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Per la Difesa Ue l’industria è centrale. L’analisi di Braghini

Di Fabrizio Braghini

Continua il momentum della difesa europea, supportata dalla diffusa consapevolezza della sua necessità nell’opinione pubblica. Ne sono un esempio le recenti decisioni del Consiglio Ue in formato Difesa, le previsioni dell’Eda e le iniziative in campo industriale. Il punto dell’analista di politiche europee e di Difesa, Fabrizio Braghini

Particolarmente sostenuto è il ritmo degli annunci a Bruxelles su nuove iniziative e strategie che potrebbero essere propedeutiche al piano di lavoro dell’Ue post elezioni 2024. Per questo motivo i lavori in corso sono importanti per indicare orientamenti e definire principi e criteri per i prossimi “cantieri”, e dare concretezza alla promessa di Ursula von der Leyen del 2019 di una Geopolitical Commission, assunzione che insieme all’autonomia strategica rimane oggi a livello di ambizione e strategie.

Continua dunque il momentum della Difesa europea supportata dalla sua diffusa consapevolezza nell’opinione pubblica, come evidente dal rincorrersi ed accavallarsi di iniziative (risorse e regole). Momentum che rappresenta un punto fermo in questa fase di disordine globale e disorientamento in Europa e negli Stati Uniti.

Ma la corsa alle proposte, mentre si avvicinano le elezioni europee, necessita dei suoi tempi, dovendo fare i conti con la tempistica dei processi legislativi europei. Ne è una prova l’annuncio del commissario Breton di posticipare la proposta di una strategia per l’industria della difesa europea, la European defence industrial strategy (Edis) dall’8 novembre (annunciato con troppo anticipo ed entusiasmo e con un occhio alla rielezione e a ruoli più elevati) a fine febbraio 2024. E in effetti non sono certo sufficienti due mesi dall’annuncio di Von der Leyen il 13 settembre per ottenere l’approvazione del collegio dei Commissari, ed elaborare “dove andare, e come, in mancanza di fondi sufficienti”, proporre obiettivi e strumenti finanziari condivisi, sensibili, nuovi e di lungo termine, la cui portata avrebbe l’effetto di strutturare la domanda e l’offerta della difesa nell’Ue nei prossimi anni. E i tempi per la negoziazione sarebbero molto stretti prima della conclusione della legislatura.

Andando con ordine, la presidente della Commissione ha annunciato durante il dibattito sullo Stato dell’Unione una strategia per l’industria della Difesa europea, che si pone come ulteriore tassello e in continuità con i recenti sviluppi legislativi e finanziari approvati dal Consiglio Ue. È senz’altro da leggersi nella prospettiva delle prossime elezioni europee. L’Edis si inserisce nell’agenda politica dell’Unione partendo dal Summit di Versailles nel 2022 (agenda politica con focus su responsabilità e obiettivi Ue nella difesa: investimenti, capacità, industria), dal Consiglio Ue del 2013 e dalla Comunicazione Ec/Eda sulle carenze industriali, capacitive e di budget. Nei documenti sono stati dichiarati gli impegni a rafforzare le capacità di difesa per conseguire la sovranità europea e ridurre le dipendenze, risultando nella proposta una successione di iniziative ambiziose, prima impensabili, per rafforzare l’industria della difesa (Edtib), come l’approccio 3-track della European peace facility per l’Ucraina. La dimensione industriale diventa centrale.

Ulteriore impulso politico a supporto delle iniziative per la difesa è venuto dall’ultimo Consiglio dell’Ue Esteri/Difesa, che ha approvato tra l’altro l’aggiornamento delle priorità dello sviluppo capacitivo (Cdp), la revisione della Cooperazione strutturata permanente (Pesco), le conclusioni della strategia spaziale europea per la sicurezza e difesa, una dichiarazione congiunto per l’accesso della finanza (Esg e Bei) per la difesa

Il percorso è accidentato, l’ambizione c’è, si stanno facendo passi avanti piccoli ma costanti anche con accelerazioni, mission e obiettivi si legano a un futuro dell’Europa da definire (il cantiere si è aperto).

Cosa che Von der Leyen ha detto con chiarezza, citando i recenti investimenti nella difesa come punto di avvio di una European defence union, ed elencando i fondi e i meccanismi lanciati dalla Ue a supporto della produzione e degli acquisti attraverso l’Europa, ricordandone però la temporaneità e il breve termine (2025 per Asap e 2027 per Edf). L’Edis dovrà trovare il modo di supportare il ramp up della produzione di equipaggiamenti critici estesi oltre il munizionamento, e la necessità di una cooperazione europea non solo per ricerca e sviluppo ma anche tra le imprese.

L’Edis viene a inserirsi nel processo normativo-finanziario avviato nel 2007 con la Preparatory action. Si scompone in un mosaico di azioni e misure certamente utili, che hanno il merito di aver impresso una dinamica e una prospettiva nuova, ma non sempre coerenti tra loro e di modesta entità come budget, con regole diverse di non facile applicazione, mancanza di una visione di lungo termine, modesti impatti immediati sulla struttura del mercato europeo della difesa. Non sembrano, per ora, un game changer come inizialmente pronosticato.

Nel quadro d’insieme rientra anche il dibattito sull’incremento delle risorse di budget della difesa per il 2024 per European defence fund (Edf) e Mobilità militare, che potrebbe orientare la revisione del Bilancio pluriennale 2024-2027, con un rifinanziamento e una revisione dei fondi Edirpa e Asap, e concentrarsi sugli investimenti per le capacità di difesa di comune interesse (anche denominate “super-priorities”), nonché della Strategic technologies for european platform (Step).

Dunque, il 10 ottobre il commissario Breton ha annunciato la preparazione di una proposta per l’Edis, che potrebbe includere linee guida sul legame funzionale tra necessità tecnologiche e di capacità con le possibilità industriali. Si intravede un insieme di iniziative partendo dall’European framework for defence joint procurement (Edip), potrebbe succedere all’Edirpa, e perseguire l’obiettivo di sviluppare un meccanismo permanente per ulteriormente incentivare i Paesi membri a collaborare nel procurement di equipaggiamenti (oggi l’eccezione, domani la regola?). Un percorso logico potrebbe vedere risorse dell’Edip per l’acquisto di prodotti e soluzioni tecnologiche che risultano dalle attività di ricerca e sviluppo realizzate in cooperazione nell’ambito dell’Edf.

L’intenzione della Commissione (le informazioni al momento scarseggiano) è rivolta a fare leva sugli strumenti urgenti appena approvati, l’Edirpa (per il supporto ad acquisti comuni per riempire le scorte di munizioni) e l’Asap (per il supporto alla produzione di munizioni) che insieme prospettano un effetto strutturante per l’industria della difesa. La complessità e la posta in gioco è significativa, come si è visto con le difficoltà, sensibilità e divergenze tra Paesi e il ridimensionamento dei due strumenti e delle ambizioni comunitarie, strumenti certamente innovativi che non sembrano comunque sufficienti a supportare le motivazioni per una politica comune di difesa.

Sarebbero previste anche proposte complementari come l’esclusione dell’Iva, l’intervento della Banca Europea degli Investimenti (Bei) per promuovere progetti non solo duali ma di difesa oggi esclusi dal mandato, la realizzazione di un European defence production act (Edpa). L’idea è stata presentata alla riunione informale dei ministri della difesa a Toledo. Si è considerato che accanto ad un programma di investimenti sia necessario un framework regolamentare per soddisfare urgenti necessità di equipaggiamenti militari. Il riferimento è all’US Defence production, attivabile quando necessario, che consente di accelerare ed espandere le forniture di materiali e servizi dell’industria Usa per promuovere l’interesse nazionale.

Molti i punti aperti in attesa di un dibattito e decisioni difficili. Sul tavolo si prospettano alcune questioni chiave, di cui alcune ventennali, che potrebbero avere oggi un livello di maturazione per essere accolte dai Paesi membri. Qualche esempio. È opportuna una riforma del processo decisionale Ue per l’adozione di decisioni che facilitino la realizzazione di una politica di difesa comune? Come rendere sostenibili i finanziamenti per la competitività dell’industria della difesa? È possibile superare gli ostacoli dei mercati finanziari, come l’impossibilità per la Bei a cofinanziare la difesa, a cui fanno riferimento le riluttanze di certe banche? Qual è un livello adeguato di risorse (miliardi) per l’Edip per finanziare le cooperazioni industriali? Il procurement comune nell’Edip come dovrà essere strutturato per essere accettato dai Paesi membri? L’idea di una cabina di regia europea per la pianificazione dei programmi militari sarà un concetto accettabile? È possibile richiamare in qualche modo come si chiede Oltralpe il criterio di preferenza europea per gli appalti, tema sempre divisivo tra i Paesi membri?



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