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Diabete, la prevenzione che non c’è (e che si potrebbe fare). Scrive Giorgio Mulé

Di Giorgio Mulé

A novembre 2022 è stato presentato un progetto di legge, approvato in soli dieci mesi, per istituire uno screening nazionale pediatrico per individuare il diabete di tipo 1 e la celiachia in tutti i ragazzi da 0 a 17 anni. Nella Giornata mondiale del diabete, il vice presidente della Camera dei deputati, Giorgio Mulé, ricorda come la prevenzione faccia bene sia ai pazienti sia alla sostenibilità

Quando si tratta di salute la prima cosa a cui tutti pensiamo è alla guarigione. Ma, sembra banale dirlo, è meglio non ammalarsi piuttosto che guarire. Fortunatamente, nel corso dell’ultimo decennio, la parola prevenzione ha iniziato a farsi largo anche tra i non addetti ai lavori. Però nel nostro sistema sanitario così come anche a livello globale, il tema della prevenzione non è ancora entrato a pieno titolo tra le modalità di gestione ordinaria della salute. L’Italia spende ogni anno oltre 120 miliardi di euro per la sanità, di cui meno dell’1% è utilizzato per la prevenzione; due dati che spiegano meglio di fiumi di parole quanto sia necessario investire per evitare di ammalarsi, una scelta che oltre a far bene a ciascuno di noi fa bene anche allo Stato, che risparmia e può destinare quei fondi ad altre politiche necessarie ai cittadini.

La nuova legge

Ecco perché a novembre del 2022 è stato presentato un progetto di legge per istituire uno screening nazionale pediatrico volto a individuare il diabete di tipo 1 e la celiachia in tutti i ragazzi da 0 a 17 anni. Una proposta che è stata accolta con entusiasmo da tutti i deputati e i senatori, senza distinzione di appartenenza politica; proprio grazie a questa straordinaria concordia istituzionale è stato possibile arrivare all’approvazione della legge in tempi da record: dieci mesi. Entrambi i rami del Parlamento hanno votato all’unanimità per far entrare a pieno diritto nel nostro sistema sanitario un incredibile strumento di prevenzione per i nostri ragazzi. Infatti il diabete di tipo 1 e la celiachia sono due malattie insidiose e molto spesso ignorate da chi ne è affetto, fino a quando non si manifestano in modo travolgente come nel caso della chetoacidosi, che può portare alla morte dei diabetici, o con i tumori, cui sono maggiormente esposti i celiaci.

Importanza degli screening

Per questo lo screening del diabete di tipo 1 è così importante, poiché nelle persone identificate è possibile realizzare un monitoraggio per la diagnosi precoce e la prevenzione della chetoacidosi come manifestazione di esordio e al tempo stesso considerare interventi mirati alla prevenzione, di cui oggi si può intravedere la possibilità nel medio-lungo termine. A ciò si aggiunga il fatto che non si tratta di una patologia rara, dal momento che solo nel nostro Paese, attualmente, c’è una nuova diagnosi di diabete di tipo 1 nei bambini ogni tre giorni.

Diagnosi più veloci

Per quanto riguarda la celiachia, invece, circa il 50% di coloro che ne sono affetti non ne sono a conoscenza. Il test diagnostico per la celiachia è svolto ricercando nel sangue la presenza di autoanticorpi anti-transglutaminasi, i quali hanno un’elevata sensibilità e, di conseguenza, hanno un ottimo valore predittivo. Pertanto, lo screening condotto su questi anticorpi è in grado di identificare persone affette da celiachia, sia sintomatiche che asintomatiche, con mesi o anni di anticipo sulla eventuale e non scontata diagnosi clinica successiva. La mancata o ritardata diagnosi di celiachia comporta, oltre ai classici disturbi gastrointestinali, anche altre complicanze legate al malassorbimento, come una possibile compromissione della crescita, della mineralizzazione ossea, ma quel che è più grave, un aumento di alcuni tumori come l’adenocarcinoma intestinale e il linfoma non-Hodgkin.

La prevenzione al centro

Questa legge è quindi un primo, piccolo passo verso politiche sanitarie che mettano al centro la prevenzione piuttosto che la cura, ma considerando l’ampia platea dei soggetti destinatari di questi screening sicuramente sarà un ottimo termometro per verificare sul campo l’efficacia di tale approccio. I risultati che ne deriveranno saranno esaminati con estremo interesse non solo dal nostro ministero della Salute ma anche da quelli di molti altri Paesi, dal momento che l’Italia è la prima nazione al mondo ad aver adottato uno strumento così innovativo.

Articolo pubblicato su Healthcare policy n. VIII 

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