Dopo la rivolta di dipendenti e investitori, l’imprenditore è pronto a tornare a capo dell’azienda dietro a ChatGPT. Cambia il cda che lo ha fatto saltare, con l’uscita dei “ribelli”. È la chiusura di una saga complessa, giocata sulla personalità di Altman, sulla struttura dell’azienda e sull’equilibrio tra velocità e sicurezza nello sviluppo dell’IA
Sam Altman è pronto a tornare come ceo di OpenAI, l’azienda che ha dato alla luce ChatGPT. La decisione presa nella notte tra martedì e mercoledì è arrivata quattro giorni dopo la sua cacciata, il colpo d’inizio di una delle saghe più spettacolari nella storia recente di Silicon Valley. La quasi totalità dei 770 dipendenti dell’azienda aveva minacciato di andarsene e alcuni investitori avevano iniziato a sondare le opzioni per portare in tribunale il consiglio di amministrazione, costringendolo a un dietrofront e facendolo diventare il grande sconfitto di questa vicenda.
L’accordo in linea di principio che sancisce il ritorno di Altman prevede anche un drastico rinnovamento dei membri del cda. Almeno inizialmente, quello nuovo prevede l’ingresso dell’ex ad di Salesforce Bret Taylor e Larry Summers, già segretario al Tesoro degli Usa. Di quello vecchio rimangono Adam D’Angelo, ad di Quora, mentre saltano i presunti resposabili del tentato golpe: il cofondatore di OpenAI Ilya Sutskever (che era tornato sui suoi passi pentendosi pubblicamente dell’allontanamento di Altman), l’imprenditrice Tasha McCauley e Helen Toner del Center for Security and Emerging Technology della Georgetown University.
Tutto era iniziato venerdì, quando il cda ha fatto ciò che nessuno si sarebbe aspettato: cacciare colui che negli ultimi mesi è diventato il volto dell’intelligenza artificiale. Il presidente dell’azienda Greg Brockman aveva dato le dimissioni subito dopo il suo allontanamento, che secondo la spiegazione ufficiale aveva a che fare con la sincerità di Altman nelle sue comunicazioni con il cda. Sabato, in una riunione con i dipendenti, Sutskever aveva accennato al fatto che l’allontanamento di Altman fosse stato necessario “per assicurarsi che OpenAI costruisca un’IA a beneficio di tutta l’umanità”.
Il commento di Sutskever aveva scatenato un tornado di speculazioni, che gli osservatori hanno presto collegato alla struttura operativa dell’azienda – composta da una non-profit (la cui missione è appunto sviluppare un’IA a beneficio del genere umano e non degli investitori) che contiene una for-profit (un’azienda normale, dedita al profitto e all’attrazione di capitali, in cui Microsoft ha investito pesantemente). Che Altman stesse corrompendo lo spirito originale di questa realtà, sviluppando e rilasciando prodotti troppo velocemente per ragioni di mercato, a scapito degli allarmi degli addetti ai lavori?
Poche ore dopo il direttore operativo di OpenAI Brad Lightcap aveva gettato acqua sulle speculazioni e ripetuto che si trattava di un “guasto” nella comunicazione. “Possiamo affermare con certezza che la decisione del cda non è stata presa in risposta a un illecito o a qualcosa di correlato alle nostre pratiche finanziarie, commerciali, di sicurezza o [privacy]”, diceva ai dipendenti. E domenica gli ha fatto eco Emmett Shear, ex ceo di Twitch, che nel frattempo era stato nominato dal cda di OpenAI come nuovo amministratore delegato in via temporanea. Dopodiché nessuno dei due ha fornito altri dettagli.
L’effetto cumulativo di quelle dichiarazioni è stato scagionare Altman, ha scritto Casey Newton, giornalista tech tra i più attenti osservatori di Silicon Valley. Nel frattempo il diretto interessato ha pubblicato una serie di post in cui professava il suo amore per OpenAI e le persone al suo interno. “Con il suo silenzio, il cda ha fatto in modo che Altman diventasse il protagonista e l’eroe di questa storia. Le posizioni strategiche di Altman, abilmente coordinate con i suoi numerosi alleati all’interno dell’azienda, gli hanno dato l’aspetto di un funzionario eletto deposto che sta per essere riportato al potere grazie alla forza della sua popolarità”.
Questo non cancella il sospetto che Altman stesse favorendo la velocità a scapito della sicurezza. C’era lui dietro la decisione di lanciare ChatGPT, che secondo The Atlantic fu presa anche per paura che la rivale Anthropic (che a fine settembre ha stretto una partnership strategica con Amazon) lanciasse il proprio chatbot. Da allora, scrive Newton, “il ramo for-profit di OpenAI si sarebbe mosso più volte per estendere il vantaggio dei suoi prodotti sui rivali”.
Poco fa l’azienda ha fatto un altro salto in avanti annunciando chatbot personalizzati, cosiddetti “agenti IA”, scatenando le preoccupazioni dei ricercatori sulla sicurezza. E a quanto pare la cosa aveva fatto andare Sutskever su tutte le furie. Ma non sarebbe mai stato facile contenere Altman: Microsoft era intervenuta subito dopo il suo licenziamento assumendolo come capo di una nuova divisione di ricerca sull’IA, ma il ceo Satya Nadella aveva lasciato la porta aperta a un suo possibile ritorno in OpenAI.
Adesso sembra tutto passato: Altman sarà reintegrato nel suo ruolo e sarà seguito anche da Brockman (non si sa ancora in che veste). “Amo OpenAI e tutto ciò che ho fatto negli ultimi giorni è stato al servizio di questo team e della sua missione”, ha scritto il vecchio-nuovo ceo sul X riguardo al suo ritorno, che dovrebbe scongiurare il rischio che l’azienda, valutata intorno agli 86 miliardi di dollari, subisca un tracollo. Tra le compagnie tech c’era già chi corteggiava apertamente i dipendenti in fuga: se non altro, la saga ha dimostrato l’attenzione di Silicon Valley per lo sviluppo dell’IA e l’azienda che ha dato il via alla corsa.