Amedeo La Mattina, che dopo le esperienze con Ansa, La Stampa e La Repubblica oggi scrive analisi politiche per Linkiesta, ha pubblicato “Metamorfosi Giorgia” (Linkiesta Books). L’estratto che pubblichiamo parte dalla dichiarazione congiunta diffusa dopo l’incontro allo Studio Ovale tra Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, e Joe Biden, presidente degli Stati Uniti
Nel lunghissimo joint statement diffuso dopo l’incontro nello Studio Ovale si legge che «gli Stati Uniti e l’Italia si impegnano a rafforzare consultazioni bilaterali e multilaterali sulle opportunità e le sfide poste dalla Cina». Nessun riferimento diretto alla Belt&Road Initiative. Certe cose non si dicono esplicitamente, ma è scontato che [Giorgia] Meloni abbia promesso di sciogliere il vincolo con Pechino, anche se in maniera soft.
Meloni eredita un meccanismo di scadenza infelice: rinnovo automatico salvo disdetta tre mesi prima. Visto che i cinque anni scadono a marzo del 2024, la corda va tagliata entro dicembre 2023. La premier sa benissimo che ci potranno essere ritorsioni da parte della Cina, ma sa anche che ce ne sarebbero altrettante da parte di Washington se quel legame non venisse reciso. [Joe] Biden non ha chiesto a Meloni una rescissione totale, immediata e soprattutto annunciata dalla Sala Ovale. È ben consapevole che il distacco deve essere morbido, avendo però chiaro – e la premier italiana lo sa bene – che la direzione di marcia è la disdetta del memorandum. Il punto è come ridurre i danni, modulare i tempi, evitare di danneggiare i rapporti con Pechino, che rimane un partner inevitabile. Questione non facile da gestire.
«È nell’interesse nazionale avere relazioni con la Cina, che non necessariamente dipendono dagli accordi che abbiamo fatto in passato. Noi siamo l’unica nazione che sta nella Via della Seta tra i Paesi del G7 e tra i Paesi europei, ma non siamo la nazione che ha i migliori dati di interscambio commerciale con la Cina», ha detto Meloni nelle interviste televisive dopo l’incontro con Biden. Infatti l’export italiano è cresciuto in misura minima, sicuramente meno di quello della Francia e della Germania che non hanno aderito alla Via della Seta.
Per Giuseppe Conte, l’Italia è succube di Washington. Per Meloni si tratta invece di un realistico allineamento euro-atlantico, anche in vista della presidenza italiana del G7. Non è affatto un caso che nello joint statement si legga che gli Stati Uniti «non vedono l’ora che nel 2024 inizi la guida italiana del G7». Ma il paradosso per chi vuole frenare il Green Deal europeo è il riferimento agli obiettivi del G7: aumentare «gli sforzi per accelerare la transizione verde» e affrontare «le più pressanti sfide globali, inclusa la crisi climatica». Da qui l’impegno ad affrontare una «minaccia esistenziale», limitando l’aumento medio della temperatura entro 1,5 gradi nel prossimo decennio.
Meloni vende l’immagine dell’Italia all’estero. Anche questo fa parte dell’interesse nazionale, certo. È necessario fare i conti con l’inquilino pro tempore della Casa Bianca, ovvio. Le contorsioni dialettiche e diplomatiche fanno parte delle metamorfosi, forse momentanee. I pretoriani della Fiamma dovranno farsene una ragione, gli elettori pure. Alla fine contano i risultati. Ed è quello che la premier ribadisce spesso: i conti si fanno a lungo termine, le scelte di oggi si prendono guardando al futuro, non al consenso immediato. In un lasso di tempo che Salvini quantifica in «cinque più cinque», ovvero lo spazio di due legislature.
Vedremo quali saranno i risultati. Finora scarseggiano in politica interna. E per quello che riguarda la politica estera bisognerà vedere come voteranno gli americani nel 2024. Se [Donald] Trump dovesse malauguratamente vincere, sarà difficile per la premier fare salti mortali all’indietro.
La campagna elettorale del miliardario insurrezionale, iniziata con accuse grottesche a persecuzioni naziste e staliniste, è imbarazzante per tutto il centrodestra italiano. I Repubblicani vogliono tagliare i finanziamenti a Volodymyr Zelensky. Allinearsi alla follia trumpiana, alle pulsioni anti-europee e anti-ucraine, significherebbe per Meloni un tragico epilogo.
Scommettiamo che nel 2024 Meloni non farà un endorsement a Trump?