A settembre c’è stato un turbine di annunci nel settore dell’intelligenza artificiale. Amazon, Google, Meta e Microsoft stanno svelando nuove funzioni a ritmo serrato, nella speranza di attrarre l’attenzione dei futuri clienti. Apple è silenziosa, ma sta acquisendo più startup IA di chiunque altro. Siamo agli albori di una nuova industria: a determinare i vincitori sarà l’accesso ai dati, alla potenza di elaborazione e al denaro necessario per sfruttarli
Sono passati mesi da quando l’avvento di ChatGPT ha innescato la corsa delle aziende verso l’intelligenza artificiale generativa. Settembre ha portato altri scatti in avanti: Google, Meta e Microsoft (attraverso la sua partnership con OpenAI) hanno iniziato a integrare i propri sistemi AI nelle rispettive famiglie di prodotti, e anche Amazon si è ufficialmente buttata nella mischia rivelando un accordo da 4 miliardi di dollari con la startup di IA Anthropic. Il settore è incandescente: secondo l’Economist le grandi realtà hanno investito oltre 40 miliardi di dollari nella prima metà del 2023.
Gli investimenti continuano a dare i loro frutti, subito pubblicizzati dalle aziende che gareggiano per la leadership. Mercoledì tre di queste hanno annunciato, quasi contemporaneamente, aggiunte cruciali ai propri servizi. Meta ha rivelato che integrerà l’IA nei suoi prodotti fisici e virtuali, tra cui Facebook, Instagram e WhatsApp. Come le rivali, l’azienda di Palo Alto intende portare una serie di funzioni avanzate per potenziare i propri prodotti e affiancare un chatbot (à la ChatGPT) agli utenti, nella scommessa che passeranno con naturalezza dall’interagire con le applicazioni attraverso pulsanti e schermi a parlarci come se fossero persone.
Questa è la stessa filosofia che ha appena adottato anche Amazon. Sempre mercoledì, due giorni dopo aver svelato l’accordo con Anthropic, il presidente David Limp ha annunciato una rivoluzione dell’assistente digitale Alexa: con l’ultimo aggiornamento è passato dall’essere un’interfaccia relativamente limitata, in termini di funzionalità e risposte, a comportarsi come un chatbot. In pratica è molto più capace di interpretare gli input, contestualizzarli, rispondere in maniera soddisfacente. Per merito dei large language models (Llm) alla base dell’IA generativa, alla considerazione “fa caldo qui dentro”, la casa intelligente targata Amazon ora può rispondere: “vuoi che abbassi la temperatura?”.
Non è stata da meno OpenAI, che nello stesso giorno ha presentato le nuove funzioni di ChatGPT: adesso anche il chatbot più celebre può conversare con i propri utenti ed eseguire ricerche sul web. Un salto in avanti significativo, considerato che finora i dati su cui si appoggiava risalivano al più tardi al 2021. Intanto anche Google partecipa alla corsa degli assistenti intelligenti con il suo “esperimento di IA” Bard, che già poteva utilizzare il celebre motore di ricerca per i suoi risultati. E la battaglia procede anche sotto la superficie: gli analisti si aspettano che il prossimo Llm di Google, detto Gemini, sarà ancora più potente del prodotto di punta di OpenAI, GPT-4.
La frenesia delle case tecnologiche traspare dalla velocità con cui stanno presentando nuove funzioni IA – la cui sofisticatezza è direttamente proporzionale alla quantità di denaro (tradotto in potenza di elaborazione) e dati che le Big Tech riversano nei loro Llm per addestrarli. Non senza problemi etici: proprio in questi giorni l’Atlantic ha reso disponibile un database di quasi 200.000 libri piratati di cui OpenAI si sarebbe avvalsa per sviluppare i suoi sistemi. È anche grazie a questi che la startup avrebbe consolidato il proprio vantaggio iniziale, oltre all’investimento da dieci miliardi che Microsoft fece a gennaio.
Gran parte della partita si gioca proprio sulle ingentissime risorse delle Big Tech in questione. All’appello manca l’azienda più grande al mondo in termini di capitalizzazione di mercato, Apple, che pur non avendo fatto grandi annunci nel campo dell’IA (finora) ha acquisito più startup settoriali di qualsiasi altra compagnia tecnologica. Non è ancora chiaro che forma prenderà l’IA secondo la casa della mela, ma alcune delle nuove funzionalità dei suoi iPhone sono già basate su sistemi di IA generativa e machine learning, come ha sottolineato il Ceo Tim Cook durante una conferenza con gli investitori lo scorso agosto. La strategia è profondamente diversa da quella dei rivali: lavoro più silenzioso e focus sui risultati.