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Non possiamo ignorare i progetti egemonici di Xi. Il libro del prof. Scarpari

Di Maurizio Scarpari

Pubblichiamo un estratto delle conclusioni del libro “La Cina al centro. Ideologia imperiale e disordine mondiale” (Il Mulino) del professor Maurizio Scarpari, che ha insegnato Lingua cinese classica all’Università Ca’ Foscari di Venezia

Ignorare o sottovalutare la natura egemonica del progetto di espansione cinese e la compattezza delle istituzioni e delle imprese nel perseguire con determinazione gli obiettivi del governo e del Partito comunista sono i principali errori che vengono commessi dalle istituzioni politiche, imprenditoriali e culturali dei paesi che hanno rapporti con la Cina. La scelta di giustificare, e di fatto sostenere, l’aggressione russa all’Ucraina e l’enfasi posta sull’amicizia personale con Vladimir Putin hanno contribuito a compromettere l’immagine di Xi Jinping e della Cina, screditando di riflesso quelle dottrine di pace e sviluppo armonioso indicate come fondamento di un nuovo assetto mondiale.

L’impossibilità di prevedere il futuro, l’incapacità di analizzare senza condizionamenti e pregiudizi il presente e il permanere di una visione egoistica della politica sono alla base della difficoltà da parte dei leader mondiali e dei loro gruppi di consiglieri di intravedere e mettere in atto politiche sinceramente orientate a un progresso pacifico. La conclusione della guerra russo-ucraina è un nodo che prima o poi dovrà essere sciolto, la situazione si trova da troppo tempo in stallo: se Putin dovesse avere la meglio, sarebbe una sconfitta non solo per l’Ucraina e il suo presidente, ma anche per gli Stati Uniti, il suo presidente e i suoi alleati; se invece dovesse avere la peggio, sarebbe un disastro per la Federazione russa e il suo presidente, ma anche per la Cina e Xi Jinping, che ha investito molto capitale politico e prestigio personale fornendo un appoggio a Putin. Il punto cruciale è che nessuno può permettersi di perdere, la disfatta di una parte determinerebbe comunque problemi di tenuta dell’altra, con il rischio che il mondo intero precipiti in un disordine ancor maggiore di quello attuale. Putin lo ha capito e su questo prospera, nonostante l’assurdità della guerra. È impossibile prevedere quali nuovi fattori irromperanno sulla scena, potrebbero inserirsi delle variabili improbabili o impreviste, i cui effetti sono inimmaginabili. Basti pensare alle incognite delle prossime elezioni, in particolare di quelle americane, ancor più in bilico delle consultazioni europee, russe o taiwanesi. Se Donald Trump (un perseguitato politico secondo Putin) dovesse vincere, il suo ritorno avrebbe un effetto dirompente, difficilmente valutabile al momento. E se Xi Jinping dovesse decidere di muovere il suo esercito contro Taiwan? Il nuovo ordine mondiale che Xi Jinping e Vladimir Putin stanno cercando di costruire non sembra affacciarsi all’orizzonte e sembra sempre più corrispondere a quello «slogan ideologico di facile manipolazione, ormai indipendente dalla sua realtà storica, fatta di guerre e distruzioni» di cui parla [Manlio] Graziano (in “Una nuova civiltà globale. L’impossibile sogno cinese”, in La Lettura del Corriere della Sera del 13 agosto 2023, ndr). Nessuno può sapere quale sarà l’assetto mondiale quando questa fase turbolenta, ma ancora sotto controllo, in un modo o nell’altro finirà. Il rischio che la situazione possa precipitare in tempi brevi aumenta di giorno in giorno, sia per ragioni interne alla Cina sia per la complicata congiuntura internazionale.

Il mondo ha bisogno di pace e armonia per affrontare in modo efficace questioni improcrastinabili per la salvaguardia del pianeta e dell’intera umanità. Non a parole, ma con atti concreti. L’egemonia cinese è sempre stata più culturale che politica; in virtù di questa autorevolezza gli emissari che giungevano a corte si inginocchiavano davanti all’imperatore chinando il capo sino a toccare terra e lo facevano in omaggio alla superiorità culturale della civiltà cinese, che l’imperatore incarnava, più che rendendo omaggio alla sua autorità politica o al potere economico dell’impero; oggi frotte di faccendieri corrono a corte per non perdere gli investimenti con cui le autorità cinesi intendono legare a sé i governi di mezzo mondo.

La concezione vestfaliana dell’ordine internazionale è oggi messa in seria discussione, in nome di un nuovo assetto globale che vorrebbe trarre ispirazione dall’antica tradizione politica cinese, quando l’impero era al centro del mondo, esprimendo così un desiderio di ritorno al passato, ai tempi in cui la Cina vedeva sé stessa e veniva vista dagli altri popoli come un faro di civiltà. Il realizzarsi di tali ambizioni richiede tuttavia qualcosa che la Cina di oggi non è in grado di esprimere: quella forza di attrazione e seduzione che può avere solo una solida cultura formatasi nel corso dei secoli sul rispetto della creatività e della libertà di pensiero e di espressione, in grado di forgiare quella «mentalità da grande potenza» di cui la Cina difetta.



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