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Disinformazione russa, perché l’Italia è un caso di studio per le elezioni

La minaccia di interferenze straniere incombe sulle elezioni cruciali del 2024, ma il fenomeno si può contrastare. In un evento al Senato, gli esperti di Ecfr e DFRLab hanno disegnato una mappa delle operazioni di disinformazione durante le politiche del 2022 e tracciano il modus operandi di Mosca e Pechino. Con Caniglia, Coratella, Terzi, Varvelli

A nove mesi dalle elezioni europee e con la campagna elettorale che prende lentamente il via, la disinformazione rimane una sfida da affrontare con la massima urgenza. L’avvertimento è particolarmente valido per l’Italia, che in passato si è dimostrata vulnerabile alle influenze di attori come Russia e Cina. Questo uno dei temi fondamentali discussi al Senato mercoledì in occasione del panel “Italia, Europa e disinformazione russa e cinese: sfide e prospettive in vista delle elezioni europee 2024”.

I PRINCIPI PER CUI LOTTARE

La sessione è stata aperta dal senatore e patron dell’evento Giuliomaria Terzi di Sant’Agata, Presidente Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato, che è partito sottolineando l’urgenza di assicurarsi che le elezioni avvengano in un contesto di libertà. “La minaccia alla trasparenza e alla libertà delle nostre coscienze è più pericolosa della forza bruta che vediamo esprimersi nell’attacco con connotazioni genocide in Ucraina”, ha detto, sottolineando che la propagazione di narrative false “contrastano la lettera di molti trattati del diritto internazionale”.

Nel 2024 oltre due miliardi di persone – tra cui le popolazioni di Unione europea, Stato Uniti, Regno Unito, India, Messico, Taiwan – si recheranno alle urne attraversando “terreni fertili” per disinformazione e coercizione economica. Reiterando l’impegno “costante, direi assoluto” del suo partito, Fratelli d’Italia, “al principio del conoscere per deliberare”, il senatore Terzi ha ribadito la necessità di contrastare le pratiche di influenza attraverso tre proiezioni fondamentali: il G7, la comunità atlantica e quella internazionale. L’italia, ha detto, è uno dei punti sui quali gli antagonisti esercitano più pressione che altrove; nondimeno la posizione italiana “dà forza all’alleanza e al pensiero politico atlantico, basato sullo stato di diritto e sull’assoluta affermazione di libertà.

LA PORTATA DEL FENOMENO

Nel policy brief che ha fornito la base per la discussione, gli autori dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr) hanno analizzando l’infosfera italiana nel periodo tra la caduta del governo Draghi e le elezioni, da agosto a settembre 2022. I dati hanno evidenziato un picco di comportamenti inautentici coordinati, uno dei tratti distintivi delle operazioni di influenza estere, e un gruppo molto ristretto di nuovi account che sono riusciti a mobilitare gran parte del dibattito elettorale. Presentando il lavoro, Arturo Varvelli, responsabile dell’ufficio di Roma dell’Ecfr, ha sollecitato risposte istituzionali più consistenti e sforzi per aumentare la consapevolezza pubblica in modo da affrontare quella che ha definito una “guerra cognitiva”.

Teresa Coratella, Programme Manager di Ecfr Roma e una delle autrici del rapporto, ha poi sottolineato la portata europea del fenomeno richiamando il rapporto della Commissione Ue sull’aumento della propagazione di disinformazione russa via social nel primo anno dell’invasione su larga scala dell’Ucraina. Ma l’Italia è particolarmente ben posizionata per studiare le dinamiche, ha spiegato, anche per le sue scorse aperture politiche verso Russia e Cina – specie nel periodo della pandemia, quando le operazioni di influenza (tra convogli militari russi e diplomazia delle mascherine cinese) si sono materializzate ancora più consistentemente. Che l’esperienza serva da trampolino per la risposta multilaterale: “auspichiamo che i policymaker inseriscano la lotta alla disinformazione come tema prioritario al G7, specie alla luce di un protrarsi del conflitto”, ha detto l’esperta.

IL CASO ITALIANO

L’analisi di Ecfr, presentata dal coautore Gabriele Carrer (giornalista di Formiche.net e Visiting Fellow del think tank), si basa sulla raccolta di oltre 5 milioni di commenti pubblici online – raccolti da piattaforme sociali, siti di attualità, blog e altre comunità online – risalenti al periodo appena precedente le elezioni italiane. I dati mostrano che oltre 235.000 utenti unici hanno generato alti livelli di coinvolgimento e alimentato un dibattito altamente polarizzante, insolito per le infosfere europee. Di questi utenti solo l’1,2% ha agito in modo anomalo – postando a tutte le ore, in modo apparentemente automatizzato –, ma proprio questi profili hanno generato oltre il 33% dei contenuti.

Anche le narrazioni sono state anormali rispetto ad altre elezioni recenti (quella italiana del 2018 e quella europea del 2019). I post dedicati all’energia hanno occupato il 34% del dibattito, l’Ucraina il 33%, le sanzioni alla Russia il 14%, i vaccini il 10%, le questioni europee il 5% e la migrazione il 3%. La prominenza dei messaggi tipicamente spinti dal Cremlino dimostra gli sforzi della propaganda russa per insinuarsi nell’infosfera italiana nel tentativo di promuovere gli interessi nazionali.

IL MANUALE RUSSO

L’ultimo oratore è stato Mattia Caniglia, direttore associato del Digital Forensic Research Lab (Atlantic Council), che ha osservato come le campagne russe siano sempre più sofisticate. Il Cremlino, ha detto, sta passando da messaggi più sfacciati e palesi a narrative più agili, che si rinforzano l’un l’altra e sono spesso abbinate ad attacchi informatici per aumentare i danni (come nel caso dell’infrastruttura elettrica dell’Ucraina) o ottenere materiale utile per i loro scopi. I propagandisti stanno anche diventando più abili nello sfruttare le finestre di opportunità nei dibattiti pubblici stranieri e nei cicli di notizie per orchestrare operazioni su misura. Per esempio, ha rimarcato l’esperto, in Italia le narrazioni contro l’invio di armi all’Ucraina erano generiche, mentre in Francia prendevano di mira specificamente i cannoni Caesar.

“Le operazioni russe sono diventate multilivello” – lavorano contemporaneamente via i social media, le app di messaggistica, i siti e i blog, i media tradizionali e persino i canali ufficiali, sfruttando la contaminazione incrociata e il rafforzamento reciproco – “e multistep”, circolando brevemente per poi riemergere al momento più opportuno a sostegno di altre campagne. Un altro esempio: le narrazioni sulla vendita di armi Nato a Paesi terzi da parte degli ucraini sono emerse prima nei Balcani e nell’Europa dell’Est, per poi riemergere in Italia, Francia e Spagna. Nell’arsenale russo non mancano metodi come il falso fact checking e la diffusione delle narrazioni in diverse lingue, per amplificarle, e l’utilizzo di “utili idioti” – individui visibili nel contesto di un dato Paese di cui il Cremlino si avvale per iniettare narrazioni nel ciclo delle notizie.

LA SALDATURA CINA/RUSSIA

E la Cina? In apertura il senatore Terzi ha parlato di “disinformazione coordinata” tra Mosca e Pechino. Le convergenze sono tanto evidenti quando in aumento, ma non mancano le differenza nell’approccio: all’approccio “spregiudicato” della Russia la Cina contrappone metodi che “riflettono la cultura più strategica del Paese”, più cauti, meno visibili e reattivi, più orientati al lungo termine, ha spiegato Caniglia. Le campagne di disinformazione cinesi si basano da un lato sull’esacerbare le divisioni interne dei Paesi stranieri (o di organizzazioni come Ue e Nato) e dall’altro sul rafforzamento della proiezione e del punto di vista di Pechino, in modo da delegittimare i processi democratici e promuovere il modello autocratico.

Lo scopo ultimo del Partito Comunista Cinese è influenzare e plasmare politiche e percezioni di altri Paesi per renderle più favorevoli ai suoi obiettivi strategici, ha detto Caniglia. L’approccio si basa sul concetto di media convergence, la progressiva integrazione tra la propaganda interna ed esterna. L’esperto ha identificato tre pilastri principali dell’evoluzione della disinformazione cinese: l’espansione di canali online e offline per la disseminazione, anche attraverso accordi con i media tradizionali (è successo in Italia con la Via della Seta) e avvalendosi di attori commerciale (come società di pubbliche relazioni straniere) oltre alle rodate reti e associazioni di amicizia, influencer stranieri, accordi accademici. L’obiettivo è la plausible deniability: far sembrare che la diffusione dei contenuti sia organica e non eterodiretta da Pechino.


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