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Biotech, un comparto da record. Il report Enea e Assobiotec

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Il report Enea Assobiotec conferma la crescita nel 2022 e condivide una previsione più che rosea per i prossimi cinque anni: a livello globale il settore delle biotecnologie triplicherà il proprio valore. Bene anche il segmento delle start-up innovative

Con 823 imprese, quasi il doppio rispetto al 2008, il settore delle biotecnologie cresce in Italia. Non quanto Stati Uniti o Cina, dove i colossi occupano il mercato con fette da migliaia di miliardi di dollari ormai da anni, ma anche le imprese biotech italiane hanno comunque impresso una spinta sugli investimenti in uno dei comparti industriali più innovativi. A dirlo è l’ottavo report “Le imprese di biotecnologie in Italia”, stilato da Enea e Assobiotec sulla base delle informazioni raccolte direttamente dalle aziende a fine 2022 e dai bilanci disponibili del 2021.

Il peso della salute e l’ascesa della bioeconomia

Il 74%, la parte più consistente del fatturato registrato dalle imprese nel 2021, è ancora ascrivibile all’ambito della salute umana. Sale però anche la quota guadagnata dalla bioeconomia, cioè la componente dedicata all’industria per l’ambiente e l’agricoltura, che si aggiudica un quarto della torta. Nel biennio contrassegnato dalle conseguenze della pandemia (2021-22), le imprese della bioeconomia hanno avuto tassi di crescita superiori al 30%. Di riflesso, l’attività delle aziende biotech è concentrata soprattutto nella salute umana (49%), ma dal 2014 al 2021 si nota l’espansione delle applicazioni biotecnologiche anche negli altri ambiti. Pure gli investimenti in ricerca e sviluppo all’interno delle mura delle imprese sono fortemente concentrati per l’85% nella salute umana ma, specie per agricoltura e zootecnia, si registra un incremento.

Ripresa dell’innovazione

In base alle stime provvisorie riportate dal documento, il numero di start-up impegnate nel biotech ha ripreso a salire. Nel 2022 la percentuale di nuove imprese innovative si posiziona al 29,6% mentre l’anno precedente era al 28,8%. È comunque un bel salto, considerato che nel 2014 la percentuale di crescita delle start-up era del 13,4%. Il settore nel complesso conferma essere composto per il 66% da micro imprese, costituite da uno a nove addetti, e solo per l’8% da grandi strutture, con più di 250 persone. In generale però i dati sull’occupazione vedono oltre 13.700 impiegati in tutta la Penisola nel 2022 che rileva una crescita del circa 15% rispetto al 2014.

Le quattro sorelle

Le Regioni con la maggior presenza di aziende biotech, circa il 52% sul totale, sono Lombardia, Lazio, Toscana e Piemonte. Queste quattro pesano per oltre il 90% sul fatturato italiano, per l’80% degli investimenti in ricerca e sviluppo interni e per l’80% sul numero degli addetti. Al Sud le imprese raggiungono il 20% di presenza nel settore, in cui spicca la Campania (circa l’8%) e la Puglia (oltre il 4%).

Buone prospettive

“L’Italia del biotech ha numeri ancora piccoli, quando paragonati ad altri Paesi con cui pure siamo in competizione, ma uno straordinario potenziale se consideriamo che un recente studio EY ci dice che a livello globale il biotech triplicherà il proprio valore fra il 2020 e il 2028”, commenta nella nota di presentazione del report il presidente di Assobiotec, Fabrizio Greco. “Finalmente – aggiunge – nel nostro Paese ci sono oggi diversi elementi che possono far crescere e correre il settore: il Pnrr che, oltre a mettere a disposizione grandi risorse economiche, chiede al Paese di rivedere e riformare le regole di funzionamento dell’intero ecosistema di riferimento; nuovi capitali pubblici e privati che oggi credono di più nelle nostre realtà; ma, soprattutto, il lancio di un Piano Nazionale per le Biotecnologie, recentemente annunciato dal ministro Urso. Sono tutti tasselli importantissimi che possono aiutarci a competere nello scenario internazionale”.



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