È giunto il momento che le donne di tutto il mondo condannino le atrocità di Hamas, non soltanto perché è nel loro interesse, ma semplicemente perché è la cosa giusta da fare. L’intervento della diplomatica Inbal Natan, portavoce e consigliere politico dell’ambasciata d’Israele in Italia
A prescindere dalle differenze ideologiche, etniche, religiose o culturali che le dividono, le donne di tutto il mondo si uniscono attorno a un interesse comune: fermare la violenza di genere.
L’universalità della questione è stata riconosciuta dalle Nazioni Unite nel 1981, con l’istituzione del 25 novembre (che quest’anno cade di sabato) come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. L’ONU avrebbe poi riconosciuto che le donne in situazioni di conflitto armato sono particolarmente vulnerabili, nella sua dichiarazione del 1993 sull’argomento.
Poiché gli attacchi a sfondo sessuale in situazioni di conflitto sono in aumento, lottare con questo interesse condiviso è diventato sempre più imperativo. In questo momento, in nessun luogo la necessità di riconoscere il dolore, la sofferenza e la disumanizzazione causati da questi attacchi è più evidente che per quanto riguarda le donne israeliane.
Il 7 ottobre Israele ha subito uno degli attacchi terroristici più vasti e barbari della storia moderna. Migliaia di terroristi di Hamas pesantemente armati hanno invaso i centri abitati israeliani limitrofi al confine di Gaza, massacrando 1.200 persone a sangue freddo.
Durante quella furia durata un giorno, civili innocenti sono stati violentati, torturati, mutilati, decapitati, bruciati vivi e uccisi con altri mezzi nelle loro case e nel corso di un festival musicale. Circa 240 persone, tra cui bambini e anziani, sono state rapite e portate in ostaggio nella Striscia di Gaza.
Donne e ragazze sono state specificamente prese di mira per violenze e mutilazioni sessuali, spesso seguite da esecuzioni, in quel terribile primo giorno di guerra. In seguito, è diventato del tutto chiaro che lo stupro è stato una componente premeditata della strategia di attacco di Hamas.
La prima prova che numerose donne israeliane erano state stuprate è emersa quasi immediatamente, quando gli stessi terroristi hanno filmato giovani donne spogliate dei vestiti o con grandi macchie di sangue sui pantaloni, mentre venivano rapite e portate a Gaza. I video sono stati pubblicati da Hamas sui social in tempo reale e si sono diffusi rapidamente in tutto il mondo.
Da allora è emersa una quantità enorme di prove. Oltre alle prove fisiche raccolte negli obitori e sulle scene del crimine, testimonianze angoscianti, troppo inquietanti per essere ripetute qui, sono state fornite da sopravvissuti, testimoni oculari, esperti medici forensi, squadre di soccorso e di recupero ed equipaggi di ambulanze.
È incredibilmente triste, e piuttosto esasperante, che la rilevanza di queste prove debba essere specificata esplicitamente. Eppure, nonostante questa montagna di prove, la vasta violenza sessuale contro le donne israeliane – un crimine contro l’umanità – è stata ampiamente ignorata dalle Nazioni Unite, dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani, dalle associazioni femminili e da gran parte dei media mondiali.
Sconvolge ancor di più che, nell’era di “Me Too” e “Believe Women”, troppi presunti sostenitori della giustizia, dei diritti umani e del femminismo – incluse giovani donne della stessa età delle vittime israeliane del festival musicale – siano impegnati a negare gli stupri. Alcuni hanno scelto di giustificare o, peggio ancora, di deridere e celebrare uno degli attacchi più raccapriccianti e pubblicizzati contro le donne.
Restare in silenzio di fronte a queste atrocità costituisce un tacito appoggio, e il silenzio delle organizzazioni internazionali, delle associazioni femminili e degli attivisti è davvero assordante.
La mancanza di una condanna internazionale disonora le vittime e i sopravvissuti, generando al contempo frustrazione in molti difensori delle donne. Come ha osservato Michal Herzog, consorte del Presidente dello Stato di Israele, nel suo recente articolo sull’argomento pubblicato su Newsweek, “Per gli israeliani che sono sempre stati in prima linea nella lotta per i diritti delle donne in tutto il mondo, questo è stato un momento di cocente delusione”.
Sebbene la carneficina compiuta dall’esercito del terrore di Hamas il 7 ottobre abbia preso di mira donne e ragazze israeliane, le sue ripercussioni potrebbero rappresentare un pericolo per il resto del genere femminile.
Tecniche inventate o rese famigerate per la prima volta dai terroristi palestinesi, come gli attentati suicidi e gli attacchi compiuti investendo civili con i veicoli, sono poi state adottate da altri gruppi terroristici e utilizzate in paesi lontani e vicini. Considerata questa lunga storia, l’idea che lo stupro e la violenza sessuale diventino una diffusa tattica del terrorismo islamico è terribilmente ragionevole.
È giunto il momento che le donne di tutto il mondo, assieme ai loro alleati, condannino le atrocità di Hamas, non soltanto perché è nel loro interesse, ma semplicemente perché è la cosa giusta da fare.
Sorellanza significa esprimere solidarietà ogni volta che lo stupro, la mutilazione sessuale e la violenza di genere vengono utilizzati come armi da guerra, indipendentemente dalla nazionalità o dalla religione delle persone prese di mira. Lo dobbiamo tutti alle sopravvissute che sono ancora traumatizzate e alla memoria delle ragazze e delle donne che hanno perso la vita in quel giorno così orribile.