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Da est a sud, alle tecnologie dirompenti. Così la Nato si prepara alle sfide

Di Giulia Pascuzzi e Patrizia Di Micco

Dopo il vertice di Vilnius, l’Alleanza si sta preparando ad affrontare tutte le diverse minacce che nell’ultimo periodo stanno caratterizzando il suo vicinato, dalla minaccia russa a est, alle instabilità del sud, oltre alle sfide dettate dalle nuove tecnologie emergenti. Chi c’era e cosa si è detto nel corso dei Security and defence days organizzati dalla Fondazione De Gasperi, con il Wilfried Martens Centre, la Nato Public diplomacy division e Regione Lombardia e in media partnership con Formiche

In uno scenario internazionale in continuo mutamento è fondamentale riflettere sul ruolo attuale e futuro della Nato, sulla postura dell’Unione europea, e in modo più ampio, comprendere lo stato delle relazioni transatlantiche. Analogamente, è essenziale analizzare le sfide che attendono l’Alleanza e l’Unione, dalle minacce ibride a quelle convenzionali. Questi i temi trattati nel corso di due panel, moderati dal direttore di Formiche e Airpress, Flavia Giacobbe, e l’onorevole Paolo Alli, segretario generale della Fondazione De Gasperi, durante la prima giornata della terza edizione dei Security and Defence Days, iniziativa organizzata proprio dalla Fondazione De Gasperi, insieme al Wilfried Martens Centre for European Studies, in collaborazione con la Nato Public diplomacy division e Regione Lombardia e in media partnership con Formiche.

Quali sfide per la Nato

Il vertice Nato di Vilnius ha tratteggiato “una terza fase nella storia ed evoluzione dell’Alleanza”, ha affermato Nicola De Santis, head Engagement section della Public diplomacy division della Nato, poiché “le decisioni prese hanno rappresentato l’ulteriore adattamento dell’Alleanza ad un contesto strategico globale che è in rapida trasformazione”. Il ritorno della guerra nel continente europeo con il conflitto russo-ucraino ha dato un nuovo slancio al ruolo della Nato. Oggi l’Alleanza si trova ad affrontare nuove sfide, come la guerra ibrida, l’uso dell’intelligenza artificiale in ambito militare o l’applicazione delle tecnologie quantistiche. Ma anche l’uso sempre maggiore da parte di Russia e Cina di mezzi di carattere politico, economico o sociale come forma sia di coercizione che di dipendenza negli altri Paesi e, in ultimo, come strumento di guerra.

Le faglie di tensione nel mondo

Il senatore Marco Dreosto, membro della commissione Affari esteri e difesa, ha invece sottolineato il lavoro che si sta svolgendo per riportare il tema della difesa al centro del dibattito politico e che “il posizionamento geopolitico italiano resta invariato nella cornice strategica dell’Alleanza e accanto ai partner tradizionali”. Oltre al confine est europeo, anche altre faglie destano profonda preoccupazione. Il recente attacco di Hamas contro Israele ha riacceso i riflettori sulla zona del Mediterraneo. Ma guardando verso l’Asia e la zona dell’indopacifico, in particolare lo Stretto di Taiwan, preoccupano anche le interconnessioni tra le potenze autocratiche come Cina, Iran e Russia che ad oggi usano strumenti di disinformazione e propaganda per destabilizzare i Paesi democratici.

Il futuro della difesa europea

Per Angelino Alfano, presidente della Fondazione De Gasperi, “l’Europa si rivede nella dimensione transatlantica in modo del tutto coerente con gli ideali degasperiani”. Ma il primo presidente del Consiglio della Repubblica italiana credeva molto anche nell’idea di un progetto di difesa comune europea, che non ha ancora mai visto la luce. Il Vecchio continente è circondato da uno spazio geopolitico in tensione che dal Caucaso si estende fino all’Africa. “È in questo contesto che l’Europa deve domandarsi che tipo di attore vuole essere nello scacchiere internazionale”, ha ricordato il Presidente. La storia insegna che per essere rilevanti negli scenari globali è fondamentale possedere un sistema di deterrenza. Di conseguenza, il dibattito europeo dovrebbe includere anche il ruolo che l’Unione vuole avere nel campo della difesa all’interno della cornice dell’Alleanza atlantica.

Contro la paralisi cerebrale Nato

“L’ Europa è una costruzione politica dove il sogno della difesa comune non è fine a se stesso, ma è lo strumento essenziale per realizzare lo stesso fine politico europeo” così ha esordito l’ambasciatore Marco Peronaci, Rappresentante permanente d’Italia presso la Nato, ricordando l’attuale rilevanza del pensiero degasperiano. In questo quadro, ha continuato il rappresentante alla Nato, “la Nato è uno strumento di forza europeo”, pertanto diventa cruciale coadiuvare gli sforzi dell’Alleanza con quelli dell’Unione. A questo proposito, è fondamentale che la Nato superi quella che è stata definita una “paralisi celebrale” sostenendo l’impegno di sicurezza globale statunitense attraverso un più forte coordinamento con il G7 e il G7 plus attraverso i security commitments.

Rafforzare la base industriale

Sulla necessità di rafforzare la cooperazione e gli sforzi comuni tra Ue e Nato si è detto d’accordo anche il contrammiraglio Pietro Alighieri, senior advisor del segretario generale della Difesa, sottolineando l’importanza di incrementare la coordinazione industriale tra i Paesi membri. Infatti, secondo l’ammiraglio, “dobbiamo evolvere in una relazione diversa dove industria e difesa vanno a braccetto in un’intima connessione verso il futuro” in modo da raggiungere la desiderata sovranità tecnologica. La Nato, come ricordato da Alighieri, si è già mossa in questo senso attraverso il progetto Diana e il Nato Investment fund, piani essenziali per garantire stabilità e certezza degli investimenti attraverso il supporto alle start-up dual use e gli investimenti in tecnologie deep tech.

Collaborazione pubblico-privata

Rafforzare gli investimenti tecnologici è cruciale anche secondo Walter Renna, ceo di Fastweb, soprattutto a causa di quello che potrebbe essere definito “il paradosso italiano”. Come illustrato dall’amministratore delegato, l’Italia è un Paese soggetto a un numero considerevole di attacchi phishing a causa della scarsa alfabetizzazione tecnologica della popolazione, ma caratterizzato dalla presenza di diverse eccellenze nel settore che però hanno difficoltà a trovare personale specializzato per via del numero ridotto di laureati in discipline Stem. Di conseguenza, secondo il Ceo, il rapporto tra le telecomunicazioni e la Difesa si fa sempre più stretto e un’azienda leader del settore come Fastweb “vuole contribuire alle sfide di difesa italiane” occupandosi di cyber-sicurezza. È quindi fondamentale porre l’innovazione al centro degli sforzi di sicurezza del Paese, attraverso ulteriori investimenti in quantum computing e crittografia.

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