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Cosa (non) cambia per la Wagner senza Prigozhin. Risponde il prof. Teti

Il fondatore del gruppo mercenario morto in un incidente aereo sarà “semplicemente e unicamente ricordato come un protagonista, nel bene e nel male, di un particolare momento storico della Russia”, secondo Antonio Teti (Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara)

Yevgeny Prigozhin, fondatore del gruppo mercenario Wagner morto in un incidente aereo dieci giorni fa è stato, forse inconsapevolmente, “l’artefice del suo stesso destino” avendo “progressivamente perso il controllo della realtà”. A dirlo a Formiche.net è Antonio Teti, docente di cyber intelligence, cyber security, IT governance e big data all’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara.

Secondo lei possiamo dare per certa la morte di Prigozhin?

Nei giorni scorsi è stata data notizia che il funerale di Prigozhin si sarebbe tenuto in forma privata e coloro che desideravano salutarlo avrebbero potuto farlo presso il cimitero di Porokhovskoe a San Pietroburgo. Il test del Dna condotto dalla Commissione di inchiesta russa sui resti delle dieci vittime dell’incidente che ha fatto precipitare l’aereo il 23 agosto scorso, confermano l’identificazione del capo della Wagner e del fondatore del gruppo, Dmitri Utkin. Le molteplici voci che volevano il comandante della compagnia di mercenari vivo e vegeto, magari rifugiato in uno sperduto angolo del pianeta, hanno rappresentato l’ennesima giravolta della storia di un uomo creato da Vladimir Putin per gestire le guerre segrete e non combattute direttamente da Mosca oltre i propri confini, come, per esempio, in Africa, Medioriente e in Siria.

La sua fine era prevedibile?

La sua fine era oltremodo prevedibile, anche se forse non sapremo mai se la caduta dell’aereo abbia rappresentato un “evento fortuito” per Mosca o se sia stata la conseguenza di un sabotaggio progettato ad arte. Ciò che è certo e che Prigozhin sapeva troppo ed era diventato un elemento eccessivamente scomodo anche per lo stesso Putin. In realtà il capo della Wagner, forse inconsapevolmente, è stato l’artefice del suo stesso destino. Egli aveva progressivamente perso il controllo della realtà, pensando di potersi opporre ai vertici dello stato maggiore dell’esercito russo e finanche contro il proprio demiurgo. Non bisogna dimenticare che stiamo parlando di un ex ristoratore trasformatosi in condottiero di un esercito privato, di conseguenza completamente privo di quella formazione politico-militare che conduce alla creazione di uno stratega in grado non solo di sapersi destreggiare sul campo di battaglia, ma anche di conoscere e dominare i meccanismi politici che regolano i rapporti tra gli apparati militari e quelli governativi. A generare ulteriore confusione in Prigozhin sono stati presumibilmente anche gli orrori prodotti sul campo di battaglia di Bakhmut.

In che senso?

Egli si era illuso di essere immune sia dai pericoli dei combattimenti in corso che dal controllo di chi lo manovrava e tale condizione di “scollamento dalla realtà” lo aveva perfino portato a simulare quella sorta di “marcia su Mosca”, condotta il 24 giugno scorso, nel tentativo di scardinare il potere dei vertici dello Stato Maggiore russo. Ripeto, la sua era una fine annunciata, consacrata anche dal suo caotico tentativo di insurrezione di alcune migliaia di mercenari della Wagner di fine giugno. Non dimentichiamoci che a seguito di questa scapestrata dimostrazione di forza, Putin lo aveva definito come “un traditore”.

Che cosa rappresenta per Putin e la sua leadership in Russia l’uscita di scena di Prigozhin nel breve periodo?

Bisogna partire da un assunto: quello russo è ancora un popolo fortemente nazionalista. Il patriottismo del popolo russo affonda le sue radici, per certi versi, sul ricordo dell’impero zarista, rivendicando una continuità storica e spesso anche ideale con quell’epoca. Anche le celebrazioni annuali della vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista, rappresentano il momento più alto, per visibilità e clamore, dell’uso pubblico della storia da parte del Cremlino, anche in funzione della persistenza di una memoria di massa legata agli orrori della guerra e alla partecipazione di massa al conflitto. Prigozhin sarà semplicemente e unicamente ricordato come un protagonista, nel bene e nel male, di un particolare momento storico della Russia. Durante il presunto colloquio che sarebbe avvenuto tra Putin e Prigozhin il 29 giungo scorso, a ridosso della “marcia su Mosca” condotta il 24 giugno, alcuni comandanti della Wagner presenti all’incontro avrebbero ribadito il loro sostegno al presidente russo, confermando di essere pronti a continuare a combattere per la patria. Putin avrebbe ascoltato le loro spiegazioni sugli eventi del 24 giugno per poi offrire loro ulteriori possibilità di ingaggio in operazioni militari. Il gruppo Wagner è una struttura composta da mercenari, ovvero di soldati che combattono per denaro e non certo per motivazioni ideologiche o politiche. Come in ogni struttura di questo tipo, è possibile riscontrare anche individui che prediligono il combattimento e l’esaltazione della violenza, ma sono prioritariamente i soldi a rappresentare il vero “combustibile” di queste organizzazioni.

Quindi non ci saranno sostanziali importanti?

A mio modesto parere, l’uscita di scena di Prigozhin e dello stesso Dmitri Utkin, da anni a capo di tutte le operazioni militari più importanti e probabilmente il più importante ufficiale operativo della Wagner, non produrranno conseguenze sostanziali sulla sopravvivenza dell’unità mercenaria e sul suo impiego.

Che cosa cambierà?

Cambieranno, probabilmente, le modalità di ingaggio e gli scenari operativi, ma nulla di più. Va evidenziato che la componente numericamente più imponente della Wagner è stata trasferita in Africa, a rafforzare la sua storica presenza in funzione dell’interesse di Mosca, sempre crescente, sul consolidamento delle relazioni con i paesi dello scacchiere africano. Il 27 e 28 luglio scorso si è tenuto a San Pietroburgo il summit Russia-Africa, cui hanno partecipato, oltre al presidente russo Vladimir Putin, 17 capi di Stato africani e 10 primi ministri. Durante il vertice, Mosca ha annunciato che fornirà gratuitamente tra le 25.000 e le 50.000 tonnellate di grano nei prossimi quattro mesi ai Paesi più in difficoltà del continente, ovvero Burkina Faso, Eritrea, Zimbabwe e Somalia, oltre a stanziare più di 90 milioni di dollari per i Paesi africani. I russi stanno conquistando “i cuori e le menti” delle popolazioni africane, come anche testimoniato durante il colpo di Stato militare consumatosi in Niger il 26 luglio scorso e che ha portato alla destituzione del presidente Bazoum e all’insediamento del generale Tchiani. I sostenitori del golpe sventolavano bandiere russe, al grido di “Abbasso la Francia” e “Viva la Russia, viva Putin”

Che cosa potrebbe cambiare, invece, nel lungo periodo?

Assolutamente nulla. Al giorno d’oggi il ricordo dei protagonisti di eventi importanti e finanche di storiche mutazioni di diverso tipo, vengono rapidamente cestinati e rimossi dalla memoria dell’individuo in funzione del suo esasperante desiderio di migliorare costantemente la propria condizione sociale ed economica e di perseguire unicamente il soddisfacimento dei suoi desideri. A ciò si aggiunge il contributo che il mondo virtuale, quale straordinario strumento di condizionamento psicologico e comportamentale, concede per il perseguimento di tali finalità individuali. La figura di Prigozhin, sarà presto dimenticata.

Torniamo alle attività del gruppo Wagner in Africa. Che cosa dobbiamo aspettarci?

La Wagner è una sorta di società multinazionale specializzata nella guerra troppo utile per essere eliminata. Il bagaglio di esperienze accumulato in tanti anni di guerra passando dalla Siria, alla Libia e in oltre dieci Paesi dell’Africa subsahariana la rende uno strumento flessibile, versatile e pronto all’impiego in contesti geografici diversi, evitando tutte le tipiche pastoie burocratiche, politiche e militari che caratterizzano l’impiego di un esercito regolare. Anche sul piano dell’operato dei gruppi mercenari, le responsabilità che possono derivare dal compimento delle loro azioni che possono arrivare al limite del disumano, non sono facilmente attribuibili a specifiche figure o strutture governative. Gli eventuali atteggiamenti di radicalizzazione del lutto dei seguaci di Prigozhin saranno quasi certamente “gestiti” dal Cremlino attraverso l’affidamento di nuovi contratti, soprattutto in Africa, lautamente ricompensati. Va altresì sottolineato che i mercenari della Wagner, in diversi Paesi africani, rappresentano un elemento di riferimento per la stabilità militare del governo in carica. Vale l’esempio della Libia, ove si stima un organico della Wagner in appoggio alle milizie del generale Khalifa Haftar pari a circa 2.000 mercenari, oppure in Mali dove dal 2021 stazionano circa 1.400 effettivi della Wagner in appoggio al regime di Assimi Goita.



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