Le nuove norme sulle emissioni tassano lo scalo nei porti europei, ma non quelli extraeuropei. E come rileva l’Autorità portuale che sovrintende il porto calabrese, hub italiano ed europeo del trasbordo, il rischio è che le navi scelgano i porti africani per evitare i dazi
A rischio il porto di Gioia Tauro, assieme a tutti gli altri porti di scalo europei in cui le navi portacontainer fanno tappa prima di raggiungere la loro destinazione finale. La minaccia arriva dalle nuove norme europee nel pacchetto Fit for 55, in particolare l’espansione della tassazione delle emissioni sotto il sistema Ets alla sfera del trasporto marittimo. E il problema, come rileva Il Sole 24 Ore, è che le navi in transito nel Mediterraneo finirebbero per scegliere porti nordafricani in modo da aggirare il sistema.
Per come è scritta la direttiva europea, la tassazione si applica agli armatori di navi superiori alle cinquemila tonnellate di stazza – una classificazione in cui rientrano le maxi-navi portacontainer, sempre più popolari per le lunghe tratte perché abbattono i costi di spedizione consentendo di caricare molta più merce. Il sistema di calcolo prende in considerazione le miglia percorse e le emissioni stimate della nave, poi si applica al 100% se la tratta inizia e finisce in porti europei – ma solo al 50% se uno dei due porti è fuori dall’Ue.
Come ha evidenziato l’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, il punto è che “alcuni porti nordafricani (Port-Said e Tangeri), in ragione della loro distanza dalle coste europee (300 miglia nautiche) e alla loro qualità di hub di transhipment (oltre il 65% dei volumi in trasbordo), non vengono considerati scali”. Pertanto, “una nave che attracca in uno di questi porti non interrompe il tragitto soggetto al calcolo del 50% di emissioni in ingresso in Ue”. E la misura “crea un palese svantaggio competitivo per i porti di trasbordo collocati in territorio Ue”.
In pratica, scrive l’Autorità in un rapporto, è che una nave proveniente da uno scalo extraeuropeo attraverso il canale di Suez potrà aggirare la tassazione al 100% approdando ai porti di trasbordo nordafricani ed evitando di attraccare a Gioia Tauro (come in altri porti europei) prima di arrivare alla sua destinazione finale in Europa. E una nave di passaggio nel Mediterraneo per raggiungere l’Atlantico o l’Indiano vorrà evitare qualsiasi tipo di tassa evitando di toccare i porti Ue. In poche parole, esiste “un concreto e attuale rischio di abbandono del porto di Gioia Tauro”.
La dimensione del problema diventa evidente quando si considera che il hub calabrese è uno dei principali porti di scalo europei in virtù della sua capacità di accomodare le grandi navi portacontainer. In Italia quasi il 28% di tutti i container movimentati e il 77% di quelli trasbordati (magari su navi più piccole per raggiungere porti di dimensioni inferiori) passano da Gioia Tauro. E il porto, altamente strategico per l’economia italiana quando quella europea – tanto da essere nelle mire di Pechino da anni – dà lavoro a quasi seimila lavoratori, 1.600 direttamente e 4.000 indirettamente, come evidenzia l’Autorità.
Anche il principale terminalista del porto di Gioia Tauro – che negli ultimi giorni spiegava la necessità di ingrandimento a fronte del fenomeno di gigantismo navale – ha voluto portare la questione all’attenzione del pubblico. Al varo della portacontainer Nicola Mastro (una delle navi più grandi ad aver mai attraccato ai porti italiani), inaugurata lo scorso 4 settembre a Trieste, il presidente di Msc Diego Aponte ha spiegato che la direttiva europea così com’è “non va assolutamente bene per gli scali europei” e minaccia di renderli “perdenti a tutti i livelli, anche sotto il profilo dei posti di lavoro”.
C’è tempo fino al 18 settembre per presentare i commenti alla normativa europea e provare a modificare la direttiva. Dal canto suo, il presidente dell’Autorità Andrea Agostinelli si è detto “estremamente preoccupato” e ha annunciato di aver scritto in merito al ministro dei Trasporti Matteo Salvini, al suo vice Edoardo Rixi, ad Assoporti e al presidente della Regione Calabria per chiedere un rapido intervento.