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Non possiamo frenare l’IA. Il monito di Younger, ex capo di MI6

La tecnologia sarà sfruttata dagli Stati ostili per minare le nostre democrazie, dice il più longevo direttore dell’agenzia d’intelligence britannica. Tutti vogliamo un’Intelligenza artificiale etica ma la prudenza può uccidere l’innovazione e consegnarci in mani nemiche

Chi non vuole un’Intelligenza artificiale etica? Attenzione, però, a non essere troppo prudenti, cioè a non rinviare l’introduzione della nuova tecnologia finché non abbiamo dimostrato che non ha alcun rischio associato. Altrimenti, si realizzerà “il rischio più grande di tutti, ovvero che non avremo un ecosistema di innovazione e finiremo per affidarci a beni e servizi forniti da un sistema avversario” rimanendo senza “né privacy né sicurezza”. A parlare è sir Alex Younger, il più longevo capo del Secret Intelligence Service (o MI6), l’agenzia d’intelligence britannica che ha guidato dal 2014 al 2020. Le sue parole suonano molto britanniche, visto che il Regno Unito, a differenza di Stati Uniti e Unione europea, ha recentemente ribadito la volontà di astenersi dalla regolamentazione del settore.

“Siamo tutti genitori e cittadini”, ha detto Younger al Times di Londra. “Posso capire che, data la storia europea del XX secolo, la brutalità e il fatto che metà del continente ha vissuto sotto autocrazia e tirannia, ci concentreremo sulla privacy”. Tuttavia, la sfida è troppo grande e i tempi sono troppo stretti per aspettare. “Bruxelles deve mettere la sicurezza nazionale al centro della discussione”, ha spiegato sottolineando i vantaggi che un approccio precauzionale potrebbe regalare alla Cina. La quale potrebbe sfruttare l’Intelligenza artificiale per minare l’Occidente. Questa tecnologia, infatti, permette di generare disinformazione e mettere in campo campagna di influenza a basso costo e alta resa, come avvertono l’ultimo rapporto annuale dell’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza suonando la sveglia in vista delle prossime elezioni per il Parlamento europeo e l’ultima relazione annuale del National Cyber Security Centre, la struttura britannica per la sicurezza informatica incardinata all’interno del Government Communications Headquarters, agenzia per la signals intelligence.

Per comprendere le potenziali minacce, ha spiegato Younger, è fondamentale riconoscere che la sfida è asimmetrica: “Agli autocrati non interessa la verità. Al contrario, è un rischio. Per questo la disinformazione non è un problema in Cina. Lì il governo dice cos’è vero e cosa no. In Occidente, la verità è una parte fondamentale del nostro dibattito, quindi minarla rappresenta una particolare vulnerabilità. L’Intelligenza artificiale può essere il punto in cui questa viene industrializzata così da rappresentare un vero e proprio grattacapo”.

Secondo Younger, che rilancia un dibattito molto acceso anche negli Stati Uniti, l’Occidente deve accelerare nella ricerca e riformare i propri servizi di intelligence per sfruttare i progressi compiuti dal settore privato, in particolare con le aziende che raccolgono e analizzano l’intelligence open-source. “Le tecnologie hanno democratizzato l’accesso a capacità di cui avremmo avuto il monopolio cinque o dieci anni fa. Ho imparato che il settore privato, opportunamente sfruttato, è forse la nostra risorsa più importante in assoluto”, ha spiegato. La human intelligence “è potenziata dall’uso eccellente delle nuove tecnologie. Ma per me la cosa che ci terrà al sicuro è una partnership che faccia emergere il meglio del nostro sistema di valori. Penso che la cosa che stiamo vedendo ora è che la tecnologia è investita nel futuro della democrazia liberale”, ha proseguito. Se la raccolta di informazioni ”può essere fatta dal settore privato, allora dovrebbe esserlo. Penso che troppo spesso gli Stati si siano rivolti al settore privato come ultima risorsa”, ha concluso, definendo indispensabile che non vengano introdotte restrizioni che possano ostacolare la ricerca, visto che non saranno applicate da autocrati e regimi dispotici.


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