Le agenzie d’intelligence americane hanno deciso di condividere le informazioni con i servizi dei Paesi partner. Proprio come fatto nel contesto della guerra in Ucraina
“Abbiamo condiviso le analisi” sulle cause dell’esplosione all’ospedale al-Ahli a Gaza City “con molti dei nostri partner in tutto il mondo”. Lo ha dichiarato martedì ai giornalisti un alto funzionario dell’intelligence statunitense citato da Voice of America. Con le informazioni finora disponibili Washington e i suoi alleati hanno escluso la responsabilità di Israele come invece dichiarato da Hamas. La tesi più accreditata è quella di un razzo lanciato da un gruppo armato palestinese e finito per sbaglio nel parcheggio dell’ospedale, dove molte persone cercavano riparo dai bombardamenti israeliani. Il funzionario ha spiegato che probabilmente le valutazioni, già “piuttosto solide”, verranno aggiornate e ai partner “manderemo ulteriori informazioni man mano che andremo avanti”.
L’Italia condivide la valutazione americana. Proprio martedì, infatti, a una settimana dall’esplosione, Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, ha dichiarato a SkyTg24 che il missile che ha colpito il parcheggio dell’ospedale non è stato lanciato da Israele. Lo stesso giorno Elisabetta Belloni, direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, è stata ascoltata dal Copasir per un’ora. Si è trattato del seguito dell’audizione di due ore del mercoledì precedente.
Sempre martedì e sempre a Sky Tg24, Tajani ha invitato a prestare attenzione “alla propaganda che infiamma le piazze arabe”. Come ha spiegato Mattia Caniglia, associate director for capacity building del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council, a Formiche.net, il pozzo dell’informazione è “completamente inquinato, il livello di manipolazione è potenzialmente ampissimo”. E nel contesto di un conflitto complesso come questo, “con una grande quantità di attori coinvolti con agende diverse e anche in contrasto tra loro, le fragilità di Paesi come l’Italia aumentano e su queste fragilità si inseriscono tentativi di manipolazione”, ha aggiunto l’esperto sottolineando i rischi legati alle minacce ibride.
Già nel contesto dell’aggressione russa dell’Ucraina l’intelligence statunitense, assieme a quella britannica, aveva deciso di fare affidamento sulla declassificazione strategica. Ossia di declassificare le informazioni per condividerle con alleati e partner. Oltre a questo, ci sono state le dichiarazioni e le interviste dei vertici delle agenzie. Due gli obiettivi. Primo: tentare di dissuadere Mosca. Secondo: consolidare il fronte con alleati e partner, come ha spiegato durante un evento tenuto a Roma a inizio giugno Sir Alex Younger, ex capo del Secret Intelligence Service britannico. “declassificazione strategica”.
Un anno fa William Burns, direttore della Cia, aveva detto che gli Stati Uniti avrebbe continuato a utilizzare “con cautela” – considerate la delicatezza delle informazioni e la necessità di un’affidabilità altissima – la declassificazione strategica in futuro. Ciò è avvenuto, forse prima di quanto previsto.