il 15 agosto 1309 l’isola di Rodi fu riscattata dai Cavalieri, che ottennero anche il controllo delle isole di Simi, Piscopi, Calchi, Coo, Lero, Nisiro, Limonia e Calamo, diventando così un baluardo europeo nel mar Egeo contro l’avanzata dei musulmani. Una volta a Rodi, e ormai noti come i Cavalieri di Rodi, essi svilupparono soprattutto il lato militare della propria attività. Grazie alla posizione strategica dell’isola si impegnarono contro i pirati berberi, ma allo stesso tempo compirono irruzioni e saccheggi sulle coste del Levante e depredarono con facilità molte navi commerciali ottomane.

L’ASCESA OTTOMANA

Questa intensa attività dei Cavalieri provocò gli ottomani. Fondato nel 1299 nell’Anatolia nordoccidentale dal guerriero Osman I, l’impero ottomano era in rapidissima ascesa; i successori di Osman avevano attraversato l’Europa e conquistato i Balcani e nel 1453 misero fine all’Impero bizantino espugnando Costantinopoli con Maometto II il Conquistatore. Sotto il regno di Solimano il Magnifico, l’impero giunse all’apice del suo potere arrivando a controllare un immenso territorio, esteso dai confini meridionali del Sacro Romano Impero alle periferie di Vienna e della Polonia a nord, fino allo Yemen e all’Eritrea a sud; dall’Algeria a ovest fino all’Azerbaigian a est, controllando la quasi totalità dei Balcani, del Vicino Oriente e del Nordafrica. Ma i cavalieri Ospitalieri restavano una spina nel fianco con le loro scorrerie per mare e soprattutto con la loro roccaforte sull’isola di Rodi al centro in un’area strategica per Costantinopoli.

L’ASSEDIO DI RODI

Fu così che nel 1480 l’Impero ottomano pose un primo assedio all’isola ma gli Ospitalieri riuscirono a respingerli. Nel 1522 il sultano Solimano I il Magnifico decise di attaccare nuovamente Rodi con un esercito di 100.000 soldati e una flotta di 300 navi. I turchi bombardarono pesantemente il centro della città e l’assedio durò dal 28 luglio al 22 dicembre 1522 con gli abitanti dell’isola che combatterono con fermezza insieme ai cavalieri. La cittadella, però, cadde e fu occupata dagli ottomani che, stupiti dal valore degli Ospitalieri, concessero al Gran Maestro Philippe Villiers de L’Isle-Adam e ai trecento cavalieri superstiti di lasciare l’isola con tutti i loro beni.

CAVALIERI DI MALTA

Dopo la partenza da Rodi, l’Ordine rimase senza un territorio per alcuni anni, fino a quando nel 1530 il Gran Maestro Fra’ Philippe de Villiers de l’Isle Adam prese possesso dell’isola di Malta, territorio del regno di Sicilia, ceduta all’Ordine, non come territorio sovrano, ma come feudo dall’imperatore Carlo V con l’approvazione di Papa Clemente VII. I cavalieri, che dopo aver preso possesso dell’isola vennero soprannominati “Cavalieri di Malta”, trovarono un’isola brulla, desolata e scarsamente popolata e soprattutto sprovvista di adeguate fortificazioni e sistemi difensivi. I Cavalieri costruirono città e fortezze, imposero una legislazione moderna e la portarono ad essere una dei paesi più ricchi del Mediterraneo grazie alle loro attività.

LA GUERRA DI CORSA

I Cavalieri di Malta, infatti, continuarono la loro tradizionale attività di corsa contro il naviglio musulmano, combattendo con la loro flotta i pirati berberi provenienti dal Nordafrica berbero. Malgrado avessero a disposizione solo poche navi, erano degli esperti navigatori e causarono non poche noie anche alle navi ottomane, attirando nuovamente le ire degli Ottomani, che non erano affatto felici di vedere l’Ordine nuovamente ristabilito. Solimano, quindi, decise di organizzare una nuova campagna militare per eliminare una volta per tutte i Cavalieri di Malta e non avere più ostacoli alla sua espansione nel Mediterraneo.

LA FORTIFICAZIONE DELL’ISOLA

Nei primi mesi del 1565 la Valette ricevette alcuni rapporti da alcune spie genovesi a Costantinopoli secondo le quali il Sultano stava preparando un’armata per attaccare Malta. Il Gran Maestro, quindi, preparò tutte le contromisure necessarie per respingere un assedio: fece erigere nuovi bastioni a Birgu, Senglea, e Castel Sant’Elmo, fece approfondire i fossati, alzare terrapieni, inoltre, iniziò il razionamento dell’acqua e assoldò mercenari da affiancare ai suoi uomini mettendo insieme un esercito di circa 7.000 soldati; un numero nettamente inferiore rispetto a quello degli assedianti.

L’ARMATA OTTOMANA

L’Impero Ottomano, infatti, all’apice della sua potenza, schierò un’armata composta da 193 navi, delle quali 131 galere, 7 galeotte e 6 galeazze, 8 mahon (grandi navi da trasporto), 11 barche a vela con rifornimenti e altre 3 per i cavalli, 48.000 soldati musulmani, di cui 6.000 erano i famigerati giannizzeri, casta militare d’élite agli ordini del sultano. Le navi trasportavano anche un discreto equipaggiamento d’assedio che comprendeva 64 pezzi d’artiglieria, tra cui una dozzina di colubrine e un enorme basilisco capace di scagliare proiettili di ferro da 100 kg.

IL TRUIMVIRATO

A comandare quest’enorme armata ottomana c’era una specie di Triumvirato composto da Mustafà Paşa, capo delle forze terrestri, e da Piyale Paşa, capo-ammiraglio della flotta e Dragut Paşa, famigerato corsaro ottomano a cui de facto spettava l’ultima parola. La nave di Dragut, però, incappò in una tempesta e questi non poté presenziare alle prime operazioni sull’Isola.

L’ATTACCO A SANT’ELMO

La mattina del 18 maggio 1565 un colpo di cannone sparato dal Castello di Sant’Angelo annunciò che i turchi erano al largo delle coste di Malta, segnalando l’inizio del Grande Assedio di Malta. C’erano state diverse discussioni tra i comandati ottomani con Mustafa Paşa che voleva attaccare l’isola puntando al centro per poi assaltare i forti, Piyale Paşa invece voleva piazzare la flotta nel Gran Porto e poi assaltare la fortezza di Sant’Elmo; con Dragut ancora in mare, Piyale ebbe la meglio e il 25 maggio ebbe inizio l’attacco con i primi colpi di artiglieria contro Sant’Elmo. Il bombardamento colpì pesantemente il forte che fu ridotto in macerie in meno di una settimana. Il Gran Maestro La Valette e i cavalieri degli altri due forti, per mezzo di piccole barche rimpiazzarono i feriti con truppe fresche e ripararono la fortezza di notte. Il forte, nonostante gli incessanti bombardamenti, continuò a resistere con i cavalieri annidati tra le macerie.

LE ARMI DEI CAVALIERI

Il 3 giugno i giannizzeri lanciarono un attacco contro le mura impiegando centinaia di scale lungo le quali tentarono di arrampicarsi ma i cavalieri dell’Ordine gli riversarono contro di tutto: una valanga di pietre e di “pignatte”, rudimentali bombe incendiarie simili a molotov costituite da un recipiente di terracotta e un composto infiammabile, il fuoco greco, un potentissimo miscuglio altamente incendiario lanciato attraverso dei sifoni, il “cerchio”, usato per la prima volta proprio a Sant’Elmo, ossia un anello di legno ricavato dalle botti e rivestito di un tessuto imbevuto di pece che veniva acceso e fatto rotolare giù contro i nemici ammassati sotto le mura con effetti devastanti.

LA CADUTA DEL FORTE

Queste armi lasciarono sul terreno migliaia di morti tra le fila ottomane e rallentarono parecchio l’offensiva, ma non riuscirono ad arrestare l’avanzata nemica. Quando il 23 giugno i turchi lanciarono l’ultimo devastante assalto, i pochi Cavalieri superstiti si confessarono l’un l’altro e presero la comunione, conoscendo il loro destino. Dopo un’estrema e valorosa resistenza, Sant’Elmo capitolò quello stesso giorno, ma il prezzo era stato altissimo per gli ottomani: quasi ottomila morti, Piyale era rimasto ferito e Dragut era morto per le conseguenze di una scheggia che l’aveva colpito alla fronte. L’Ordine aveva invece perso 200 uomini, in gran parte maltesi, e 122 Cavalieri.

UN PICCOLO RINFORZO

Nello stesso giorno della caduta di Sant’Elmo era partito dalla Sicilia un piccolo contingente che arrivò il 29 giugno per rafforzare le difese dell’isola. Quattro galere approdarono nella parte nord di Malta e sbarcarono 600 soldati, 42 cavalieri, 56 cannonieri e numerosi volontari che, imboccando piccoli sentieri e piste note solo ai maltesi che fungevano da guida, riuscirono ad arrivare all’interno delle mura.

L’INFORMATORE GRECO

Il comando delle operazioni passo a Mustafà Paşa che ideò un attacco congiunto per mare e per terra alla Senglea: per evitare le cannonate dei cavalieri dal Forte di S.Angelo, le barche sarebbero state trasportare via terra, attraverso la penisola di S.Elmo, fino al Porto Grande, mentre altri soldati avrebbero attaccato gli altri forti contemporaneamente. I Cavalieri però vennero a conoscenza del piano d’assalto di Mustafà grazie alla diserzione di un soldato turco, un ex schiavo greco, Filippo Lascaris, che fuggì dall’accampamento turco e raggiunse a nuoto la Senglea; il Gran Maestro ebbe così il tempo di costruire un recinto e sbarramenti sottomarini.

IL SECONDO ATTACCO

Il 15 luglio cento piccole barche ottomane si lanciarono all’attacco di Sanglea ma si schiantarono contro le palizzate mentre altre finirono intrappolate nelle catene disseminate lungo la riva. Quando poi gli assalitori cercarono di rompere gli sbarramenti furono aggrediti dai nuotatori maltesi che ingaggiarono un violento corpo a corpo. Quel giorno non furono fatti prigionieri e ai turchi che si arresero venne tagliata la gola al grido di “Per vendicare Sant’Elmo!”. Anche l’altra azione contro San Michele fallì; una decina di altre imbarcazioni cariche di giannizzeri finì sotto una batteria di cannoni abilmente mimetizzata dai Cavalieri ai piedi del forte Sant’Angelo e furono annientate.

IL BOMBARDAMENTO UDITO IN SICILIA

Nel frattempo, gli ottomani avevano circondato Birgu e Medina e il 2 agosto, con tutta la loro artiglieria, lanciarono il più duro bombardamento che avesse mai avuto luogo nella storia; fu talmente forte che il fragore delle esplosioni fu udito dagli abitanti di Siracusa e a Catania e paragonato ad un lontano rombo di tuono. Ancor prima che i cannoni tacessero venne lanciato il segnale d’attacco e gli ottomani si scagliarono contro ciò che rimaneva delle mura; lo scontro durò per sei ore ma alla fine furono respinti.

LA VALLETTE NELLA MISCHIA

Imperterrito Mustafà ordinò due massicci attacchi simultanei contro il forte San Miguel e contro la cittadella di Birgu, ma mentre gli ottomani si avvicinarono alle mura, il Gran Maestro la Vallette decise di effettuare un improvviso contrattacco contro gli assedianti. Racconta l’archibugiere Francesco Balbi da Correggio nel suo diario: “Il Gran Maestro si rivolse ai suoi uomini con queste parole: “Sono certo, che se io cadrò ciascuno di voi sarà in grado di prendere il mio posto e di continuare a combattere per l’onore dell’Ordine e per amore della nostra Santa Chiesa. Signori cavalieri. Andiamo a morire che è giunto il nostro giorno!”. Con queste parole il settantenne Gran Maestro si getto nella mischia insieme ai suoi cavalieri rompendo le fila dei nemici e gettando nel caos lo schieramento avversario. Dopo nove ore di scontri violentissimi gli ottomani si ritirarono e Mustafà, pensando che i cavalieri avessero ottenuto rinforzi, decise che da quel momento in poi avrebbe affidato il compito di continuare l’assedio alle sue artiglierie.

LO SCONTRO DECISIVO

A quasi quattro mesi dall’arrivo dell’esercito ottomano, Malta ancora resisteva. Il 7 settembre però, mentre gli invasori bombardavano incessantemente le mura, sbarcò sull’isola la flotta del Gran Soccorso composta da 8.300 uomini provenienti dalla Sicilia. Fu un colpo durissimo per gli ottomani già pesantemente demoralizzati per l’infruttuoso assedio. Mustafà allora tentò un colpo verso l’entroterra. Lo scontro decisivo avvenne sotto forma di battaglia campale sulla piana di Pietranera, alla quale parteciparono anche i cavalieri usciti in massa dai forti. Al termine dei combattimenti gli ottomani furono ricacciati letteralmente in mare con i soldati che si scambiarono colpi fin dentro l’acqua, fra spiaggia e imbarcazioni.

LA RITIRATA DEGLI OTTOMANI

All’alba del 13 settembre, Il Gran Maestro La Valette, che a 27 anni aveva combattuto durante l’assedio di Rodi e aveva giurato di non cedere Malta, vide l’intera flotta ottomana, con a bordo un esercito decimato, allontanarsi definitivamente dall’isola.

IL RAFFORZAMENTO DELLE MURA

Dopo il fallito assedio ottomano Malta era quasi rasa al suolo e necessitava urgentemente di nuove fortificazioni. Subito dopo la fine dell’assedio, Papa Pio IV inviò sull’isola di Francesco Laparelli, allievo di Michelangelo e uno dei migliori progettisti militari del tempo, che ideò delle fortificazioni che sarebbero state lunghe oltre tre chilometri e mezzo, costruite con le più moderne tecniche dell’epoca e che sarebbero arrivate ad essere spesse anche nove metri, garantendo una difesa migliore contro la sempre più moderna artiglieria d’assedio.

IL SABOTAGGIO CONTRO I TURCHI

Solimano però intendeva ripetere l’attacco l’anno successivo e le fortificazioni non sarebbero state pronte per tempo. La Vallette allora ricorse a uno stratagemma: alcune spie dell’Ordine di Malta riuscirono ad entrare nell’arsenale di Kostantiniyye e a far esplodere il deposito delle polveri, distruggendo parte della flotta ottomana che era ormeggiata nei bacini. L’esplosione arrestò completamente l’imprese e la morte di Solimano nel 1566 evitò qualsiasi nuovo tentativo di invasione.

LA MORTE DI LA VALLETTE

La costruzione di questa nuova città-convento-fortezza fu terminata nel 1571 ma La Vallette non vide mai la fine dei lavori. Morì 21 agosto 1568 a seguito di un malore aggravato da un’insolazione e la nuova città in suo onore fu battezzata La Valletta.

NAPOLEONE

L’Ordine dei Cavalieri di Malta restò? sull’isola fino al 1798, anno in cui i cavalieri furono cacciati dalle truppe napoleoniche che occuparono l’isola. Da quel momento non esistette più un’entità territoriale statale dell’Ordine, che è sopravvissuto come ordine equestre dotato di soggettività di diritto internazionale.

APPROFONDIMENTI

Per chi volesse approfondire la storia dell’Ordine dei Cavalieri di Malta consiglio la lettura del volume “Storia dei cavalieri di Malta. Lo scudo e la spada” di Ernle Bradford; per chi invece volesse approfondire ulteriormente la vicenda consiglio la lettura de “Il grande assedio di Malta: Solimano il magnifico contro i cavalieri di Malta, 1565” scritto dall’archibugiere dell’armata spagnola Francesco Balbi da Correggio, presente in quei gironi sull’Isola.


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