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Partner ma anche… La Cina secondo l’Ue. Memo per la politica italiana

Dopo l’uscita dalla Via della Seta, serve un rapporto “vantaggioso per entrambi”, ha spiegato Meloni dopo l’incontro con il premier Li. Quali sono i confini del partenariato? Bruxelles dal 2019 distingue temi globali da economia e governance, definendo Pechino anche concorrente e rivale

“Un partner di negoziato con cui l’Ue deve trovare un equilibrio di interessi, un concorrente economico che ambisce alla leadership tecnologica e un rivale sistemico che promuove modelli di governance alternativi”. Così l’Unione europea descrive la Cina dal 2019 dopo un aggiornamento rispetto al partenariato strategico in vigore dal 2003. Una definizione che dovrà inevitabilmente guidare l’Italia che si appresta a non rinnovare il memorandum d’intesa sulla Via della Seta puntando nelle relazioni bilaterali sul partenariato strategico globale, lanciato nel 2004 dall’allora presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi e dall’allora primo ministro cinese Wen Jiabao.

Al termine del G20 di Nuova Delhi, in India, Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha spiegato di aver parlato con l’omologo cinese Li Qiang “anche di Via della seta ma non soltanto, nel senso che noi abbiamo un partenariato strategico con la Cina e quindi c’è il tema della Belt and Road Initiative ma non è l’unico elemento che costruisce il nostro rapporto bilaterale”. L’obiettivo – discusso anche da Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, nella visita della scora settimana a Pechino – “è come garantire, indipendentemente dalle scelte che faremo dalla Belt and Road Initiative, come continuare a garantire un partenariato che può essere vantaggioso per entrambi”, ha continuato Meloni.

Dopo la stretta cinese su Hong Kong, il Covid-19 e l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina a pochi giorni dall’amicizia “senza limiti” siglata dai leader Xi Jinping e Vladimir Putin, il servizio diplomatico europeo ha aggiornato pubblicato un bollettino sulle relazioni con la Cina, aggiornato ad aprile 2022, che recita: “Nell’ultimo anno le relazioni bilaterali Ue-Cina si sono deteriorate, soprattutto a causa di un numero crescente di problemi (per esempio, le contromisure della Cina alle sanzioni dell’Unione europea sui diritti umani, la coercizione economica e le misure commerciali contro il mercato unico e la posizione della Cina sulla guerra in Ucraina). L’equilibrio tra le sfide e le opportunità presentate dalla Cina è cambiato nel tempo. Allo stesso tempo, l’Unione europea è rimasta impegnata nel dialogo e nella cooperazione, dato il ruolo cruciale della Cina nell’affrontare le sfide globali e regionali”.

Il riferimento, come detto, è alla svolta del 2019 contenuta nel documento “Una prospettiva strategica” pubblicato dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Tre gli obiettivi a cui i 27 dovrebbero ispirarsi nella risposta alla Cina: “approfondire il dialogo (…) per promuovere gli interessi comuni a livello mondiale” su dossier come il cambiamento climatico; “promuovere attivamente condizioni più equilibrate e reciproche che disciplinino le relazioni economiche”; “adattarsi alle mutate realtà economiche, potenziare le sue politiche interne e rafforzare la sua base industriale” per “preservare a lungo termine la propria prosperità, i propri valori e il proprio modello sociale”. Tuttavia, l’Unione europea e gli Stati membri potranno raggiugnere i loro obiettivi “solo se saranno veramente uniti”, recita ancora il documento con riferimento ai vari formati di dialogo bilaterale e multilaterale (come il fu 17+1, diventato 14+1 dal 2019) che Pechino sfrutta per il suo divide et impera.

Se l’ingresso nella Via della Seta era stato pensato dal governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte in chiave anti Unione europea e Nato, l’uscita può rappresentare un’occasione per il governo Meloni, con la Cina che rimane partner sui dossier globali ma che è concorrente sulla tecnologia e rivale sui valori. La più forte presenza italiana nell’Indo-Pacifico, oltre alla partecipazione nell’infrastruttura che collegherà India, Medio Oriente ed Europa, sembra confermare la linea chiara e netta a difesa di Taiwan e del mantenimento dello status quo davanti alle minacce cinese.


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