Nelle condizioni date l’obbiettivo primario della legge di bilancio è quello di dare segnali concreti circa la sostenibilità del nostro debito pubblico e di garantire la stabilità al fine di limitare i margini di incertezza da cui inevitabilmente dipendono i comportamenti di famiglie e imprese. L’analisi di Nicola Rossi, economista del Gruppo dei 20, che segue il recente intervento di Luigi Paganetto
L’articolo di Luigi Paganetto che dà il via agli interventi del Gruppo dei 20: Legge di bilancio oggi ed elezioni europee domani. Di seguito l’analisi di Nicola Rossi.
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La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza di prossima pubblicazione non dovrebbe mutare più di tanto il quadro entro il quale si iscriverà la prossima legge di Bilancio. Un quadro segnato caratterizzato da ridotti margini di manovra conseguenti, fra l’altro, alle irresponsabili politiche di bilancio dei precedenti governi. In questo contesto, la qualità della prossima manovra non può e non deve essere valutata sulla base delle sue dimensioni (e dunque sulla base delle risorse movimentate dalla legge di bilancio stessa).
Per quanto sia ormai una abitudine invalsa (e frutto del clima culturale degli ultimi anni) sarebbe un approccio errato e fuorviante. Nelle condizioni date, che includono anche un volume abnorme di debito pubblico e una inversione di tendenza degli atteggiamenti della Banca centrale europea, l’obbiettivo primario della legge di bilancio è quello di dare segnali concreti circa la sostenibilità del nostro debito pubblico e di garantire la stabilità al fine di limitare i margini di incertezza da cui inevitabilmente dipendono i comportamenti di famiglie e imprese.
A ciò si aggiunga che anche sotto un altro profilo una legge di bilancio prudente, contenuta e misurata può segnare una positiva inversione di tendenza rispetto al più recente passato: la spending review che viene da più parti spesso invocata trova la sua prima concreta attuazione nella decisione di non spendere prima ancora e oltre che nella decisione di tagliare la spesa. Tutto ciò premesso, è lecito attendersi che la struttura della prossima legge di bilancio ruoti intorno alla proroga del taglio del nucleo fiscale, all’avvio della riforma fiscale (tanto più significativo quanto maggiore sarà l’intervento sulle spese fiscali) e, come sempre, su interventi minori di contorno (che ci si augura possano rivelarsi non particolarmente dannosi).
In prospettiva, è bene ricordare che, superata la infondata ed ingenua aspettativa di un “nuovo miracolo economico italiano”, la realtà si sta incaricando di chiarire che il tasso di crescita di lungo periodo del paese è e rimane quello deludente degli ultimi decenni, consistentemente al di sotto di quello registrato nell’area dell’euro. Rispetto a queste tendenze sarebbe vano sperare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza determini mutamenti tali da consentire di colmare il gap nel medio lungo periodo (il che, naturalmente, non solo non consente ma anzi impone di portare a termine il Piano in termini e modi tali da massimizzarne l’efficienza e l’efficacia).
Rispetto a queste tendenze sarebbe altresì vano sperare di poter trarre qualche vantaggio dalla prossima riforma delle regole fiscali europee. Prescindendo dal giudizio sulla proposta della Commissione attualmente in discussione (sulla quale il giudizio non può, purtroppo, essere positivo in quanto rappresenta nei fatti un ostacolo sul processo di integrazione europea), non è lecito immaginare che dalla discussione in atto possano emergere spazi di manovra addizionali e significativi per l’Italia.
E quand’anche emergessero, l’esperienza degli ultimi anni dovrebbe aver chiarito senza possibilità di equivoci che la spesa pubblica in disavanzo non si traduce in crescita di medio lungo periodo ma solo in effimeri fuochi di paglia in grado di minare ancor più di quanto non accada le finanze pubbliche.
Ne segue che l’unica possibilità che il paese ha di collocarsi su un sentiero di sostenibilità del debito pubblico in presenza di tassi di crescita del prodotto potenziale almeno pari a quello osservati altrove in Europa, sta nel coinvolgimento del settore privato al quale vanno oggi offerto gli spazi di manovra, la libertà di movimento e le motivazioni che in altri momenti della storia del paese hanno fatto la differenza.