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Phisikk du role – Il contratto di servizio, i grillini e la partita di rugby

Il voto in Vigilanza Rai ha un senso politico vasto ed è inserito in una busta indirizzata dal M5S al Partito democratico di Schlein e ai costruttori dei “campi larghi”… La rubrica di Pino Pisicchio

Se di quando in quando a qualcuno dovesse capitare d’inciampare nella esiziale domanda: “Ma perché dobbiamo pagare la Rai?”, di fronte alla quale non riuscisse a trovare risposta, soprattutto soppesando le tonnellate di pubblicità che passano per le sue reti generaliste, e scoprendo che, tutto sommato, rubano più o meno la stessa vita di telespettatore delle reti Mediaset e delle altre commerciali minori e minime, ebbene la risposta c’è. Si chiama “contratto di servizio”.

Dietro lo stile un pò burocratico e un pò notarile dell’espressione, si cela un contratto stipulato tra il ministero dello Sviluppo Economico e la Rai per disciplinare la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale nell’intero Paese. In questo contratto, di durata quinquennale, sono indicate le obbligazioni del contraente Rai con riferimento anche al delicato capitolo che riguarda l’informazione, strumento fondamentale per la formazione della pubblica opinione, e dunque per l’esercizio delle scelte politiche.

Le procedure nel nostro ordinamento prevedono il passaggio alle Camere del documento contrattuale per il bollino blu, un’approvazione che viene espressa dalla Commissione bicamerale di Vigilanza Rai. Questo è l’antefatto per comprendere con quale attenzione la politica continui a maneggiare la questione del “contratto”, ben al di là del suo dettaglio contenutistico: dentro c’è il calco in cui troverà accomodamento il nuovo assetto di potere conclamato dalle maggioranze parlamentari che, salvo rari casi, sono quelle che votano la relazione approvativa.

Accade allora che, alla conta dei voti in Commissione di Vigilanza, la maggioranza si allinei compatta ma l’opposizione si spacchi: a parte qualche astensione manca alla linea dei no l’intera delegazione del Movimento Cinque Stelle, che invece ha votato a favore, a sostegno della maggioranza.

Gli esegeti dei comportamenti grillini in materia di Rai si sono adoperati a costruire mappature su comportamenti analoghi mantenuti in passato, rammentando come anche recentemente, non più di un paio di mesi fa, il membro del Cda Alessandro di Majo non aveva votato contro le nomine proposte dalla nuova governance di destra, circostanza che avrebbe così garantito alla forza politica di portare a casa presidi significativi nel nuovo organigramma. Con analoghi argomenti le stesse fonti ricordano che il Movimento potrebbe ottenere, a motivo di questo approccio “morbido” e “collaborativo” sul contratto di servizio, una vicedirezione di peso in area meridionale.

È probabile che il “senso di responsabilità” mostrato dai grillini e sottolineato da esponenti autorevoli di governo, venga remunerato. Oltretutto rappresenterebbe la misura di un’attenzione al medium televisivo che apparirebbe come un capovolgimento ontologico: il Movimento nasce e prospera come partito della Rete, dei meet-up, dell’agorà mediatica, ma poi scopre che i flussi elettorali in questo nostro Paese si muovono ancora con la tv, i pastoni dei telegiornali e i talk show. Non è poco, a dieci anni dall’ingresso trionfale nella politica parlamentare.

Ma quello che dice questo voto in Vigilanza ha un senso politico più vasto ed è inserito in una busta indirizzata a Schlein e ai costruttori dei “campi larghi”. Un’occhiata ai sondaggi fa capire qualcosa di più: il Movimento oscilla da tempo tra il 16 e il 17%, il Pd fa fatica a mantenersi sotto il filo del 20%. Il resto, all’opposizione, arranca. I Cinque Stelle, dunque, mantengono consenso restando nella loro natura, un pò piratesca e del tutto insofferente ai rapporti stabili di alleanza, la cui leadership, peraltro, Conte pensa di poter contendere. In più l’unica competizione che appare sullo sfondo sono le europee del prossimo anno, dove ognuno porta a casa il consenso che ha per la sua politica, non per una scelta di schieramento.

Dunque, un modesto consiglio: non aspettatevi “campi larghi” nel prossimo tempo. Solo campi da rugby, con tante botte, come si dice dalle parti mie, “alla cecata”.

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