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Clima e sviluppo, così India (e Italia) amplificano la voce del Sud globale

Il G20 guidato da Modi sta spostando il baricentro dell’attenzione verso sud, evidenziando la necessità di modulare la transizione e assorbendo le lezioni che arrivano dall’Africa. Direttrici su cui l’Italia si muove da tempo e che può portare al cuore del G7 nel 2024

“Democratizzare l’azione per il clima è il modo migliore per dare slancio al movimento: come gli individui prendono decisioni nella loro vita di tutti giorni in base alla loro salute a lungo termine, così possono adottare decisioni sul proprio stile di vita sulla base dell’impatto sulla salute a lungo termine del pianeta”. Dietro a queste frasi consegnate al Sole 24 Ore dal primo ministro indiano Narendra Modi, ancora più del parallelismo tra uomo e Terra, si avverte la risposta di Nuova Delhi – e di una serie di capitali del Sud globale – alla transizione ecologica secondo l’Occidente.

Questa materia è il filo rosso che ha attraversato tutte le ultime edizioni dell’annuale Conferenza Onu sul clima, la Cop. Da una parte i Paesi occidentali che delineano i rispettivi piani per decarbonizzare le loro economie (a suon di migliaia di miliardi di dollari in investimenti) entro il 2050. Dall’altra i Paesi emergenti, capitanati da Cina e India, che rivendicano il diritto di imporsi programmi meno ambiziosi – emissioni net zero nel 2060 e 2070 rispettivamente – per assicurarsi che la transizione non soffochi il loro sviluppo economico.

“Molti Paesi del Sud globale si collocano in stadi di sviluppo differenti, perciò l’azione per il clima deve essere complementare. Agli obiettivi di azione per il clima devono corrispondere iniziative di finanziamento e trasferimento della tecnologia. Riteniamo necessario abbandonare un atteggiamento di contrasto al cambiamento climatico che si riduce a ciò che non si dovrebbe fare, per passare su un approccio più costruttivo focalizzato su quanto può essere fatto”, ha riassunto Modi.

A livello multilaterale – e cioè alla alla Cop27 di Sharm el Sheikh del 2022 – si è trovato un accordo politico tra i due poli globali. Ci si aspetta che alla Cop28 di Dubai le parti concretizzino questa volontà in piani, misure e meccanismi capaci di indirizzare i miliardi richiesti verso lo sviluppo sostenibile del Sud globale. Lo ha evidenziato il presidente kenyota William Ruto durante i lavori del primo Africa Climate Summit, appena concluso (qui la panoramica di Luca Bergamaschi): oltre alle difficoltà nell’attrarre i fondi necessari, i Paesi africani devono confrontarsi con i debiti e un costo di accesso al capitale cinque-otto volte superiore rispetto all’Occidente. Senza considerare gli effetti di cambiamento climatico e mancata crescita su sicurezza alimentare, idrica, sociale.

Sono i messaggi come quello di Ruto a cui Modi sta dando più risalto attraverso iniziative come il forum “The Voice of the Global South”, tenuto a gennaio 2023, ossia subito dopo che Nuova Delhi ha assunto la presidenza G20. E sul tavolo del Summit G20 di questo fine settimana ci sarà l’ingresso dell’Unione africana in qualità di membro permanente, su cui il premier indiano lavora attivamente e che dovrebbe finalizzarsi nella prossima edizione, a guida brasiliana, del 2024. Da entrambi arrivano iniziative per aumentare il peso dei Paesi che chiedono un’attenzione diversa, meno assolutista e più articolata, al tema dello sviluppo sostenibile. Il discorso vale anche per la sfera politica: la richiesta del Sud globale, esemplificata dall’India, è quella di concentrarsi sul multilateralismo senza pretendere una scelta di campo geopolitica.

E l’Italia? Uno degli slogan del G20 indiano – “un mondo, una famiglia, un futuro” – ricorda quello dell’edizione a guida italiana del 2021 – “persone, pianeta, prosperità”. L’assonanza ideologica non è un caso: anche Roma ha lavorato e lavora lungo molte delle direttrici di Nuova Delhi, come l’ingresso dell’Unione africana nel G20 e l’attenzione verso il modello di sviluppo delineato dai Paesi del sud globale, che traspare dall’attivismo diplomatico e commerciale del governo Meloni (entro e oltre la sfera del Mediterraneo allargato) e che dovrebbe concretizzarsi nelle prossime settimane sotto l’egida del Piano Mattei per l’Africa e al Summit Italia-Africa di inizio novembre.

Soprattutto, l’Italia ha tradizionalmente spinto per collegare le tematiche del G20 a quelle del G7, di cui assumerà la presidenza nel 2024. Come evidenziava su queste colonne Landon Derentz, Senior Director del Global Energy Center dell’Atlantic Council, al G7 dell’anno prossimo “si assisterà a una nuova enfasi sull’importanza del Sud globale che ritengo sia davvero opportuna”. Una transizione energetica di successo porta a una crescita economica anche in senso lato: parole che Roma lotta per mettere in pratica e che può portare al cuore dell’Occidente.

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