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Tutte le strade portano al Qatar? Mossad in missione

Il capo dell’agenzia, David Barnea, è stato a Doha nei giorni scorsi. Ad accompagnarlo c’era il suo predecessore, Cohen. Sono stati compiuti progressi sui 235 ostaggi, ma non c’è ancora un accordo. Ecco perché l’emirato può mediare tra Israele e Hamas

David Barnea, capo del Mossad, è stato in Qatar nel fine settimana per discutere del rilascio dei 235 ostaggi israeliani e non nelle mani di Hamas nella Striscia di Gaza. A rivelarlo è Axios. Durante le discussioni, avvenute dopo che le Forze di difesa israeliane avevano già iniziato la loro operazione di terra a Gaza, sono stati compiuti progressi, ma non è stato raggiunto alcun accordo. Con lui c’era anche, secondo quanto rivelato dall’emittente pubblica israeliana Kan, Yossi Cohen, il suo predecessore alla guida dell’agenzia d’intelligence, che in questi giorni è particolarmente attivo per la liberazione degli ostaggi e che può vantare ottimi rapporti a Doha.

Il Qatar, che ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele dopo l’operazione Piombo fuso del 2008-2009, si sta ritagliando sempre più spesso un ruolo da mediatore in numerose crisi globali. Dopo l’assalto del 7 ottobre sta lavorando sfruttando la sua ambiguità di major non-Nato ally e Paese che ospita la leadership di Hamas e gli fornisce la piattaforma diplomatica. Nei giorni scorsi Tzachi Hanegbi, consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro Benjamin Netanyahu, aveva scritto su X che il Qatar sta diventando “un interlocutore essenziale nella facilitazione delle soluzioni umanitarie” e i suoi sforzi diplomatici “sono cruciali in questa fase.

Ieri Antony Blinken, segretario di Stato americano, ha avuto un colloquio con Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar. Blinken, ha spiegato il dipartimento di Stato, ha “rinnovato i suoi ringraziamenti al governo del Qatar per il lavoro svolto per garantire il rilascio di cittadini statunitensi e stranieri da Gaza, la liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas, tra cui due cittadini americani, e i continui sforzi per evitare che il conflitto si allarghi”. Anche Guido Crosetto, ministro della Difesa italiano, ha evidenziato che “molti Paesi, in primis il Qatar, si stanno adoperando perché Hamas dia un segnale liberando gli ostaggi: ciò aiuterebbe la comunità internazionale che sta cercando di diminuire l’escalation. Mi auguro che sarà possibile, ma a oggi, con l’occupazione in corso, è sempre più difficile”, ha detto il ministro ospite della puntata di “Cinque minuti” su Rai 1.

Nei giorni scorsi Cohen aveva sottolineato il ruolo del Qatar, assieme a quello dell’Egitto. Il Qatar “conosce le condizioni degli ostaggi. Noi”, cioè Israele, “lo sappiamo, e anche gli Stati Uniti”, aveva spiegato in un’intervista rilasciata a Channel 11 riconoscendo esplicitamente che il Qatar sia a conoscenza dei rapimenti di israeliani da parte di Hamas e lasciando intendere che lui e altre figure in Israele stavano dialogando con Doha. Serve un’efficace intermediazione, aveva continuato parlando del ruolo del Qatar dopo il massacro del 7 ottobre da parte di Hamas. “Siamo in una situazione in cui, per rilasciare o ricevere tutti gli ostaggi, sono fondamentali intermediari efficaci”, aveva dichiarato, aggiungendo che Israele ne ha bisogno in questi momenti. “In questo momento sarei dell’idea di astenermi dal criticare il Qatar” come Paese e il suo rapporto con Hamas, aveva concluso.

Non mancano però le difficoltà. Haaretz, giornale israeliano molto critico verso Netanyahu, ha pubblicato un duro articolo in cui Ronit Marzan, ex funzionaria dell’intelligence oggi docente all’Università di Haifa, attacca il governo di aver commesso “un errore quando ha pensato che i soldi inviati dal Qatar a Gaza avrebbero tenuto sotto controllo Hamas”. “I leader del mondo libero devono chiedere al Qatar di scegliere: si comporterà come un Paese responsabile che cerca la pace o rimarrà parte dell’asse del male, creando caos e terrore”, si legge. E ancora: “Per quanto riguarda il rilascio degli ostaggi, è sbagliato leccare i piedi a un Paese che ha il sangue di persone assassinate sulle sue mani. Invece, dobbiamo assicurarci che gli Stati Uniti, che hanno la più grande base militare in Medio Oriente in Qatar, dicano chiaramente quello che possono perdere”.

C’è una sottolineatura necessaria. Non è tanto ordinario che l’ex capo del Mossad accompagni il suo successore in una missione e che, ancor meno ordinario, la notizia venga diffusa. È vero, la situazione è particolarmente complessa. Ma la notizia rimane eccezionale. Secondo alcuni potrebbe essere un ulteriore indizio delle ambizioni politiche di Cohen.

(Nella foto, da sinistra: David Barnea, Benjamin Netanyahu e Yossi Cohen)


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