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Catene di valore, da Panama a Suez. Quali prospettive all’orizzonte? Scrivono Stilo e Serra

Di Pietro Stilo e Francesco Serra

Le catene globali del valore, siano sempre più pivotali in questo rinnovato contesto produttivo internazionale. Il mondo sta cambiando rapidamente, nuovi attori stanno cercando di imporsi sulla scena globale, nella quale nuovi assetti si stanno disegnando, ma la matita non è più occidentale ma è in mano agli emergenti. In tutto questo l’auspicio è che l’Europa sia capace di emergere come soggetto competitivo. Il contributo dei docenti dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria

Il blocco delle navi (circa 200) ad agosto nel Canale di Panama è l’ennesima prova – qualora ve ne fosse la necessità – che la questione delle catene globali del valore è un tema di dimensioni pantagrueliche.

Il cambiamento nell’organizzazione del processo produttivo, conseguente al frazionamento dell’approvvigionamento, della produzione e della distribuzione industriale, ha dato origine a complesse catene internazionali di produzione, che prendono il nome di catene globali del valore (Cgv).

La storia delle Cgv è molto complessa, subendo un’evoluzione dagli anni ’60 in poi del secolo scorso, quando le aziende internazionali hanno modificato progressivamente le loro catene di approvvigionamento: lavoro, materie prime, energia, ecc. Subendo dei cambiamenti strutturali circa ogni 10 anni.

In seguito alla crisi economica globale del 2008-2009 e alla rapida crescita industriale in alcuni paesi come Cina, India e altre importanti economie emergenti, si è venuta delineando una nuova domanda di beni e servizi. A questo hanno contribuito molti fattori, ad esempio la nascita di una classe media, nuovi mezzi di comunicazione di massa e nuovi mezzi di trasporto più veloci e a basso costo che hanno permesso a masse sempre più ampie di persone di muoversi e viaggiare, entrare in contatto con nuove e diverse realtà, tutto ciò ha creato dei profondi cambiamenti nei gusti dei consumatori e di conseguenza nella domanda globale di beni e servizi.

Negli ultimi anni però il processo di globalizzazione dei mercati e della produzione, ha subìto un progressivo rallentamento, dovuto da un lato ad un fisiologico calo, dall’altro a situazioni di stress come la crisi economico-finanziaria del 2007/08, nondimeno dalla pandemia da Covid-19.

In seguito a tali fatti, si è aperto un inteso dibattito nel quale alcuni osservatori sono arrivati a parlare di deglobalizzazione, fine della globalizzazione o post-globalizzazione, tesi probabilmente frettolose che non tengono in considerazione il fatto che, eventi temporanei anche se incisivi difficilmente riescono a far regredire un fenomeno strutturale di tale portata, in tempi così brevi, ma probabilmente possono contribuire a modificarlo.

Dal 2007/2008 il modello di sviluppo basato sul modello del Washington Consensus, ha cominciato a rallentare. L’egemonia produttiva statunitense ha iniziato una lenta erosione della sua proiezione globale, le cui perdite sono state assorbite in particolare da Cina e India e di conseguenza le strutture di governance delle Gvc sono cambiate.

Stiamo assistendo ad un rinnovamento e mutamento dell’asse geo-produttivo e geo-distributivo e del geo-consumo, di fatto confermando la teoria di Vernon sul ciclo di vita dei prodotti.

I Paesi emergenti stanno diventando sempre più economie sviluppate al loro interno, e sono riusciti a incorporare anche alcuni aspetti chiave di questo processo, e cioè da fornitori di input, sono divenuti produttori di tutta la catena che va dalla progettazione, alla ricerca e sviluppo, agli acquisti, e si sono specializzati anche nei servizi di post-produzione e cioè logistica, marketing e branding, commercializzazione e distribuzione, cioè realizzano ciò di cui determinano il bisogno di consumo, generando di fatto quello che possiamo definire un “hold inside”. Da questo traspare prepotentemente come le catene globali del valore, siano sempre più pivotali in questo rinnovato contesto produttivo internazionale.

Alla luce di tutto ciò, una riflessione è d’obbligo, e cioè che il mondo sta cambiando rapidamente, nuovi attori stanno cercando di imporsi sulla scena globale, nella quale nuovi assetti si stanno disegnando, ma la matita non è più occidentale ma è in mano agli emergenti. In tutto questo l’auspicio è che l’Europa sia capace di emergere quale soggetto unico e competitivo avendone le caratteristiche e le potenzialità.



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