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La persona oltre la cura. Diabete e cronicità al centro di Tutto nella norma

In meno di trent’anni, la prevalenza del diabete in Italia è più che raddoppiata, con conseguenze negative non solo per la salute dei cittadini, ma anche per il Servizio Sanitario Nazionale. Di questo e molto altro si è discusso in occasione del nuovo appuntamento di “Tutto nella norma”, il ciclo di eventi promosso da Fondazione Roche

La corretta gestione delle cronicità come il diabete passa attraverso l’accesso all’innovazione, l’utilizzo delle tecnologie, ma anche e soprattutto per il coinvolgimento attivo dei pazienti e dei caregiver. Una gestione integrata, a tutto tondo, che insieme al Servizio Sanitario Nazionale possa costruire una vera e propria rete di protezione per le persone affette da questa patologia.

Di questo si è parlato durante il secondo appuntamento del 2023 di “Tutto nella norma”, il ciclo di eventi promosso da Fondazione Roche, con la collaborazione di Formiche e Healthcare policy. L’incontro, moderato da Alessandra Micelli, condirettore di Formiche e direttore di Healthcare policy, ha messo a confronto esponenti del mondo accademico, istituzionale, sanitario e associazioni di pazienti che hanno presentato lo stato dell’arte in Italia nella gestione delle cronicità, con particolare focus sul diabete e le prospettive future.

Il contributo della politica

“Bisogna saper osservare la realtà, è da lì che nascono le idee migliori” ha affermato in apertura Giorgio Mulé, Vicepresidente della Camera dei Deputati e primo firmatario della Legge di screening nazionale pediatrico per l’individuazione del diabete di tipo 1 e della celiachia, che si basa su una stretta collaborazione tra istituzioni e operatori del settore. “La politica si è nel tempo impegnata a lasciare spazio agli addetti ai lavori e a chi conosce la materia, per la stesura di questa Legge i clinici, le associazioni dei diabetici e dei celiaci sono infatti stati in prima linea” ha aggiunto il Vicepresidente. “Nella gestione delle patologie croniche, la tecnologia può cambiare la vita – ha continuato – ma non deve mancare anche il supporto umano, rappresentato dall’affiancamento di altre figure pivotali, come gli psicologi e i caregiver”.

Inoltre, i dati che derivano dall’uso della tecnologia sono fondamentali non solo per la scienza, per la ricerca, per le aziende farmaceutiche, per i pazienti e per i caregiver ma, come ha fatto notare Ylenia Zambito, componente della Decima Commissione Affari Sociali del Senato, sono estremamente utili anche per la politica. La costituzione di un Osservatorio (previsto dalla Legge di screening nazionale per l’individuazione del diabete) che mette a disposizione tutti i dati va infatti proprio in questo senso.

Diabete, il ruolo dei caregiver

Il diabete è stato uno degli ambiti nei quali è stata possibile una nuova organizzazione, ha spiegato la presidente di Fondazione Roche, Mariapia Garavaglia, “si tratta di una delle malattie che ha reso davvero partecipe della tecnologia non solo i tecnici, ma anche i caregiver − ha continuato − i pazienti e le loro famiglie diventano persone competenti. Sono coloro che ci tirano la giacca come politici, ma che stanno vicini ai medici e alle aziende perché portano il contributo delle singole esperienze”. Una vera e propria cultura sanitaria accompagnata da un Servizio Sanitario Nazionale che si adegua per rispondere ai nostri bisogni.

Su questo punto illuminante anche la testimonianza di Massimo Ambrosini ex-calciatore, coinvolto in veste di padre caregiver. Ambrosini, intervistato da Francesco Frattini, segretario generale di Fondazione Roche, ha raccontato la sua esperienza e messo in luce l’importanza del coinvolgimento e del supporto dei familiari nel percorso di cura.

L’engagement del paziente nel team di cura

Il diabete colpisce circa il 6,8% della popolazione italiana. Un dato che ci fa riflettere su quanto le patologie croniche siano diffuse e impattino sul nostro Paese per numero di pazienti, caregiver e sostenibilità. A fronte di questi numeri, bisogna agire per migliorare la qualità della vita di queste persone attraverso una gestione efficace, più mirata e centralizzata sul paziente. Per farlo “bisogna mettere i valori e le preferenze individuali dei pazienti al centro delle decisioni di trattamento in modo da supportare e auspicabilmente realizzare gli obiettivi individuali di una salute realistica” ha affermato il Professore di Storia della medicina e di bioetica dell’Università Sapienza di Roma, Gilberto Corbellini.

Il coinvolgimento del paziente è oggi più facile anche grazie alla tecnologia e agli strumenti che permettono di mettere in comunicazione gli stakeholder coinvolti. Ma per farlo “c’è bisogno di una riconfigurazione culturale del sistema di cura, di porre le condizioni affinché questo avvenga in termini di alfabetizzazione sanitaria, di benessere psicologico e di motivazione, ma anche da un punto di vista infrastrutturale e organizzativo” ha spiegato Guendalina Graffigna, professoressa ordinaria di Psicologia dei consumi e della salute e direttore EngageMinds Hub, dell’Università cattolica del Sacro Cuore.

La tecnologia a servizio della cura del diabete

“È fondamentale un approccio olistico e integrato della cura del paziente, raggiungibile attraverso la tecnologia”, ha convenuto Nicola Napoli, professore di Endocrinologia del Policlinico universitario Campus bio-medico e presidente SID Lazio, aiutando così anche i caregiver, prevenendo le complicanze e migliorando la qualità della vita dei pazienti.

L’uso della tecnologia però ha dei limiti che si traducono nella carenza di accesso equo nelle diverse regioni. Il nostro Paese si muove in ordine sparso per quanto riguarda l’avanzamento delle nuove tecnologie. “Alcune regioni sono rimaste ferme a dieci anni fa – ha affermato Raffaella Sommacal, consigliere delegato di AGD Italia e membro del Consiglio direttivo Diabete Italia – non possiamo avere pazienti con patologie croniche di serie A e di serie B, il Ssn deve garantire un accesso equo a migliori cure per tutti”. “Bisogna parlare di investimenti immediati – ha aggiunto – per prevenire le complicanze e ridurre i costi di ospedalizzazione” ha concluso Sommacal.

Massimo Balestri, general manager di Roche Diabetes Care Italy, ha riportato l’attenzione sul fatto che, per essere davvero funzionale, la tecnologia deve far parte di un sistema più complesso che preveda il confronto tra i diversi stakeholder, con lo scopo di lavorare insieme per fornire gli strumenti educativi necessari all’utilizzo dei nuovi dispositivi.

“Il retinografo all’interno delle farmacie può essere utile” ha spiegato Romolo Appolloni, Primario Oculista dell’Ospedale S. Eugenio-CTO di Roma, che ha posto l’accento sull’importanza della collaborazione fra diabetologo e oftalmologo per una gestione integrata del diabete che miri a cure più efficaci, efficienti e sostenibili nel lungo termine.

Il punto di vista dell’industria

Ma la collaborazione è fondamentale anche fra clinici e industria, come ha spiegato Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici: “spesso manca un dialogo efficiente con le istituzioni, che definiscono i modelli attraverso cui i dispositivi arrivano ai pazienti che ne hanno bisogno”. “È necessario che le istituzioni mettano a punto dei sistemi standardizzati per l’erogazione dei dispositivi – ha aggiunto – dialogando di più con l’industria e individuando al meglio quello di cui ha bisogno per garantire ai cittadini le migliori cure senza spreco di risorse”.

Le prospettive per un equo accesso alla cura

In meno di trent’anni, la prevalenza del diabete in Italia è più che raddoppiata, con conseguenze negative non solo per la salute dei cittadini, ma anche per il Servizio Sanitario Nazionale. Fra le ragioni, oltre a cattivi stili di vita e una prevenzione talvolta insufficiente, la carenza di personale e figure sanitarie destinata alla sua gestione, come ha fatto notare Dario Pitocco, direttore dell’Unità Operativa Dipartimentale di Diabetologia della Fondazione Policlinico Gemelli e Professore di Endocrinologia dell’Università Cattolica. Secondo l’analisi di Pitocco, inoltre, il diabete assorbirebbe circa il 10% della spesa sanitaria, più di 150 miliardi l’anno, di cui circa il 54% è rappresentata da costi indiretti: “bisognerebbe trasformare questi costi in investimenti e ridurre le ospedalizzazioni che gravano sull’economia del sistema sanitario”.

Per garantire un accesso equo e abbattere le liste d’attesa, secondo il Direttore U.O.S.D. Diabetologia-Endocrinologia, Asl Roma 5-sede P.O. e Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi del Lazio, Vincenzo Fiore, “sarebbe ideale avere molti più slot disponibili nelle agende Cup e molti più specialisti diabetologi” che possano dedicarsi al percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta), lo strumento più corretto per la gestione della malattia diabetica.

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