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Firenze, Europa. I dilemmi elettorali (e non solo) del governo

Il Carroccio si prepara a scaldare i motori per la campagna elettorale delle Europee: lo farà domenica 3 dicembre dalla Fortezza da Basso, tra le cui possenti mura è atteso il gotha del sovranismo del Vecchio continente, dalla leader della Fiamma tricolore francese Marine Le Pen alla segretaria dell’ultradestra tedesca dell’AfD Alice Wiedel passando per Geert Wilders. Kermesse alla quale Fratelli d’Italia non parteciperà. Niente di strano…

Chissà se lo sa che Wilders era l’assistente di Bolkenstein a Bruxelles. Chissà se Matteo Salvini è a conoscenza del fatto che l’amico Geert scriveva i discorsi al più acerrimo tra i nemici dei nostri patriottici balneari. E chissà se in via Bellerio qualcuno si ricorda che tre anni fa il premier olandese in pectore minacciava “neanche un centesimo all’Italia” durante i negoziati per il Recovery Fund.

A guardare l’elenco degli invitati alla kermesse di Firenze sembrerebbe proprio di no. Forse si confondono con Gene Wilder, il Willy Wonka di Mel Stuart, il doctor Frankenstein (si pronuncia “Frankenstin!”) di Mel Brooks. Ma tant’è. Il Carroccio si prepara a scaldare i motori per la campagna elettorale delle Europee: lo farà domenica 3 dicembre dalla Fortezza da Basso, tra le cui possenti mura è atteso il gotha del sovranismo del Vecchio continente, dalla leader della Fiamma tricolore francese Marine Le Pen alla segretaria dell’ultradestra tedesca dell’AfD Alice Wiedel passando, appunto, per Geert Wilders.

Kermesse alla quale Fratelli d’Italia non parteciperà. Niente di strano. Perché la premier Meloni non ha ancora sciolto il doppio dilemma carpiato su alleanze (sovranisti o popolari?) e candidatura: esporsi in prima persona per tirare la volata al partito rischiando di perdere la faccia per conto di Abascal e Morawiecki, o no? Andrea Cangini, qui su Formiche.net, suggerisce correttamente di no. Però è pur sempre la presidente dei Conservatori e Riformisti, e poi non candidarsi significherebbe lasciare il campo libero alle scorribande elettorali di Lega e Forza Italia.

Nel dubbio, meglio tergiversare. Di alternative, peraltro, ce n’è a bizzeffe: Raffaele Fitto, che con l’Europa un feeling collaudato da anni di lavoro sul campo, o Francesco Lollobrigida, che lascerebbe l’Agricoltura per prendere il treno (sperando sia in orario) per Bruxelles, ma anche Adolfo Urso o Gennaro Sangiuliano. Certo, verrebbe meno la promessa più volte ribadita di chiudere la legislatura senza neanche un rimpasto: ma tanto, se davvero – come scrive Carmelo Caruso sul Foglio – Forza Italia è intenzionata a immolare sull’altare comunitario Pichetto e Zangrillo in nome del riequilibrio interno delle correnti, lo scrupolo della premier si rivelerebbe comunque superfluo.

Proprio a Firenze, tra parentesi, martedì prossimo il direttore degli Uffizi Eike Schmidt riceverà la cittadinanza italiana. Cosa c’entra, si dirà? C’entra, c’entra. Perché il plenipotenziario uscente del museo italiano più amato al mondo (fonte American Art Awards) potrebbe essere il prossimo candidato del centrodestra per la corsa a Palazzo Vecchio. Archiviata l’ipotesi Batistuta, è sul “bomber” di Friburgo che la maggioranza punterebbe dunque per la poltrona di sindaco del capoluogo toscano. Male che va, Schmidt potrà sempre andare a guidare Capodimonte, altro tassello chiave nel risiko dei musei. Sperando che alla fine ne venga fuori un capolavoro di Realismo e non un dripping di Jackson Pollock.



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