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Una integrazione (professionale) per l’Italia

Di Claudio Durigon

Il fenomeno migratorio è una questione europea e non si può più prescindere dall’affrontare seriamente le cause profonde che ne sono alla base. Realizzare politiche di integrazione nel tessuto sociale efficienti e funzionali è una delle più grandi sfide che l’occidente si trova ad affrontare. L’analisi di Claudio Durigon, sottosegretario di Stato al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

L’Italia del futuro sarà un’Italia forte, in Europa e nel mondo. In un contesto internazionale in veloce mutamento, finalmente il nostro governo sta recuperando credibilità e autorevolezza.

Stiamo affrontando con decisione il tema del calo demografico, così come abbiamo riportato al centro le politiche attive del lavoro dopo anni di mero assistenzialismo, e tutte quelle misure necessarie al riconoscimento del giusto salario per ogni lavoratore.

Anche sul tema dell’immigrazione abbiamo posto un freno allo sfruttamento generato da incontrollati flussi di entrata che hanno tirato al ribasso le retribuzioni, specialmente nel settore agricolo, con la compartecipazione della criminalità organizzata.

D’altronde la nostra collocazione geografica ci chiama al dovere di essere ponte tra l’Unione europea e l’Africa. Ciò, però, non vuol dire che i nostri confini debbano necessariamente essere permeabili a qualsiasi tipo di ingresso.

Con il decreto Cutro abbiamo potenziato il ricorso agli accessi controllati, garantendo l’ingresso del personale straniero nel mercato del lavoro nazionale, al duplice scopo di contrastare le migrazioni illegali e rispondere alle esigenze delle imprese. Esiste, infatti, un forte mismatch tra domanda e offerta di lavoro che va affrontato e risolto.

Specie in alcuni settori, dall’assistenza alla persona al campo dei servizi, stagionali e non, la richiesta di lavoro è altissima, ma si fatica a trovare lavoratori disponibili. Come ministero del Lavoro e delle Politiche sociali abbiamo avviato un confronto con le parti sociali per un’analisi del mercato del lavoro, il cui scopo è quello di definire i massimali di ingressi per il triennio che va da quest’anno fino al 2025.

È un approccio pragmatico che abbiamo messo in campo per venire incontro alle esigenze delle imprese. Programmare e pianificare sono le migliori azioni per governare un fenomeno di tale portata, che porta con sé vantaggi e problemi oggettivi. Una gestione attenta dei flussi migratori è sicuramente fondamentale, ora e in futuro.

L’ingresso indiscriminato di lavoratori non formati in un’economia come la nostra, infatti, ha già causato la concorrenza al ribasso tra i salari di alcuni settori economici. Da questo punto di vista le scelte vanno ponderate con attenzione, soprattutto in un momento in cui l’inflazione aggredisce il potere di acquisto delle famiglie.

Per questo non si potrà armonizzare il mercato del lavoro del futuro se non contrastando il dumping salariale, raggiungendo la sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo periodo, continuando a fare formazione al lavoro e valorizzando la contrattazione collettiva, oltre a stabilire flussi controllati e orientati dalle esigenze del mercato nazionale.

Il nostro impegno è chiaro, così come la consapevolezza che il fenomeno migratorio è una questione europea e non si può più prescindere dall’affrontare seriamente le cause profonde che ne sono alla base.

Realizzare politiche di integrazione nel tessuto sociale efficienti e funzionali è una delle più grandi sfide che l’occidente si trova ad affrontare, nella consapevolezza che quanto fatto fino a oggi dalla sinistra, cioè aver confinato migliaia di uomini e donne nei quartieri più poveri delle grandi città, sia stato un fallimento, come ci dimostra drammaticamente il caso francese.

*L’articolo è stato pubblicato sul numero 194 della rivista Formiche



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