Skip to main content

Piano Mattei, la spinta diplomatica che serve. L’opinione di Picchi

Di Guglielmo Picchi

Immigrazione e Africa, la rete diplomatica italiana nel Sahel è insufficiente. L’analisi di Guglielmo Picchi, direttore per le relazioni internazionali del Centro studi politici e strategici Machiavelli, già deputato e sottosegretario agli Esteri durante il governo Conte I

A New York a fine settembre si è svolta l’assemblea generale delle Nazioni Unite a cui l’Italia ha partecipato con un solida delegazione guidata dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il ministro degli Esteri Antonio Tajani. L’Italia ha posto con enfasi il tema dell’Africa e delle migrazioni, rilanciando la necessità di un grande “Piano Mattei”, inteso come progetto di partenariato e sviluppo per il continente africano con l’obbiettivo dichiarato di salvaguardare il “diritto a non emigrare” delle popolazioni africane.

Da mesi di fronte a sbarchi sempre più numerosi e un fenomeno che pare inarrestabile i principali analisti si chiedono quale siano i contenuti e le risorse del Piano Mattei per l’Africa proposto dal governo Meloni e che dovrebbe poi nelle aspettative italiane essere adottato dalla Unione Europea. Quali che siano le risorse e i contenuti per il Centro studi Machiavelli c’è un presupposto  imprescindibile al successo di un Piano Mattei o di qualsiasi altro piano di sviluppo in Africa: la consistenza della rete diplomatica italiana nel Sahel. Rafforzarla rappresenta una priorità strategica, in ambito di gestione e prevenzione dei flussi migratori e rispetto alla recrudescenza del contesto di sicurezza, permeato dalle minacce terroristiche e dell’estremismo violento, e una generale instabilità politica dovuta anche ad interferenze di attori esterni che hanno la finalità di destabilizzare il vecchio continente con flussi migratori sempre più massicci e alla lunga non sostenibili. Diventa quindi decisivo capire la natura e la consistenza della rete diplomatica italiana nel Sahel allargato.

La rete diplomatica tricolore nel Sahel

Attualmente, considerando come Sahel l’intera fascia africana a cavallo della fascia fra tropico del Cancro ed Equatore, si prospetta il seguente quadro, alquanto lacunoso, in termini di risorse dirigenziali della filiera del ministero degli Esteri (MAECI) – come da fonti opensource e quindi pronti a rettificarle in caso di inesattezze.

Mauritania: dal 2014 il paese è seguito dall’Ambasciata d’Italia a Rabat (Marocco), ove lavorano quattro funzionari diplomatici.

Mali: la sede a Bamako è operativa solo dal 1° dicembre 2020 e, nonostante la centralità geopolitica del Paese in chiave anti-terrorismo e prevenzione dei flussi migratori, può contare unicamente sulla presenza del Capo Missione e di una unità a contratto; da qui il concetto di “laptop diplomacy”, a fronte però di priorità strutturali che consiglierebbero una copertura maggiore, come testimoniato peraltro dalla perdurante vacanza del posto di Funzionario Vicario.

Burkina Faso: analogamente, l’ambasciata ad Ouagadougou è operativa dal febbraio 2018 e vi svolge servizio solo il Capo Missione (del grado di Consigliere d’Ambasciata), coadiuvato unicamente da un assistente amministrativo dei ruoli del MAECI e da una sola unità a contratto a legge locale, in costanza della vacanza del posto da Vicario Ambasciatore.

Niger: Anche a Niamey la dirigenza diplomatica è rappresentata unicamente dall’Ambasciatore, sprovvisto tuttora dell’ausilio di un Funzionario Vicario (potendo contare su un organico ridotto a quattro contrattisti locali). L’Ambasciata a Niamey ospita anche un Addetto militare.

Nigeria: La Missione ad Abuja conta su 2 diplomatici (con ruolo di Vicario coperto) ma è gravata dagli oneri scaturenti dagli accreditamenti secondari a Porto Novo (Benin) e presso l’ECOWAS/CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale), prospettandosi quindi l’opportunità per rafforzare l’organico in termini di distacco permanente di un funzionario a livello multilaterale e/o in Benin.

Ciad: In assenza di un ambasciatore residente a N’Djamena, il Capo Missione a Yaoundé (Camerun) ha un accreditamento secondario in quel Paese. Tuttavia, giova notare come l’Ambasciata a Yaoundé soffra di carenze di personale (in servizio solo il Capo Missione, del grado di Consigliere di Ambasciata, coadiuvato da tre aree funzionali), a fronte di accreditamenti secondari, oltre che in Ciad, anche a Malabo (Guinea Equatoriale) e Bangui (Repubblica Centrafricana). Anche in questo caso, si registra la perdurante vacanza del posto di Vicario dell’ambasciatore.

Senegal: La Sede a Dakar conta su un maggiore contingente di diplomatici (3) a fronte però di accreditamenti secondari in tre capitali: Banjul (Gambia), Cidade de Praja (Capo Verde) e Bissau (Guinea Bissau).

Sudan: La Sede a Khartoum, evacuata il 24 aprile 2023, assieme ai connazionali presenti in, conta su due diplomatici ed attualmente opera da Addis Abeba (Etiopia). In quest’ultima Sede lavorano invece 5 diplomatici, a fronte di accreditamenti secondari a Gibuti, Juba (Sud Sudan) e IGAD (Inter-Governmental Authority on Development).

Eritrea: La sede ad Asmara, con due diplomatici ed in costanza delle attuali previsioni di organico della rete, non registra vacanze nella filiera appunto dirigenziale.

Kenya: Stessa cosa dicasi per Nairobi, ove svolgono servizio tre diplomatici, chiamati tuttavia a gestire accreditamenti secondari presso UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), UN HABITAT (Programma delle Nazioni Unite per gli Insediamenti Umani) e Port Victoria (Isole Seychelles).

Somalia: A Mogadiscio, prestano servizio due diplomatici e vi è vacanza per il posto di terzo funzionario.  La Sede ospita un’Addettanza militare.

La prima considerazione alla luce di questo quadro è quella di una ridottissima presenza numerica di diplomatici di carriera, una costante assenza di vice-Capo Missione e ridotto personale amministrativo, riassumibile nel concetto di “ambasciatore senza ambasciata”. Qui si inserisce un ulteriore elemento che va profondamente analizzato ovvero i motivi dell’assenza dei giovani diplomatici nel Sahel che non sono solo legati alla pianta organica ma piuttosto alle aspettative di carriera.

L’assenza di giovani diplomatici nel Sahel

La cronica vacanza dei posti da Vicario di Ambasciatore nei Paesi della fascia Sahel / Africa Sub-sahariana (riservati, da ordinamento, a giovani Secondi Segretari in prima uscita e a Primi Segretari in seconda sede) è connessa ad una struttura di gestione delle risorse umane del MAECI non ottimale.

Tre sono i motivi di tale carenza:

  • Percezione che la piccola sede non sia utile per la carriera: i giovani diplomatici ritengono un prolungamento della loro permanenza a Roma come più utile per una futura assegnazione presso sedi di maggiore dimensione, percepite come di prestigio e con un capo missione più “forte” ai fini dell’ottenimento di valutazioni della performance strumentali a “scorrimenti” di carriera.
  • Limitazione al contingente dei Segretari di Legazione: le prospettive di breve-medio periodo indicano importanti difficoltà di scorrimento perfino verso il successivo grado di Consigliere di Legazione, stante il prossimo esaurirsi del contingente di posti in quel grado. Infatti, sono ora in servizio 192 Consiglieri di Legazione a fronte di un contingente massimo da organico pari a 261 unità. Il trend di assunzioni annuali di circa 50 Segretari di legazione andrà evidentemente a scontrarsi con un “collo di bottiglia” dato dal suddetto contingente in esaurimento.
  • Responsabilità sproporzionata all’esperienza nelle piccole sedi: rispetto al servizio presso una grande ambasciata, l’assunzione di funzioni vicarie presso piccole ambasciate sub-sahariane comporta notevolissimi profili di responsabilità in materia civile, amministrativa e penale, cui il giovane diplomatico è obbligato ad accedere spesso senza la necessaria, previa formazione.

Le gravi carenze di personale potranno essere mitigate in maniera solo parziale dalle recentissime assunzioni di più di 700 unità della Seconda Area Funzionale, auspicabilmente da indirizzare in tempi operativi verso i teatri diplomatico-consolari prioritari. Invero, tali profili non potranno essere preposti ad incarichi di particolare responsabilità.

Possibili azioni correttive

Il quadro descritto pone in rilievo criticità significative nella gestione delle risorse umane nel settore diplomatico italiano, in particolare riguardo alla distribuzione e alle aspettative dei giovani diplomatici assegnati nelle regioni Sahel e sub-sahariana. Di seguito sono delineate alcune possibili linee di intervento per affrontare queste questioni.

Interventi a breve termine:

  • Valorizzazione delle posizioni in sedi periferiche: il consiglio di amministrazione della Farnesina dovrebbe valorizzare maggiormente il servizio reso in sedi considerate periferiche o complesse, assegnando punteggi più elevati in fase di valutazione della performance, al fine di incentivare la scelta di queste destinazioni da parte dei giovani diplomatici.
  • Formazione specifica: garantire una formazione adeguata e specifica per i diplomatici destinati a ricoprire ruoli di responsabilità nelle piccole ambasciate, in modo da prepararli adeguatamente agli incarichi che dovranno svolgere, anche in materia di sicurezza.

Interventi a medio termine:

  • Rivisitazione delle politiche di carriera: rivedere le politiche di carriera per rendere più attraente il servizio nelle sedi africane e saheliane, ad esempio introducendo incentivi economici o percorsi di carriera accelerati per coloro che scelgono di servire in queste regioni.
  • Incentivi Economici: riconsiderare e potenziare gli incentivi economici per il servizio nelle sedi africane, al fine di compensare adeguatamente i rischi e le responsabilità accollate al personale diplomatico in queste sedi.

Interventi a lungo termine:

  • Modifiche normative: lavorare per apportare le necessarie modifiche legislative e regolamentari per consentire un ampliamento della pianta organica, non solo al grado di Ministro, ma anche di Consigliere di Ambasciata, al fine di garantire una copertura adeguata delle posizioni disponibili.
  • Ampliamento dell’organico: prevedere un effettivo ampliamento dell’organico diplomatico, per assicurare una presenza più robusta e diffusa in Africa e nel Sahel, senza sovraccaricare il singolo diplomatico di responsabilità e ruoli.
  • Programmi di sviluppo di carriera: creare programmi di sviluppo di carriera chiari e trasparenti, che riconoscano e premiano il servizio reso nelle sedi africane e saheliane, al fine di incentivare la scelta di queste destinazioni e favorire la retention del personale in queste sedi.

Conclusioni

La risoluzione di queste criticità richiederà uno sforzo congiunto da parte di tutte le istituzioni coinvolte, nonché un impegno a lungo termine per riformare e migliorare la gestione delle risorse umane nel settore diplomatico, al fine di assicurare una presenza italiana efficace e sostenibile nelle regioni africane e saheliane, fondamentale per il successo del “Piano Meloni/Mattei per l’Africa” e per la realizzazione degli obiettivi di politica estera italiana.

In conclusione l’attuale situazione del MAECI è estremamente carente sia dal punto di vista numerico che da quello dei profili di carriera e anche da quello della formazione specializzata, risultando non idoneo a sostenere un Piano Meloni/Mattei per l’Africa.

L’articolo è stato pubblicato per la prima volta sul sito del Centro studi politici e strategici Machiavelli



×

Iscriviti alla newsletter