Il 2040 è sempre più vicino, l’anno entro cui il numero di fumatori dovrà ridursi al 5% della popolazione secondo l’obiettivo europeo stabilito dal Beating Cancer Plan. Un traguardo che, dati alla mano, rischia di diventare irraggiungibile per l’Italia. Cosa dice, in merito, lo studio del gruppo indipendente Cochrane
L’Italia sembra essere in stallo nella sua battaglia contro il fumo (nonostante decenni di politiche volte a ridurne il consumo) e gli ultimi dati rivelano un quadro preoccupante: fuma ancora il 20,5% della popolazione italiana sopra i 15 anni, pari a circa 10,5 milioni di persone. Inoltre aumenta la media del numero delle sigarette fumate che sono più di 12 al giorno, con un quarto dei fumatori che supera addirittura le 20 “bionde”. Le cifre sulla mortalità sono impietose: in Italia si stima che siano attribuibili al fumo oltre 93.000 morti ogni anno, più decessi di quanti sono provocati da alcol, aids, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme.
Intanto il 2040 è sempre più vicino: l’anno entro cui il numero di fumatori dovrà ridursi al 5% della popolazione secondo l’obiettivo europeo stabilito dal Beating Cancer Plan. Un traguardo che, dati alla mano, rischia di diventare irraggiungibile per l’Italia.
Nuove prospettive arrivano però dal mondo della scienza, con una recente revisione condotta dal gruppo di ricercatori indipendenti – noto come Cochrane – che ha gettato nuova luce sulle potenzialità delle sigarette elettroniche come strumento efficace per smettere di fumare. Secondo le conclusioni della revisione, le e-cig, insieme a farmaci come la vareniclina e la citisina, sembrano offrire maggiori probabilità di successo nella lotta contro la dipendenza dal tabacco combusto. Per ogni 100 individui, si stima che da 10 a 19 smettano di fumare utilizzando sigarette elettroniche, da 12 a 16 usando la vareniclina e da 10 a 18 ricorrendo alla citisina. Risultati che sollevano importanti questioni sulle potenzialità delle sigarette elettroniche ponendo la loro efficacia sullo stesso piano dei farmaci tradizionalmente utilizzati per la cessazione del fumo, come indicato dagli esperti del Cochrane.
Per il professor Fabio Beatrice, primario emerito di Otorinolaringoiatria presso l’Asl Città di Torino, nonché direttore scientifico dell’osservatorio Mohre, l’ultima revisione del gruppo indipendente Cochrane è destinata ad aggiungere un tassello importante, se non la sentenza definitiva, rispetto all’uso dei dispositivi elettronici per smettere di fumare. “Una prima revisione Cochrane già a fine 2022 esaminava 40 studi randomizzati con un totale di 22.052 partecipanti, concludendo che vi erano prove di alta certezza che le sigarette elettroniche con nicotina aumentavano i tassi di cessazione rispetto alla nicotina dispensata in formato farmacologico” spiega Beatrice. “A seguire, nel febbraio 2023, la prestigiosa rivista Nature Medicine, pubblicava uno studio nel quale sia nel Regno Unito sia negli Stati Uniti si associava un aumento della cessazione del fumo del 10-15% con l’uso di sigarette elettroniche. Coloro che essendo fumatori svapavano frequentemente avevano una probabilità significativamente maggiore di smettere di fumare rispetto ai fumatori che non svapavano. Addirittura, i centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie riferivano che era più probabile che i fumatori utilizzassero le sigarette elettroniche nei tentativi di smettere rispetto a qualsiasi altro prodotto, compresi i farmaci per smettere di fumare approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense. Adesso, è notizia del 12 settembre 2023, una nuova revisione del Cochrane dimostra che le sigarette elettroniche e alcuni farmaci come la vareniclina e la citisina hanno mostrato maggiori probabilità di aiutare le persone a smettere di fumare”.
Quindi la sigaretta elettronica sembrerebbe efficace quanto alcuni farmaci e viene messa sullo stesso piano da scienziati esperti con le molecole tradizionalmente usate per la cessazione. “A questo punto sembra che alla sigaretta elettronica vada riconosciuto non solo il ruolo di un presidio utile a ridurre drasticamente il rischio legato alla combustione tabagica nei fumatori resistenti alla cessazione ma anche il potenziale ruolo di strumento utile nel percorso di cessazione dal fumo”, sottolinea Beatrice.
È evidente che ignorare l’e-cig nell’ambito delle politiche di aiuto ai fumatori incalliti non è più possibile sul piano clinico e scientifico. È di questo avviso anche Umberto Roccatti, presidente di Anafe Confindustria. “Quanto emerge dalla revisione Cochrane conferma ormai definitivamente che la sigaretta elettronica è di gran lunga il principale strumento per aiutare le persone a smettere di fumare”, commenta Roccatti.
Per il presidente di Anafe le terapie farmacologiche possono essere adatte solo a un numero limitato di fumatori. Questo perché la maggior parte dei fumatori non percepisce la propria abitudine come una malattia e di solito non è incline a intraprendere un trattamento medico per smettere di fumare. “Invece la sigaretta elettronica ha il potenziale di accelerare in modo significativo la transizione dalla sigaretta tradizionale e rappresenta uno strumento cruciale a disposizione dello Stato nel perseguire gli obiettivi europei del Beating Cancer Plan, che mira a ottenere una generazione senza fumo entro il 2040. D’altra parte, le campagne antifumo degli ultimi 20 anni hanno dimostrato scarso successo, lasciando questi nobili intenti fuori dalla loro concreata realizzazione”.
Gli impatti dei risultati della revisione Cochrane sono di grande portata, soprattutto in risposta a coloro che sostengono la parità normativa, sia dal punto di vista sanitario sia fiscale, tra le e-cig e le sigarette tradizionali. “Qualsiasi iniziativa legislativa che non riconosca la chiara differenza tra i prodotti di nuova generazione, come le sigarette elettroniche, e il tabacco tradizionale risulterebbe antiscientifica e di natura puramente ideologica. Come industria, sosteniamo e auspichiamo una distinzione basata sulle ricerche scientifiche ormai inoppugnabili”, sottolinea Roccatti.
Per il futuro, l’industria italiana del fumo elettronico auspica che l’Istituto Superiore di Sanità consideri l’opzione di includere la sigaretta elettronica come strumento di secondo livello nel trattamento del tabagismo. “Smettere di fumare resta sempre l’obiettivo primario da perseguire”, chiarisce Roccatti. “Tuttavia, considerando che il 91% delle persone non desidera o non riesce a farlo, adottare come strategia di secondo livello l’uso di prodotti a rischio ridotto come le e-cig rappresenta una strada efficace per promuovere la salute pubblica”.
La necessità è urgente, come evidenziato dai preoccupanti dati sul fumo in Italia, ma raggiungere questo obiettivo rimane un percorso che richiederà ancora del tempo. “Ora la nostra priorità è informare e coinvolgere tutti gli stakeholder istituzionali riguardo alle nuove e approfondite evidenze scientifiche. Questo sforzo mira a promuovere l’adozione della sigaretta elettronica come parte essenziale delle strategie di salute pubblica. Allo stesso tempo, ci impegniamo a rafforzare la protezione dei minori non fumatori, affinché non vengano in nessun modo spinti all’uso di questo dispositivo: protezione peraltro già ai massimi livelli in Italia visto il rigoroso quadro normativo che include il divieto di vendita ai minori, la proibizione di pubblicità, e la restrizione della vendita esclusivamente presso tabaccai, negozi di svapo e farmacie che, in caso di vendita a minore, perderebbero la licenza”.