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Per l’Europa dello spazio è il momento delle decisioni. Parla Massimiliano Salini

La politica europea di accesso allo spazio ha bisogno di un ruolo più incisivo dell’Ue e l’Italia deve prendere una posizione più forte dentro il Consiglio Esa. È quanto ha auspicato ad Airpress Massimiliano Salini, europarlamentare e già relatore del Programma spaziale europeo, a margine del summit dell’Agenzia svolto a Siviglia

Il settore spaziale europeo è in una fase di grandi cambiamenti e gli Stati membri, in primis l’Italia, devono prendere una posizione più forte dentro il Consiglio dell’Agenzia spaziale europea. Allo stesso tempo l’Ue, primo cliente per lanci istituzionali, deve avere un ruolo più incisivo nel definire la politica europea di accesso allo spazio. È quanto ha auspicato ad Airpress Massimiliano Salini, europarlamentare e già relatore del Programma spaziale europeo a margine del Summit spaziale dell’Esa, svolto a Siviglia e dell’Eu Space week, organizzata dall’Euspa sempre nella città spagnola.

Tra una maggiore apertura del mercato alla commercializzazione da parte di soggetti privati e tensioni geopolitiche che hanno cambiato gli equilibri con i vecchi partner, l’Europa è chiamata a fare un cambio di passo. In Spagna si è discusso della necessità di una cooperazione più forte e di rafforzare il comparto industriale per promuovere una maggiore competitività. La crisi attuale dei lanciatori spaziali in Europa è stata definita come la più seria mai affrontata. Dopo la fine dalla collaborazione con la Russia e il ritiro dell’Ariane 5, l’accesso alle orbite è garantito solo attraverso l’uso di vettori americani. Il settore spaziale europeo a Siviglia ha annunciato l’intenzione di voler rivedere, durante la prossima ministeriale del 2025, le modalità con le quali vengono realizzati e commercializzati i lanci spaziali, attraverso probabili nuovi accordi tra l’agenzia e Arianespace (che attualmente gestisce lo spazioporto europeo di Kourou in Guyana francese per conto dell’agenzia di Parigi). Decisioni che potrebbero aiutare il Vecchio continente a tornare ad avere una sua autonomia per l’accesso alle orbite aumentandone al contempo la competitiva di fronte a Paesi come Stati Uniti e Cina.

Il tessuto industriale europeo è pronto per questo cambio?

Le notizie che arrivano dallo Space summit di Siviglia sono positive, ma non autorizzano ad abbassare la guardia. Interventi tesi a spezzare relazioni monopolistiche che bloccano la concorrenza, come quella tra Esa e Ariane vanno a beneficio dell’innovazione, aumentano l’offerta e creano prezzi più vantaggiosi sul mercato internazionale. È necessario un sistema di lanciatori competitivo in grado di tutelare l’autonomia strategica dell’Unione Europea e colmare le lacune lasciate da Ariane. La tensione nella governance tra Esa e Unione europea permane. Il modello di accesso allo spazio portato avanti dall’Agenzia spaziale europea finora si è dimostrato inadeguato. C’è l’urgenza di ripensare, tutti insieme, un modello europeo di lanciatori, in ambiente più aperto e concorrenziale.

Sempre nel settore dei lanciatori, a Siviglia è emersa la possibilità per l’azienda italiana Avio, che realizza i vettori leggeri Vega, di commercializzare autonomamente le proprie capacità (compito svolto adesso da Arianespace, che si occupa di vendere anche i vettori Ariane). Si tratta di una decisione, che dovrà essere finalizzata da accordi diretti con servizi aziende coinvolte, ma che potenzialmente può aumentare il mercato dei servizi offerti dai lanciatori europei. È una buona notizia per l’industria italiana?

Non possiamo fare a meno di lanciatori istituzionali, come Ariane e Vega, ma al contempo dobbiamo sviluppare un ecosistema europeo di accesso allo spazio, da impianti di test alla ricerca in nuove tecnologie, con il maggior numero di attori possibili. Ariane ha avuto un monopolio per troppo tempo e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze con satelliti Galileo pronti da anni e ancora a terra. Gli Stati membri, e in primis l’Italia, devono prendere una posizione più forte dentro il Consiglio Esa. Allo stesso tempo l’Ue, primo cliente per lanci istituzionali, deve avere un ruolo più incisivo nel definire la politica europea di accesso allo spazio. Ci sono già ampie possibilità previste dall’art. 5 del Regolamento per lo spazio, che ho avuto la responsabilità di negoziare in qualità di relatore al Parlamento europeo, ma si può fare di più. A tal proposito sono stato promotore, con altri colleghi al Pe, di alcuni progetti pilota, da avviare già l’anno prossimo, finalizzati allo sviluppo di un accesso allo spazio più autonomo in Europa.

Lo Space summit si è svolto in Spagna in contemporanea a un evento dell’agenzia dell’Unione europea per lo spazio (Euspa). Due realtà che sono protagoniste del Vecchio continente. Alla luce di questo, secondo, lei che tipo di correzioni potrebbero essere apportare per far lavorare insieme queste due agenzie?

La collaborazione tra Esa e Unione europea è stata chiaramente definita dal nuovo Regolamento spazio. Bisogna che ogni istituzione rispetti il suo mandato e utilizzi al massimo i propri punti di forza. L’Esa è un’eccellente agenzia intergovernativa per lo sviluppo tecnologico, ma sta all’Ue e agli Stati membri definire le strategie e le ambizioni politiche.

 


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