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Squadre cyber in aiuto degli alleati. Londra segue Washington

Per la prima volta il ministro della Difesa britannico ha rivelato di aver adottato un’attività tipica dei colleghi statunitensi: le operazioni hunt forward. Ecco cosa prevedono e perché

Londra come Washington. Per la prima volta il ministro della Difesa britannico ha rivelato di aver adottato un’attività tipica dei colleghi statunitensi: le operazioni hunt forward che prevedono squadre di esperti cyber mandati in giro per il mondo per aiutare alleati e partner. A farlo è stato il tenente generale Tom Copinger-Symes, vicecomandante del Comando strategico del Regno Unito, responsabile delle capacità informatiche del Ministero della Difesa, offensive e difensive, e delle attività che stanno in mezzo. È colui che ha supervisionato la creazione della National Cyber Force, che nel paese di Samlesbury, nel Lancashire, mette assieme personale dell’agenzia di signals-intelligence Ghcq, del Secret Intelligence Service (o MI6) e del ministero della Difesa con l’obiettivo di rafforzare le attività cyber-offensive britanniche. L’alto ufficiale è stato intervistato da Recorded Future News a margine della conferenza Defence and Security Equipment International (DSEI) di Londra.

“L’idea di una difesa avanzata, cioè di andare ad aiutare i nostri partner a mettere in sicurezza le loro reti, inizia a sfumare i confini tra attacco e difesa”, ha dichiarato. E quanto ai rapporti con gli omologhi statunitensi del Cyber Command ha parlato di lavoro “a stretto contatto”. Ma “quando ci differenziamo da loro, è per buone ragioni. E dove possiamo copiare da loro, lo facciamo. Ma copiamo da un gran numero di attori, perché questa è una gara ed è una sorta di sport di livello olimpico. Se non si copiano gli altri e non si imparano lezioni dagli altri, probabilmente si va indietro, non avanti”, ha spiegato.

Queste operazioni erano già state citate in maniera morbida nel Defence Command Paper 2023. In quel documento il ministro della Difesa britannico aveva dichiarato che “la nostra capacità di imparare dagli eventi e di andare a caccia di minacce genererà un vantaggio strategico per il nostro personale e i nostri partner in conflitto”. Dal tenente generale Tom, come lo chiamano affettuosamente i suoi sottoposti, è arrivata la prima conferma ufficiale che le forze armate britanniche hanno condotto operazioni hunt forward.

Si è parlato delle attività hunt forward anche recentemente, in occasione della rivelazioni di intromissioni cinesi nei sistemi della Difesa giapponese da parte del Washington Post. Una tema complesso di queste operazioni riguarda la riluttanza dei Paesi “ospitanti”. I giapponesi “non si sentivano a loro agio ad avere i militari di un altro Paese sulle loro reti”, ha detto un ex funzionario citato dal Washington Post. E il Giappone non è l’unico Paese ad avere dubbi su queste attività. L’anno scorso, il generale Aymeric Bonnemaison, capo del Comando di difesa cibernetica francese, ha dichiarato a una commissione parlamentare di essere preoccupato che le operazioni hunt forward sono “piuttosto aggressive” e possono aprire porte indesiderate (leggasi: spionaggio).



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