Skip to main content

Biden in Israele. Il ruolo degli Stati Uniti analizzato da Alissa Pavia

Di Alissa Pavia

L’Associate Director presso il Middle East Program dell’Atlantic Council ragiona sul valore della visita di Biden in Israele. Obiettivi e fronti aperti, dagli ostaggi all’Iran, Washington è un attore chiave nella crisi

L’annuncio della visita del presidente americano Joseph “Joe” Biden in Israele per incontrare il presidente Israeliano Benjamini Netanyahu arriva mentre il conflitto tra Hamas e Israele continua senza tregua. Una visita senza precedenti, che presenta rischi diplomatici e di sicurezza non indifferenti. Infatti il suo vice, il segretario di Stato Antony Blinken, è dovuto scappare ai ripari nei bunker israeliani mentre discuteva con Netanyahu di un temporaneo cessate il fuoco: il segretario di Stato aveva ricevuto l’allarme di un ulteriore attacco missilistico di Hamas verso il territorio Israeliano.

La visita del presidente americano coglie molti di sorpresa, annunciata a pochi giorni dallo scoppio della guerra, in netto contrasto con quanto accaduto in Ucraina nella guerra contro la Russia quando il Biden annunciò la sua visita a un anno dallo scoppio della guerra. Mentre Israele combatte sul fronte ovest con Hamas e cerca di mantenere il fronte nord con Hezbollah ai ripari da un possibile intervento Iraniano, e gli abitanti di Gaza corrono ai ripari, può Biden mediare tra Hamas e Israele?

Il principale obiettivo del presidente statunitense è in primis, quello di assicurare l’evacuazione dei civili americani (tra i 500 e i 600) dalla Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah al confine con l’Egitto. Tentativo già intrapreso da Blinken, il quale ha intavolato una serie di conversazioni bilaterali con il presidente egiziano Abdel Fatah Al Sisi, il principe ereditario saudita Mohamed bin Salman e Netanyahu nel tentativo di aprire il valico per far passare aiuti umanitari e assicurare la messa in sicurezza dei civili americani. Tentativo però fallito a seguito di una serie di raid israeliani nei dintorni del valico, e il rifiuto categorico di al Sisi di voler accettare rifugiati palestinesi in Egitto per paura di infiltrazioni di Hamas, e di un ricollocamento permanente di migliaia (o addirittura milioni) di profughi palestinesi.

Il secondo obiettivo di Joe Biden è quello di assicurarsi che l’Iran non faccia ulteriori passi falsi sferrando attacchi dal nord tramite Hezbollah o inserendosi nel conflitto come attore protagonista. L’Iran, che da decenni cerca di imporsi nella regione e guadagnare influenza e territorio tramite gruppi proxy quali Hamas e Hezbollah, potrebbe approffittare della debolezza temporanea di Israele per sferrare un duro colpo dal sud del Libano dove sono stanziati piu’ o meno 100 mila combattenti di Hezbollah stipendiati da Tehran, e guadagnare territorio. Dopo che Hezbollah ha lanciato una serie di missili dal nord di Israele all’indomani dell’attacco di Hamas, gli Americano hanno reiterato la loro ferma opposizione ad un’interferenza nel conflitto da parte di Tehran, e ha gia’ inviato due navi portaerei nello ‘East Med,’ un chiaro segnale che gli Stati Uniti sono pronti militarmente ad intervenire al fianco di Israele con caccia e soldati se necessario. Joe Biden ha infatti anche selezionato circa due mila soldati da schierare al fianco di Israele, ulteriore segnale che alle parole di Biden sono seguite azioni concrete.

Terzo, durante la sua visita Joe Biden vorrà assicurare che i residenti della striscia di Gaza, oltre due milioni di palestinesi, abbiano accesso ad aiuti umanitari dopo che Israele ha imposto un blocco totale della fornitura di acqua ed elettricita’ sulla striscia per stremare i combatteti di Hamas. Aiuti umanitari che l’Egitto è pronto a voler far partire, anche in parte per evitare un esodo di massa verso il suo territorio, ma che Israele è reticente a far arrivare per paura che l’apertura del valico di Rafah significa la fuoriuscita di armamenti per i miliziani di Hamas, cosa avvenuta negli anni precedenti e che ha assicurato il riarmo del gruppo paramilitare Islamista. Tuttavia, i residenti di Gaza sono stremati, e migliaia rischiano la fame dopo essere stati sfollati; pertanto una mediazione sugli aiuti umanitari è strettamente necessaria.

Se e fino a che punto gli sforzi di Biden avranno successo dipenderà dalla leva che il Presidente americano detiene su Israele ed Egitto. I due paesi sono, infatti, i due alleati americani che ricevono il maggior numero di aiuti militari dagli Stati Uniti, e, con la presenza del presidente americano nella regione, sarà difficile che i leader dei due Paesi si rifiutino di trovare un accordo per assicurarsi che i cittadini Americani presenti a Gaza escano inermi dalla striscia.

L’apertura del valico di Rafah presenterà degli ostacoli non indifferenti per entrambe le nazioni, ma è probabile che l’interesse a mantenere gli aiuti militari americani prevalga sui rischi del breve termine che aprire il valico presenta. Per quanto riguarda gli aiuti umanitari, gli Stati Uniti sono consapevoli di non poter mantenere l’opinione dei leader mondiali occidentali favorevoli agli attacchi di Israele sulla striscia di Gaza ancora per molto dal momento che i civili Palestinesi continueranno a soffrire indiscriminatamente.

Tuttavia, negoziare l’apertura del valico per assicurare il passaggio degli aiuti umanitari sarà un tentativo più arduo rispetto all’evacuazione dei cittadini americani, dal momento che presenta ostacoli maggiori, quali l’impossibilità di controllare i camion Egiziani pieno di aiuti pronti a passare il valico, così come i rischi legati alle infiltrazioni da parte di Hamas date le lunghe ore di apertura necessarie per far passare gli aiuti. Più probabile è invece il tentativo di far pressione sugli Israeliani affinché riaprano gli acquedotti e le vie elettriche, anche solo temporaneamente per qualche ora al giorno, misure gia’ in considerazione come moneta di scambio per sollecitare Hamas a fermare il lancio di missili su Israele.

Sul fronte Iraniano, invece, i tenativi di Joe Biden diventano più complicati. Se non altro la presenza del presidente sul suolo israeliano attenuerà qualsiasi aspirazione di Tehran di sferrare un attacco almeno nel breve periodo. Con Biden a Tel Aviv, un attacco di Hezbollah potrebbe essere interpretato dagli Stati Uniti come un confronto diretto verso gli Stati Uniti, confronto che Iran quasi sicuramente perderebbe perché militarmente più debole rispetto a Israele e Stati Uniti.

Pertanto, la presenza del Presidente Statunitense in Israele potrebbe calmare qualche anima mentre dietro le quinte lavora per assicurare delle vittorie diplomatiche nel breve periodo, vittorie che potrebbero attenuare la volontà iraniana ad entrare a un conflitto aperto con lo Stato Ebraico.

(Foto: Screenshot SkyNews)


×

Iscriviti alla newsletter