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Cosa cambia con i nuovi velivoli da combattimento senza pilota. L’analisi di Marrone e Calcagno

Di Alessandro Marrone e Elio Calcagno

Il mondo dell’aeronautica militare è attraversato da un vento di cambiamento portato dal progresso tecnologico ma anche dal riorientamento dell’attenzione sui conflitti ad alta intensità contro avversari tecnologicamente avanzati. I velivoli da combattimento senza pilota (uncrewed combat aerial systems, Ucas) offrono opportunità importanti per accrescere l’efficacia delle forze armate e rappresentano una grande sfida a livello industriale e tecnologico. L’analisi di Alessandro Marrone e Elio Calcagno, Iai

L’uso dei velivoli senza pilota nelle operazioni militarista subendo una profonda trasformazione. Il conflitto in Ucraina è stato caratterizzato fin dai primi mesi di guerra da un uso massiccio di droni da parte di entrambi gli schieramenti: da apparecchi commerciali e acquistabili a poche centinaia di euro come i DJI Mavic 3 fino a droni armati militari ad ala fissa come il TB-2 Bayraktar turco. Tuttavia, un conflitto tra avversari grossomodo di pari livello in termini di numeri e capacità come quello in Ucraina sta dimostrando quanto i droni tradizionali siano vulnerabili a sistemi di difesa aera avanzati come i SAMP/T italofrancesio gli S-300 e S-400 russi. Se questi sistemi, conosciuti anche come uncrewedaerial systems (Uas), restano del tutto rilevanti in conflitti asimmetrici, risulta necessario lo sviluppo e impiego di sistemi molto più sofisticati e pensati specificamente per operazioni in spazi aerei contesi. Anche per questo motivo in vari Paesi sono in atto programmi volti allo sviluppo dei cosiddetti uncrewed combat aeril systems (Ucas).

Gli Ucas si distinguono in modo sostanziale dai tradizionali Uas in quanto più adatti alla guerra ad alta intensità con avversari quasi alla pari, essendo capaci di trasportare armamenti sofisticati raggiungendo velocità superiori e mantenendo al tempo stesso caratteristiche di bassa osservabilità. Grazie anche a tecnologie legate all’intelligenza artificiale gli Ucas sono perciò destinati ad agire più autonomamente di fronte a minacce aeree e sistemi terrestri di difesa aerea, spesso a fianco di velivoli di quarta, quinta e sesta generazione. Di conseguenza, pur avendo alcuni aspetti in comune con gli odierni droni armati, gli Ucas differiscono sostanzialmente da questi in termini di prestazioni, utilizzo operativo, e costi.

Diversi Paesi nel mondo stanno puntando a dotarsi di questa capacità, di cui si discuterà il 21 novembre nel webinar Iai Velivoli da combattimento senza pilota, intelligenza artificiale e futuro della difesa. Gli Usa vantano la gamma più ampia di programmi in questo ambito, con l’obiettivo iniziale di estendere il ‘braccio’ dei velivoli pilotati rendendo gli Ucas dei moltiplicatori di forze. È tuttavia probabile che nel medio e lungo termine questa capacità (negli Usa come altrove) venga vista sempre di più come uno strumento impiegabile anche indipendentemente dagli aerei pilotati. La Us Air Force sta investendo nel programma Collaborative Combat Aircraft (CCA) per mettere in servizio almeno 1.000 Ucas che agiranno in concerto con aerei da combattimento muniti di pilota nel ruolo di loyalwingmen, o adjuncts. La Us Navy invece ha come priorità quella della messa in servizio dell’MQ-25A Stingray, in principio specializzato nel rifornimento in volo per gli aerei da combattimento lanciati dalle portaerei, in seguito con armamenti a bordo.

Nonostante gli sviluppi in Cina in questo settore siano generalmente avvolti nella segretezza, Pechino vanta un programma Ucas abbastanza avanzato. Il Gonji-11 (GJ-11), evoluzione del dimostratore Sharp Sword, che decollò per il suo volo inaugurale nel 2013, sembra essere progettato per operare nel ruolo di supporto aereo e bombardamento tattico. Vari modelli sono stati inoltre presentati dalle industrie cinesi, facendo intendere l’esistenza di altri concetti (se non addirittura programmi) legati allo sviluppo di Ucas sia indipendenti da piattaforme pilotate, come il CH-7, che adjunct, come il Dark Sword.

La Russia ha concentrato i propri sforzi in questo campo nello sviluppo del Su-70 ‘Okhnotnik-B’, un Ucas pesante specializzato in missioni di bombardamento. Secondo le autorità russe il Su-70 dovrebbe operare all’interno di formazioni miste insieme ai velivoli da combattimento a bassa osservabilità Sukhoi Su-57, anche se ci sono vari dubbi sulla validità di questo accoppiamento visto il gap di velocità massima dell’Ucas rispetto al ben più veloce Su-57. La facoltà da parte di un pilota di poter pilotare il proprio velivolo e contemporaneamente controllare uno o più Ucas richiede un alto livello di automazione all’interno dell’abitacolo di modo da minimizzare il più possibile il carico di lavoro. L’industria di Mosca non ha però le capacità necessarie per adattare il Su-70a questo ruolo anche a causa delle sanzioni imposte sul Paese dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022.

L’Europa invece si trova oggi indietro rispetto ai progressi fatti da altri Paesi, ed è urgente riflettere su come recuperare terreno.

 


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