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Così fan tutti? Lavorare per vivere…non per morire!

Perché la sicurezza deve essere intesa quale integrata e riguardante tutti gli aspetti che vanno sempre più intesi, parlo dei temi della Security, Cyber, Safety ed Ethic, come un unicum afferente alla salvaguardia e alla protezione complessiva delle società umana. L’analisi di Biagino Costanzo, dirigente d’azienda

“Le morti sul lavoro feriscono il nostro animo. Feriscono le persone nel valore massimo dell’esistenza, il diritto alla vita. Feriscono le loro famiglie. Feriscono la società nella sua interezza. Lavorare non è morire”. Lo ha affermato, e con ragione, pochi giorni fa, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

È molto complicato, davvero complesso, parlare di questo argomento. Le considerazioni e le conseguenti riflessioni non devono essere inquinate dalle emozioni, dall’impeto e da pensieri appassionati. Parlare della strage continua e silenziosa, come definita da tempo, ovvero la triste contabilità quotidiana dei morti sul lavoro, richiede un ragionamento freddo e complessivo perché tutto questo riguarda il nervo morale ed antropologico non solo di una Nazione ma di come l’umanità vuole o non vuole darsi, anche su questo, un sussulto di dignità per un impegno di convivenza civile. Non bisogna essere tecnici od esperti per affrontare questa ultima parte del mio pensiero.

Se parlo di antropologia parlo del modo di come gli esseri umani affrontano, appunto, la vita sociale in comune. Ci diamo regole e poi in simbiosi ci dotiamo di strumenti per aggirarle allo stesso tempo, se questo è, a prima vista, deprecabile, bisogna anche esaminare perché il più delle volte, senza dolo volontario, si “forzano” le leggi per “fare qualcosa”, risolvere velocemente un problema, un’emergenza e non cedere al male eterno della burocrazia asfissiante. L’uomo deve ritrovare il senso comune del vivere insieme con delle regole, ma chiare e attuabili, altrimenti il declino sarà inevitabile. Vi sono coloro che esibiscono i loro migliori sorrisini verso queste riflessioni come se fossero solo banalità ripetute o esagerati annunci catastrofici. La superficialità su questi temi come fossero argomenti sottovalutabili, l’inconsistenza umana, morale e culturale di chi sottovaluta tutto ciò, è spaventosa

Bisogna innanzitutto far capire ai più che quando parliamo di sicurezza non parliamo solo delle cosiddette “guardie”, impropria definizione che molti danno alle Forze dell’ordine, oppure di quella cosa così “orrenda” di cui tutti i Paesi si dotano per difendersi da qualsiasi attacco nemico. È “commovente” vedere tante belle anime pie che si dilungano su questa, sì banalità, ovvero avere un bel mondo fatto tutto di pace, e chi non lo vorrebbe, ma poi, se fossero attaccate le proprie abitazioni, i propri figli, i propri affetti, come reagirebbero? No, quando parliamo di sicurezza parliamo del regolatore principe, a mio avviso, del convivere umano in modo civile o quanto meno un po’ più ordinato e regolato.
Bisogna, anche in questo caso, partire dall’etimologia e dal significato della parola sicurezza: ovvero dal latino secur, (senza preoccupazioni), composto da se- (privazione) e cura (preoccupazione, attenzione, premura).

Ecco perché la sicurezza deve essere intesa quale integrata e riguardante tutti gli aspetti che vanno sempre più intesi, parlo dei temi della Security, Cyber, Safety ed Ethic, come un unicum afferente alla salvaguardia e alla protezione complessiva delle società umana. È urgente e non più sottovalutabile la necessità di diffondere la cultura della sicurezza e della legalità intesa come conoscenza e presidio di protezione dei beni tangibili e intangibili sia delle Organizzazioni pubbliche che private.

È necessario mettere in sicurezza questo vasto terreno che va da quello fisico, a quello tecnologico, da quello scientifico e spaziale a quello cibernetico, il quale, quest’ultimo, sta divenendo la base, artificiale se vogliamo, ma indispensabile non solo per il funzionamento della società ma per la vita stessa dei singoli umani sempre più dipendenti e incapaci di vivere al di fuori di essa. In questo quadro emerge l’aspetto piu rilevante, ovvero la sicurezza sul lavoro che ha di certo un costo che non può essere quantificato con parametri solo economici ma con aspetti che riguardano innanzitutto la formazione e la competenza e prezzi da pagare alle rigorose discipline delle procedure, delle norme e dei comportamenti umani. Su questo argomento non deve esistere alcuna remora di investimenti, nessuna tenzione di comode scorciatoie siano essi normative o utilitaristiche.

Lavorare all’estero

Un aspetto da analizzare, ad esempio, è la sicurezza dei dipendenti, siano essi pubblici o privati, che prestano il loro servizio all’estero.

È assolutamente vitale prima di far intraprendere una trasferta ai propri dipendenti, conoscere bene l’area dove si andrà ad operare. Bisogna predisporre attività di indagine per acquisire conoscenze ed esperienze sulle modalità di svolgimento delle attività lavorative in sicurezza; formare il personale e predisporre visite mediche da parte del medico competente i lavoratori prima della trasferta; essenziale inoltre è organizzare la security e la necessaria logistica nel Paese; monitorare & supervisionare continuamente lavoratori in trasferta; predisporre una scorta armata per i trasferimenti nei luoghi dove opereranno; se possibile costituire un team competente in Crisis Management e sviluppare il business continuity plan, per poter gestire eventuali situazioni d’emergenza.

Solo in questo modo le aziende possono iniziare a percepire concretamente gli specifici e generici fattori di rischio dell’area estera dove operano i propri dipendenti. Non bisogna mai sottovalutare i rischi, è necessario introdurre le misure opportune per garantire la necessaria security del posto/luogo di lavoro ove opereranno i dipendenti, la quale non è mai troppo sottolineata l’importanza di una corretta ed efficiente organizzazione di tutte le attività logistiche, infatti, in alcuni paesi stranieri basta veramente poco per subire disagi facilmente evitabili con un minimo di organizzazione, programmazione e attenzione.

Così come, per lunghi periodi di trasferta, è importante la formazione su tutti i rischi correlati o meno alla mansione, ma potenzialmente presenti, che svolgono o che svolgeranno, al fine di essere pienamente consapevoli della realtà del Paese dove saranno in trasferta e di tutto quanto messo in atto dalla loro azienda per la loro salvaguardia e tutela, a cui dovranno rigorosamente attenersi per non esporsi a rischi e pericoli. Altre problematiche connesse al rispetto, in un Paese straniero, di standard minimi di qualità finalizzati alla protezione della vita umana si possono evidenziare per quanto riguarda la qualità dei trasporti stradali, la qualità dei servizi di soccorso medico di emergenza e quella del trasporto aereo interno, le caratteristiche costruttive degli edifici in cui il personale viene alloggiato.

Ma come si muovono le Aziende pubbliche e private?

È inutile incedere nel comodo qualunquismo del così fan tutti. Non è così, non è vero. Negli ultimi anni la sensibilità dei Datori di Lavoro è totalmente mutata. L’attenzione, almeno da ricerche e studi e dalla personale esperienza ventennale, anche su questo tema, risulta divenuta massima. In molti sono ben coscienti dei rischi che corrono se non adeguano in modo opportuno e compliant con la normativa, le proprie aziende o quelle che dirigono. Questo non significa che va tutto bene, anzi, molte sono ancora le sacche di sottovalutazione e tanta, tanta pazienza, come sanno bene i manager del settore, nel far comprendere la delicatezza dell’argomento e l’importanza di investire sempre di piu su questo settore.

Certo moltissimo c’è da fare, il quotidiano e infelice bollettino dei morti e degli infortuni sul lavoro sta lì a ricordarci quanto la situazione sia grave. Ma anche in questo caso, come affermo all’inizio, il problema è culturale, umano. Le aziende, non solo grandi, ma anche medie e piccole si stanno attrezzando non solo per adeguarsi alla norma principale, il Dlgs 81 del 2008 ma anche perché è ormai, ai piu, chiaro, che risparmiare su questo porta a quei rischi, penale, civile, economico e anche reputazionale, che sono incalcolabili.

Inoltre, purtroppo, è ancor molto radicato soprattutto in ditte piccole o individuali e soprattutto in quelle edili, nella cantieristica e nella manifattura, la tentazione di sfruttare al massimo i propri dipendenti a discapito, appunto, della loro salute e sicurezza. Oppure spinti dall’esigenza temporale di consegnare un lavoro, soprassedere sul giusto controllo delle procedure e delle norme da adottare durante l’orario di lavoro. Quando parliamo di sicurezza non possiamo affidarci alla buona sorte scommettendo che vada bene e far passare inosservata la preoccupazione fino a quando non si verifica un incidente, una calamità. Quando vi è di mezzo la sicurezza delle persone nessun calcolo delle probabilità o assicurative può tenere! Ricordiamo che le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail, nei primi sei mesi di quest’anno sono state 296.665 mentre le denunce di infortuni sul lavoro con esito mortale sono state 450!

Anche nelle aziende piu grandi è ancora radicato lo scontro per trovare il giusto equilibrio tra obiettivi di produzione e obiettivi di Health & Safety nei luoghi di lavoro e cercare di raggiungerli entrambi senza compromettere nessuno dei due. È ancora molto presente la sensazione che questo tema è piu tollerato che fatto proprio, viene ancora vissuto come una materia vincolante piuttosto che come un obbligo innanzitutto morale e poi un asset strategico per tutta l’azienda. Perché, se è tema di convegni, formazione, meeting, e lo ripetiamo sempre e spesso, che le persone sono la forza delle aziende, l’asset principale, unico, insostituibile, quindi la protezione di questo “asset” non dovrebbe essere la principale preoccupazione del management? Ecco perché chi si occupa di Salute e Sicurezza sul lavoro, per svolgere il proprio incarico in modo serio, professionale, utile e, osservando nel suo complesso una organizzazione, in modo piu completo possibile, deve assolutamente essere supportato, fare squadra con chi lavora in amministrazione, risorse umane, legale, con gli ingegneri, i consulenti, al fine di non escludere gli obiettivi di SSL nel sistema aziendale.

Tutto questo serve anche per affrontare una ulteriore sfida, ovvero il fenomeno della cosiddetta “Risk Misperception”, che spesso porta i lavoratori a prendere decisioni critiche basate su un trade-off tra sicurezza e rischio. L’errata percezione del rischio si verifica quando gli individui non riescono a valutare con precisione il livello di pericolo associato a un particolare compito o situazione e può verificarsi per vari motivi, tra cui mancanza di informazioni, fattori emotivi, pregiudizi cognitivi, pressione dei capi, influenze sociali. Nel corso del tempo, il rischio davvero preponderante è l’abitudine quotidiana, da parte dei lavoratori, a determinati rischi presenti nella loro routine lavorativa. Questa è una malata normalizzazione che può nascere sia dalla familiarità o anche dall’autocompiacimento. La conseguenza è dunque la sottovalutazione da parte dei lavoratori del potenziale danno associato a questi rischi, portando a un’errata percezione del rischio.
Sfidare la percezione errata del rischio richiede un approccio molteplice che includa un’adatta comunicazione del rischio, una formazione efficiente e aggiornata e, soprattutto, la realizzazione di una cultura della sicurezza che dia priorità al riconoscimento e alla segnalazione dei pericoli.

È compito di tutta una organizzazione di sicurezza, sostenuta dalle giuste risorse umane ed economiche, garantire tutto questo, e soprattutto dei dirigenti delegati e del Datore di lavoro. È lui l’owner principe a cui spetta lo studio e la valutazione dei rischi, ma attenti a non intendere il Testo Unico 81 come semplicemente una normativa antinfortunistica perché la valutazione deve comprendere tutte le tipologie di rischio ai quali possono incedere i lavoratori, rischi anche al di fuori del perimetro lavorativo (e con l’avvento dello smart working post pandemia, ancor di più) Le aziende devono investire su questi aspetti con la convinzione, culturale ribadisco, che proteggere il lavoro significa proteggere gli asset più delicati al fine di assicurare la continuità operativa di una azienda. Solo così si raggiungono gli obiettivi di business, quindi economici, ovvero con una proiezione di crescita aziendale che significa anche, e non è certo poca cosa, più occupazione.

La prevenzione e la mitigazione dei rischi non devono essere parole stanche, ripetute e vuote ma forgiate da attenzione, competenza e azioni operative, perché come afferma uno dei più grandi valutatori della sicurezza, Sir Brian Appleton “La sicurezza non è un esercizio intellettuale per tenerci il lavoro. È una questione di vita o di morte. È la somma dei nostri contributi alla gestione della sicurezza che determina la vita o la morte delle persone con cui lavoriamo”


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