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Il forum sul “dual use” è un asset per il Paese. L’opinione dell’avv. Porchiazzo

Di Gianpaolo Porchiazzo

Si è svolta questa settimana la prima edizione del Forum italiano sul controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso. Il punto di vista dell’avvocato Gianpaolo Porchiazzo, EU managing director della European sanctions and export control society

Si è svolta questa settimana alla Farnesina la prima edizione del Forum italiano sul controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso. Organizzato dall’autorità nazionale Uama, competente per il controllo delle esportazioni nel settore dei beni e delle tecnologie a duplice uso, del regime anti tortura e delle misure sanzionatorie dell’Unione europea, in collaborazione con Assonime (Associazione fra le società italiane per azioni), l’evento ha visto la partecipazione di rappresentanti di elevato profilo delle istituzioni (Agenzia dogane e monopoli, Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Mimit, Stato maggiore della Difesa), dell’industria, del mondo accademico e della ricerca.

Il forum è un asset per il Paese. Fondamentalmente possiamo declinare l’affermazione su tre verticali.

La prima, la definiremo di “consapevolezza passiva”: già considerando l’agenda dei lavori che ha previsto l’esame e l’approfondimento di temi cruciali per un Paese, trattando infatti, unitamente a testimonianze chiave dei rappresentanti istituzionali sopra richiamate,  del quadro geopolitico internazionale in cui opera il sistema di controllo delle esportazioni, i pacchetti sanzionatori adottati dal legislatore europeo in relazione al conflitto russo-ucraino, l’evoluzione della normativa di riferimento, unionale e nazionale, il sistema elettronico per il rilascio delle licenze di esportazione (e-licensing), i prossimi sviluppi nel settore dei controlli delle esportazioni relativi alla ricerca e alle tecnologie emergenti. La conoscenza e conoscibilità del contesto normativo e tecnico in cui il tessuto industriale del nostro Paese può operare, è un fattore preliminare e chiave per interpretare al meglio l’ asse industria-istituzione, determinando così logiche di esportazione di eccellenze nostrali sempre più “accompagnate” per lo sviluppo dei piani industriali aziendali, sia come fattore attrattivo per un flusso di importazioni che non determinino anelli deboli per una resilienza dell’ecosistema nazione, sia ai fini della sicurezza nazionale e reputazione istituzionale.

La seconda, potremmo definirla di “consapevolezza attiva”: la numerosa platea, l’effetto mediatico nonché e soprattutto i contenuti espressi in tale evento, ha determinato già dalla denominazione numerica del forum (“Primo”) un fattore psicologico e industriale di prospettiva, di percorso e di orizzonte. Se uniamo tale lettura all’elemento di composizione degli attori – sia al tavolo relatori sia in platea (entrambe da definire attori in senso pieno) – con cui intraprendere questo cammino, si comprende la strategicità ed essenzialità di un momento di successo non solo istituzionale e cerimoniale, ma di contenuto strutturato per una politica estera e sviluppo del made in Italy qualitativamente e strategicamente solido, maturo e tattico per un posizionamento interno ed esterno delle politiche commerciali e sulla sicurezza. D’altra parte, ciò non può che trovare solenne conferma nel comunicato stampa della Farnesina dove la “forma mediatica” diventa più che mai una sostanziale bussola e navigatore.

Già ad agosto su queste pagine si narrava sulla necessità di supportare l’industria perché non navigasse in un mare normativo e geopolitico in continua evoluzione senza la piena consapevolezza di un quadro di supporto per aiutare a migliorare la conformità alle sanzioni multilaterali e i controlli sulle esportazioni, fornendo un solido approccio, di base uniforme, alla conformità basata sul rischio, sulla consapevolezza di programmi di compliance interni e per le esportazioni resilienti, la conoscenza piena di prodotti e servizi dual use per aiutare le aziende e le loro catene di approvvigionamento a identificare le minacce, mitigare il rischio di controllo da parte dei governi e proteggere sicuramente anche la reputazione aziendale. Si auspicava altresì, per garantire la conformità del commercio non solo nazionale, ma come elemento di quello globale, esprimere la volontà di collaborare con gli stakeholder di riferimento, senza sovrapposizioni per determinare un fondamentale momento in cui le aziende e i Paesi possano perseguire la costante ottica del continuo miglioramento sul come condurre il business dal punto di vista della compliance, spingendo soprattutto l’ottica della cultura volta a creare e migliorare altresì le giuste dinamiche tra pubblico e privato e con le migliori sinergie da ricercare col mondo accademico.

La terza verticale, infine. Il forum, nella sua eccellenza organizzativa e presenza istituzionale, industriale e accademica, ha senz’altro posto una pietra miliare su un binario ad alta velocità e con una tempistica puntuale. Sicuramente un’iniziativa necessaria dove il parlare di adozione delle best practice si è trasformato nell’essere l’evento stesso la best practice.

Ad maiora.


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