Il comparto sanitario è fra i più toccati dall’intelligenza artificiale. Ma è necessario porsi obiettivi concreti, cercando di definire una regolazione adattabile ai mutamenti dei prossimi anni, costruendo sull’utilizzo di queste tecnologie un clima di fiducia non fideistica nei pazienti e negli operatori sanitari. L’analisi di Brando Benifei, europarlamentare tra i principali relatori dell’AI Act
Siamo ormai entrati nell’ultimo anno di legislatura europea e per l’Ue sembra essere decisamente alla portata il raggiungimento di un ambizioso obiettivo che si era prefissata all’inizio del mandato di questa Commissione: dotarsi della prima disciplina complessiva al mondo in materia di intelligenza artificiale. Lo scorso 14 giugno, infatti, il Parlamento europeo ha confermato a larghissima maggioranza (499 voti a favore, 28 contrari e 93 astenuti) il testo già ampiamente approvato dalle Commissioni congiunte mercato interno (Imco) e Libertà civili (Libe), che rappresenta una solida base per i negoziati in corso di quello con il Consiglio e la Commissione europea.
AI Act
Il regolamento affronta tematiche nuove e in rapidissima evoluzione, cercando di tenere assieme obiettivi diversi e al tempo stesso di affrontare i problemi emersi e non perdere importanti opportunità: per queste ragioni viene istituito un sistema di governance tra Ue e Stati nazionali, si stabiliscono obblighi e divieti per fornitori e utenti, si individua una graduazione dei possibili rischi, si definiscono nuove tutele per i cittadini, si promuove lo sviluppo dell’innovazione e della tecnologia in conformità con i nostri valori.
Diagnosi tempestive e maggiore precisione
È evidente che tra i settori maggiormente toccati dall’intelligenza artificiale vi sia il comparto medico e, più in generale, l’intero ambito sanitario. Si realizza certamente un impatto positivo, che aiuta gli operatori a stabilire diagnosi più tempestive e assumere decisioni più certe, permette cure mediche più diversificate e spesso anche fuori da strutture specializzate, consente di analizzare referti e lastre con una precisione eccezionale rispetto al passato, migliora tecniche e terapie chirurgiche, rendendole più efficaci e meno invasive. Questa profonda trasformazione del settore porta con sé anche una serie di problematiche ed è il motivo per cui la salute in quanto servizio pubblico essenziale rientra in linea generale come ambito potenzialmente ad elevato rischio e dunque meritevole di regolazione.
Rischi per la privacy
Ci sono intanto le questioni sistemiche, come quella di una diffusione non corretta e non omogenea di questi nuovi sistemi, che alimenterebbe in modo insopportabile diseguaglianze nella cura della salute, oppure, da un punto di vista etico (ma anche giuridico), il tema della differenza tra un errore medico commesso in base a una piena valutazione dell’operatore oppure sulla base di dati determinanti dell’IA. E poi ci sono i rischi derivanti dalle specifiche applicazioni, come una ridotta tutela della privacy per il cittadino, oppure la definizione di una diagnosi o l’individuazione di una terapia in virtù di dati viziati da un bias, che è evidentemente più grave quando dovrebbe condurre a una valutazione considerata asettica.
Opportunità per la diagnostica
Anche alla luce della terribile esperienza della pandemia, siamo consapevoli che un uso distorto dell’intelligenza artificiale può condurre a valutazioni errate e si è prevista l’obbligatorietà di controlli imparziali sia sugli algoritmi, sia sul complesso dei dati utilizzati per “allenare” l’intelligenza artificiale. Abbiamo anche visto potenzialità e rischi nella diagnostica medica: nel regolamento europeo, ad esempio, consentiamo pacificamente i sistemi di riconoscimento emotivo in questo ambito mentre stiamo discutendo se vietarli in altri ambiti dove non hanno dato risultati efficaci. Non possiamo dimenticare i possibili vantaggi dei sistemi di IA nel sollevare gli operatori da compiti amministrativi, o comunque alleggerirne il peso, come nel caso delle prescrizioni elettroniche, o nella definizione di un’assistenza più diffusa a una popolazione europea sempre più anziana.
Ripensare la figura del medico
Dinanzi a un grande fenomeno è necessario porsi obiettivi concreti, nella consapevolezza che non bisogna demonizzare o esaltare questi nuovi strumenti, ma cercare di definire una regolazione adattabile agli inevitabili mutamenti nei prossimi anni e di costruire sull’utilizzo di queste tecnologie un clima di fiducia non “fideistica” nei pazienti e negli operatori sanitari. Allo stato attuale resta inevasa la domanda fondamentale, cioè, se l’intelligenza artificiale in prospettiva finirà fatalmente per sostituirsi all’uomo in ambito medico, ma è certo che questa rivoluzione sta già conducendo a un vero e proprio ripensamento della figura del medico.
Articolo pubblicato su Healthcare policy n.VIII