Un alto ufficiale in pensione che ha indossato nuovamente la divisa dopo l’attacco di sabato spiega in esclusiva a Formiche.net il “blitzkrieg” (guerra lampo) dell’organizzazione terroristica e come Israele dovrà combattere a Gaza
Nell’assalto lanciato nel Sud di Israele da Hamas sabato scorso, giorno di Simchat Torah, la prima ora è stata fondamentale. “Sapevano esattamente che cosa fare”. A raccontarlo a Formiche.net è un generale israeliano, esperto di terrorismo, che ha servito per 30 anni nell’Ufficio del primo ministro e nel Mossad. L’alto ufficiale ha chiesto di non rivelare nome e cognome per ragioni di sicurezza. Infatti, dopo l’attacco lanciato dall’organizzazione terroristica ha deciso, come molti suoi connazionali, di indossare di nuovo la divisa e presentarsi come volontario per difendere il proprio Paese. “Ci siamo sempre uniti davanti a queste sfide. Dobbiamo essere uniti. Siamo un solo Stato, un solo popolo, un solo esercito”, dice.
“Non conosciamo ancora tutti i dettagli dell’evento e siamo lontani dal capire cosa sia successo esattamente”, spiega il generale. “Ciò che è chiaro è che c’è stata una combinazione di un’accurata raccolta di informazioni nel tempo sulla routine di attività delle forze militari israeliane e sui loro punti deboli e di un’azione offensiva rapida e letale”.
L’alto ufficiale paragona l’attacco iniziale a una blitzkrieg (guerra lampo) nazista. “È stato decisivo, ha sfruttato appieno l’effetto sorpresa: un raid rapidissimo direttamente nel centro nevralgico delle forze di difesa con un grande numero di combattenti e munizioni, un rapido movimento verso l’obiettivo con mezzi veloci come motociclette e parapendii motorizzati, la neutralizzazione della capacità di reazione e dei sistemi di controllo e di comunicazione uccidendo anche le donne in divisa che erano di guardia. Da qui, la continuazione del raid sugli obiettivi civili è stata cosa semplice per loro”, continua. “Un piano molto buono, bisogna ammetterlo”, aggiunge.
Ma la sorpresa è, come lo shock in cui è precipitata la popolazione israeliana, legata anche allo stile di vita. “È come se si vivesse in un mondo diverso”, dice il generale citando precedenti come l’11 settembre negli Stati Uniti o l’ondata di attacchi in Europa dello Stato Islamico, da cui Hamas sembra aver preso ispirazione per la brutalità ma anche per alcune scelte comunicative pensate per disumanizzare la vittima e mobilitare o risvegliare chi la pensa allo stesso modo.
È come se la globalizzazione ci avesse fatto dimenticare che esistono minacce. È la guerra asimmetrica. E la reazione di Israele porrà “un problema in un mondo asimmetrico” perché sarà molto facile puntare il dito contro Israele. Anche perché, bisogna agire in fretta anche pensando agli ostaggi: “Non mi aspetto da Hamas altro che crudeltà e omicidi”, dice il generale. Ieri il governo israeliano ha parlato di sforzi “di intelligence e operativi” per mettere a fuoco la questione degli ostaggi israeliani a Gaza e dei dispersi. Il generale Gal Hirsch, nominato coordinatore speciale per i dispersi e i rapiti dal primo ministro Benjamin Netanyahu ha spiegato che le ricerche sul terreno “proseguono”. Il riconoscimento degli uccisi “prosegue ed ed è un lavoro molto complesso. Molti feriti sono ancora negli ospedali e noi diamo la caccia a ogni dettaglio che ci aiuti a localizzare tutti i dispersi. Lavoriamo 24 ore al giorno per i dispersi, per gli ostaggi e per le loro famiglie”, ha assicurato.
“È una cosa difficile da dire”, osserva il generale intervistato da Formiche.net. “Ma Israele deve combattere come se non ci fosse nessuno a Gaza”. Ed ecco l’ordine, stamattina, di evacuare oltre un milione di persone dal Nord di Gaza. “Non c’è altra scelta”, continua. “Anche per gli ostaggi che sono soldati ma anche donne, bambini, anziani. Il modo per liberarli è farlo fisicamente, che significa raggiungere certi luoghi”.
“Nessuno vuole una campagna globale né una guerra regionale”, prova a rassicurare l’alto ufficiale. “Vogliamo concentrarci sulla questione specifica di Gaza”. Ma anche, ovviamente, sull’Iran. “Non sappiamo se ci sia stato un via libera ad attaccare, un coordinamento tattico. Ma non conta”, continua citando il sostegno di Teheran ai suoi proxy in termini di armi e addestramento. Inoltre, l’assalto di Hamas “potrebbe spingere altre milizie” ad attaccare, dice ancora facendo l’esempio di Hezbollah in Libano e aspettandosi attacchi con i droni dalla Siria. “L’Iran è furbo, trova sempre un modo per non essere messo alle strette e per farsi beccare. Si nasconde dietro gli altri perché vuole che l’ambasciatore iraniano a Roma continui a prendere il caffè con voi senza essere messo troppo alle strette”.