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Giovani bloccati, ripartire da scuola, cultura e Mezzogiorno. Il libro di Magri e Pastore

Sani

Per sbloccare questa gioventù inchiodata, c’è l’idea concreta di un Mezzogiorno diverso e un ruolo ancor più incisivo delle politiche europee: partendo da famiglie e imprese. Spunti dal libro “Gioventù bloccata”

Nell’epoca in cui la democrazia ha permesso uno sviluppo incredibile sul piano economico, tecnologico, sociale c’è, tuttavia, chi individua nei passaggi generazionali tra scuola e lavoro difficoltà che in altri momenti della storia umana non sono stati affrontati.

Due i motivi di fondo: il primo, perché prima delle rivoluzioni industriali (e per certi versi del tardo medioevo) non si badava alle statistiche di sviluppo ma quest’ultimo era basato sul dominio e il saccheggio dell’altrui popolo; il secondo, perché è con l’epoca industriale che l’umanità (sponda occidentale soprattutto) ha misurato le incidenze dei fattori di formazione e di impiego lavorativo.

Tali difficili passaggi, nel tempo contemporaneo, hanno assunto un coniugo terminologico: “Gioventù bloccata”. Gli autori sono Valentina Magri e Francesco Pastore (in libreria con l’edizioni de Il Sole 24 ore nel maggio 2023). Il senso di questo binomio di vocabolario sta ad indicare un fenomeno rafforzatosi negli ultimi decenni: l’Italia, a dire di molti, non è un Paese per giovani.

E le matrici di fondo sono in due circostanze: molti giovani italiani non lavorano (come fatto statistico) e quando lo trovano fanno tanta fatica ad essere assunti (come fatto economico-sociale). Ma se ne aggiunge un’altra altrettanto importante (un po’ di riflesso) che richiama il tema industriale e di sviluppo economico partendo da una domanda: perché le aziende lamentano di non trovare persone giuste per certi ruoli?

C’è in tutto questo un fil rouge che lega quanto sopra con le risposte che Magri e Pastore portano all’attenzione del grande pubblico (quello italiano). Si chiamano dati. E sono quelli a cui ogni classe politica dovrebbe guardare con approccio metodico per non distrarsi dall’obiettivo costituzionale dato dal 1948: come facilitare l’accesso al mondo del lavoro partendo dal come il modello scolastico forma nel presente per il futuro. Un dato su tutti è emblematico: il 41,8% degli italiani laureati tra il 2013 e il 2020 emigra all’estero. Un esodo che “danneggia l’economia italiana” e rischia di rendere insufficiente l’offerta attuale di personale qualificato alle aziende. Si aggiunge un altro dato importante: il 41,6 % degli italiani emigrati nel 2021 ha tra i diciotto e i trentaquattro anni.

Evidente è che non si possa non parlare di una sorta di “blocco” endogeno del sistema-Paese italiano che non limita i giovani in termini di libertà di movimento (tant’è che vanno all’estero quasi la metà come riportano i dati citati), ma si tratta di una contro-limitazione in termini di opportunità: quelle che tra scuola e lavoro vivono in pieno il gap generazionale.

Per sbloccare questa sorta di gioventù anche inchiodata, c’è l’idea concreta di un Mezzogiorno diverso e un ruolo ancor più incisivo delle politiche europee: partendo da famiglie e imprese. Chissà se con gli spunti di Magri e Pastore potrà in futuro cambiarsi il paradigma da “Gioventù bloccata” a “Gioventù sbocciata”.

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