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Le prospettive della televisione nella transizione digitale. L’analisi di Preta

I media audiovisivi, e dunque la stessa televisione, nel nuovo scenario sempre più globale, sono diventati parte integrante e rilevante di un ecosistema digitale che caratterizza in maniera pervasiva tutti gli ambiti della nostra società, sia quello individuale dei consumatori, sia quello più collettivo della politica e dell’economia. L’analisi di Augusto Preta, presidente chapter italiano dell’IIC e fondatore ITMedia Consulting, co-autore del libro “La televisione del futuro. Le prospettive del mercato televisivo nella transizione digitale” edito da Il Mulino

La televisione, come tutto il mondo dei media, è da tempo al centro di un grande processo di trasformazione, all’interno del più ampio ecosistema digitale. In questo mutato contesto, la televisione, il media universale e più influente in Occidente nella seconda metà del Novecento, è profondamente cambiata, pur aspirando a svolgere ancora un ruolo da protagonista, come lo è stata per decenni nel mondo analogico.

I fenomeni di innovazione tecnologica che Internet ha determinato, hanno contribuito infatti più di altri a una ricollocazione della televisione nel più ampio processo di trasformazione digitale, a partire dalla convergenza tra reti e contenuti.

I media audiovisivi, e dunque la stessa televisione, in questo nuovo scenario sempre più globale e pervasivo e in continua trasformazione, sono diventati parte integrante e rilevante di un sistema – l’ecosistema digitale appunto – che caratterizza in maniera pervasiva tutti gli ambiti della nostra società, sia quello individuale dei consumatori e dei cittadini, sia quello più collettivo della politica e dell’economia.

È proprio da queste premesse che muove il libro edito da Il Mulino “La televisione del futuro. Le prospettive del mercato televisivo nella transizione digitale”, frutto di un lungo lavoro di studio e riflessione portato avanti in questi anni dal Laboratorio dell’Ecosistema Digitale della Fondazione Astrid.

Sono quattro, infatti, le prospettive di analisi che caratterizzano le singole parti in cui è suddivisa la pubblicazione: tecnologico, economico, sociale e di policy. Il tutto però senza mai abbandonare un approccio interdisciplinare, che costituisce un ulteriore importante valore aggiunto, con il contributo di un ampio numero di eminenti esperti della materia che qui sarebbe troppo lungo elencare, oltre ai quattro curatori, Fernando Bruno, Vincenzo Lobianco, Antonio Perrucci e il sottoscritto.

A ciò si aggiunge, all’interno del filo rosso che unisce tutti gli interventi e le varie parti, anche la presenza di diverse visioni e punti di vista che non sottraggono, ma anzi aggiungono valore, a un lavoro così ampio e complesso.

La televisione che cambia

In termini di mercato, il libro (parte 2) fa emergere i profondi cambiamenti del settore determinati soprattutto dall’entrata degli operatori OTT, dalle grandi piattaforme di servizi video, che hanno rivoluzionato l’offerta dei contenuti, esercitando una pressione competitiva crescente sui broadcaster tradizionali e sugli operatori di telecomunicazioni.

Il nuovo scenario competitivo inter e infra-piattaforma ha determinato una spinta al consolidamento tra soggetti operanti su scala sovranazionale nel settore dei media, delle telecomunicazioni e dell’hi-tech. Questo particolare dinamismo, che si è manifestato attraverso molteplici operazioni di fusione e integrazione, ha portato alla nascita di giganti in grado di unire i vari livelli della filiera, dalla produzione di contenuti alle piattaforme di distribuzione vecchie e nuove.

Il processo di digitalizzazione e la disponibilità di reti fisse e mobili sempre più veloci e di dispositivi e apparati TV connessi e interoperabili, inoltre, ha condotto all’affermazione di nuove modalità di fruizione dei contenuti, sempre più on demand e frammentate, secondo la logica whenever, wherever and on any device.

Gli effetti di queste trasformazioni sono stati amplificati dallo scoppio della pandemia, che, da una parte, ha agito come impulso ai processi di convergenza già in corso mentre, dall’altra parte, ha facilitato la nascita di forze “disruptive” degli equilibri raggiunti dai diversi soggetti.

Tali dinamiche aprono una serie di scenari in continua evoluzione, in cui gli operatori di mercato fronteggiano il clima di incertezza – aggravato dalle crisi geopolitiche ed economiche – alla costante ricerca di strumenti per attrarre e catturare l’attenzione dei consumatori che evolve in modi rapidi e imprevedibili.

È in questo contesto in continua trasformazione che inizia ad emergere anche una nuova domanda di servizi video. Per un maggior numero di persone, e specialmente per le generazioni più giovani, l’intrattenimento è sempre più sociale, interattivo, personalizzato e immersivo, portando dentro caratteristiche del mondo reale e amplificandole e scatenandole con le infinite possibilità del digitale. Per molti versi, i social media e il social gaming assomigliano già molto di più al web 3.0 che allo streaming video.

Per ora, i servizi di video in streaming hanno ancora spazio per crescere e l’esperienza narrativa del racconto continua a coinvolgere. Ma mentre gli streamer spendono per inseguire abbonati sempre più volubili nei mercati globali, potrebbero anche aver bisogno di espandere le loro capacità e i loro portafogli per servire meglio le generazioni più giovani e per incontrarli dove si trasferiranno in futuro.

Rispetto ai social media, lo streaming video assomiglia ancora molto alla TV. Ma se i social media hanno aperto lo schermo televisivo per rendere i contenuti di tutti più accessibili, i video giochi ci permettono di agire nel film. La Gen Z classifica i videogiochi come la loro forma preferita di intrattenimento.

E in Italia?

Come ricorda Franco Bassanini nella sua introduzione, il nostro Paese si colloca da un lato, e non potrebbe essere altrimenti, all’interno di questo profondo processo di cambiamento, dall’altro però evidenzia alcune peculiarità che il libro approfondisce: il ruolo sempre rilevante del digitale terrestre, anche alla luce delle innovazioni e trasformazioni tecnologiche che lo attraversa (il passaggio allo standard DVB-T2), così come analizzato nella parte 1, la “resilienza” della Tv generalista, ampiamente approfondita nella parte 3, all’interno di un’ampia analisi del mercato pubblicitario, e, infine, le problematiche regolamentari e di policy pubblica legate al crescente ruolo dei video streamer (Netflix & co.) e delle piattaforme e a questo riguardo al loro impatto sul sistema dell’informazione, con i conseguenti rischi che ciò comporta (parte 4).

In definitiva, come ricorda Enzo Cheli nelle conclusioni, la questione cruciale, al termine di questo lungo percorso, riguarda su quali linee la televisione, per sopravvivere alle trasformazioni in atto nell’ecosistema digitale può riqualificare la propria missione e il proprio impianto. Ha un senso ancora oggi tutto ciò e in che modo eventualmente vanno definite le politiche pubbliche per perseguire questo adeguamento del mezzo televisivo alla nuova realtà?

Certamente, sottolinea lo stesso Cheli, non si può non segnalare l’invecchiamento di “una disciplina nazionale troppo segnata dalla sua valenza politica, ciò dalla prevalente visione di un potere politico televisivo da regolare e contenere”. Gli stessi concetti di pluralismo, infatti, oggi assumono connotazioni nuove, con il problema cruciale che riguarda non tanto i vecchi monopoli o duopoli, ma tutti i soggetti del nuovo ecosistema, a partire dalle piattaforme e dai social network.

Ne discende che è più che mai necessario inserire la televisione sia nelle forme tradizionali di broadcasting, che quelle nuove di streaming, in un nuovo quadro in cui la televisione “può ancora essere in grado, se ben orientata, di svolgere una funzione utile per il buon funzionamento della democrazia e per il progresso culturale del nostro Paese.”


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