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Così l’intelligenza artificiale rivoluzionerà scuola, università e aziende. Gli scenari di Dattoli (Talent Garden)

Il 26 e 27 ottobre torna a Roma EduTech Challenges, e quest’anno la conferenza sarà dedicata a intelligenza artificiale e formazione. Ci saranno i ministri Urso e Valditara, il direttore del centro per l’AI Safety Dan Hendrycks, il direttore per l’Europa occidentale di Microsoft, l’intervento di Nick Clegg di Meta e molti altri ospiti. Quali saranno i temi sul palco? L’Italia con le sue aziende, scuole e università, è pronta alla rivoluzione dell’Ia? Conversazione con Davide Dattoli, fondatore di Talent Garden

L’intelligenza artificiale sta già avendo un impatto notevole su formazione e insegnamento, e in generale sull’intero processo che porta all’acquisizione di nuove competenze. Ma strumenti come ChatGpt e Midjourney, e le loro evoluzioni già in arrivo, saranno in grado di trasformare completamente il settore, e chi non si prepara rischia solo di venire travolto dalla rivoluzione. Di questo si parlerà a EduTech Challenges, il 26 e 27 ottobre a Roma, la seconda edizione della manifestazione organizzata da Talent Garden, la più importante realtà europea nel campo della digital education, con la direzione scientifica del Politecnico di Milano, di Hyper Island e di Edtech italia. Formiche.net ha chiesto a Davide Dattoli, fondatore di Talent Garden cosa c’è di nuovo nell’edizione di quest’anno, che è l’anno dell’intelligenza artificiale generativa.

Nel campo dell’istruzione e del lavoro è stata spesso raccontata come elemento distruttivo più che costruttivo.  

Tutti parlano di questa intelligenza artificiale generativa, ma è ancora poco chiaro quali saranno gli impatti. Ti posso citare Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn e ora venture capitalist nel settore dell’Ia, che l’altro giorno all’apertura dell’anno accademico della Bologna Business School ha parlato di un “superpotere con il quale costruire un nuovo modo di lavorare”, aperto a centinaia di milioni di persone. Sia per chi è all’inizio del proprio lavoro, che va formato da zero, ma soprattutto per chi già lavora nelle aziende. Siamo in un momento come quello in cui è arrivato un computer su tutte le scrivanie. Una generazione ha deciso di andare in pensione, un’altra ha deciso di usarlo e ha capito che i processi potevano essere affrontati in modo più efficiente. Nei due giorni di EduTech Challenges faremo capire come formarsi e come formare le persone, porteremo sul palco una serie di case history aziendali su upskilling e reskilling.  

Conosciamo qualche caso negativo, tipo i ragazzi che si fanno fare i compiti dai chatbot o gli errori a volte grossolani di certi large language model.  Ma c’è anche grande ottimismo sulla capacità dell’Ia di migliorare il processo di apprendimento.  

Si può fare un esempio banale: un tempo dovevo imparare Dante Alighieri leggendo tutto quello che aveva scritto, spesso controvoglia. Oggi posso dialogare con lui, aprendo un modo nuovo di fare formazione, di interagire con le opere davanti a noi, che diventano davvero multimediali, senza differenza tra testo, audio e video. Tra il pubblico della nostra manifestazione ci saranno amministratori delegati e responsabili delle risorse umane ai quali spiegheremo come questa sfida non può essere ignorata. Le aziende che sapranno affrontarla avranno un vantaggio competitivo rispetto alle altre.  

Oltre alle aziende, molte delle quali hanno creato academy interne e processi di formazione continua con società esterne, qual è la situazione nella scuola e nell’università italiane? Si stanno preparando a questo cambiamento epocale? 

Come sempre, l’uomo avversa il cambiamento, e chi non conosce queste novità prova a starne alla larga. Ma stiamo parlando di un processo che volenti o nolenti è già qui, dunque è inutile provare a bloccarlo, meglio capire come cavalcarlo. Su questo va fatto uno sforzo culturale, e capire che se nell’arco della mia vita devo formarmi in dieci occasioni diverse, il sistema accademico e scolastico attuale non può bastare. Le imprese diventano parte fondamentale dei processi formativi non tanto o non solo perché le università non danno quello di cui hanno bisogno, ma perché i lavoratori sono sottoposti a un cambiamento di paradigma ogni 3-5 anni, e per questo serve un’alleanza tra tutti i soggetti coinvolti. Noi di Talent Garden, come academy, dialoghiamo con il mondo della formazione e quello delle aziende, perché nessuno è in grado di affrontare questa novità da solo.  

Siete presenti in molte città, come mai avete scelto Roma per questo evento? 

Perché in questo sforzo comune vogliamo coinvolgere le istituzioni: avremo due ministri sul palco (Urso e Valditara) e una nutrita presenza istituzionale, speaker e partecipanti delle grandi aziende partecipate e delle università. E poi i rappresentanti dell’Unione europea, nell’anno delle competenze digitali, che oggi sono state estremamente accelerate dall’IA e che lo saranno ancora di più. 

Cosa porterà a casa chi partecipa alla vostra convention? 

Esperienze concrete: nessuno sa fino a che punto possiamo sfruttare l’intelligenza artificiale evitandone i lati negativi. Sul palco porteremo la nostra visione e soprattutto le migliori realtà che esistono oggi in Europa. La rivoluzione inizierà ad avere gli effetti più dirompenti non tra 10 anni, ma fra 2-3. Per questo faremo conoscere le aziende che già si sono mosse in modo intelligente e hanno saputo portare benefici alle loro attività, ai loro dipendenti, alla società in senso più ampio. 

Quali sono i settori che saranno i primi a essere disrupted dall’intelligenza artificiale in Italia? Penso ad esempio a quello sanitario, in cui ci sono grandi problemi organizzativi, inefficienze e ritardi, e nonostante questo riusciamo a mantenere buoni standard grazie alla qualità di medici e operatori. Se si facesse un salto di qualità tecnologico, potremmo riportare la sanità italiana a un livello di sostenibilità e sviluppo che non si vede da anni.

Noi di Talent Garden abbiamo un focus specifico su tre grandi mondi. Il primo è quello che citavi tu, il medtech, il pharmaceutical, e tutto ciò che è connesso al tema della salute, in cui l’IA può portare dei benefici enormi. Non solo nella scoperta di nuove medicine e nei test. Anche, soprattutto, nella relazione con i pazienti, nella costruzione di un dialogo totalmente diverso. È un’area su cui abbiamo lavorato tanto negli ultimi anni, in cui devo dire delle che esistono delle realtà molto interessanti. Il secondo mondo è quello dei servizi finanziari. Collaboriamo con il mondo bancario e assicurativo, porteremo sul palco tanti esempi virtuosi, in particolare sui percorsi di reskilling che abbiamo seguito nel tempo. Il terzo focus è sul mondo dell’energia. Che tra guerra e transizione ecologica è in un continuo stato di evoluzione e ripensamento, ed è uno dei settori in cui il cambiamento tecnologico può avere gli effetti più importanti. Naturalmente ci occupiamo di molte altre cose, ma questi sono i nostri punti principali. 

Qual è la vostra prospettiva in campo regolatorio? Sappiamo che Stati Uniti e Unione europea finora hanno percorso strade diverse: i primi non sono riusciti a trovare delle regole comuni ma hanno permesso alle grandi aziende tech di prosperare; da questa parte dell’Atlantico abbiamo puntato su direttive e regolamenti – ultimo l’AI Act – ma ancora non siamo stati in grado di creare campioni europei (anzi, quelli che c’erano sono più o meno spariti), con i regolatori che si sono schierati contro il cosiddetto “capitalismo estrattivo” (nel senso che estrae dati dagli utenti). L’intelligenza artificiale in qualche modo ri-azzera il punteggio e permette a nuovi soggetti di emergere. Ci sono le condizioni per una esplosione tecnologica anche in Europa? 

Noi crediamo nel capitalismo cognitivo, cioè lavoriamo sul pensare che a prescindere da ciò che il legislatore deciderà, è fondamentale una responsabilità individuale e sociale dei privati. È fondamentale saper utilizzare questi strumenti, perché comunque fino a che non saranno regolamentati, saranno disponibili a tutti e coloro che sapranno sfruttarli avranno un vantaggio competitivo. 

Al nostro evento avremo Dan Hendrycks, a capo di una delle più importanti no profit americane sulla AI safety, che ha collaborato con Elon Musk dal punto di vista etico e sociale alla sua nuova start-up (X.Ai), e parteciperà Brando Benifei, parlamentare europeo tra i relatori dell’AI Act, ma ci saranno anche manager di Microsoft e Meta, di grandi aziende che stanno costruendo i software più importanti in questo campo, e ne nascerà una discussione molto stimolante in cui capiremo da che parte stiamo andando a livello globale. Gli Stati Uniti, con partite geopolitiche sempre più complesse, in particolare nella competizione con la Cina, non hanno l’interesse (o la forza) di bloccare lo sviluppo delle grandi piattaforme tecnologiche.  

Le questioni di etica e privacy verranno messe da entrambi in secondo piano, per questo l’Europa ha la grande opportunità (o responsabilità) di diventare il perno regolatorio grazie al proprio mercato ancora molto rilevante. Ma tutto parte da conoscenza e cultura dell’opinione pubblica, del legislatore, di tutte le figure in campo. Il problema è che c’è ancora una grandissima ignoranza su come funzionano questi strumenti. Ne ho parlato anche in Commissione europea e purtroppo in alcuni casi c’è una distanza generazionale e culturale che fa scattare una grossa diffidenza. La nostra sfida è portare un po’ di persone anche dall’altra parte dell’oceano per farci vedere quali risultati sono in grado di ottenere.  

Dove “finiscono” questi incontri, discussioni, approfondimenti? 

L’anno scorso abbiamo prodotto un Libro Bianco che è stato consegnato al Commissario Paolo Gentiloni e quest’anno sarà riaperto e aggiornato. E stiamo preparando un report con il Politecnico di Milano per avere una panoramica e dei numeri su formazione e intelligenza artificiale, così da poter lasciare una traccia tangibile del nostro lavoro.  

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