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Nel Piano Mattei l’energia è politica. L’analisi di Filippo Del Monte

Di Filippo Del Monte

Quello energetico è uno dei dossier da tenere maggiormente d’occhio. L’importanza di gas e petrolio per la vita quotidiana e per le economie europee rende quella legata all’energia una questione d’importanza strategica. Ecco perché nell’intervento di Filippo Del Monte, Geopolitica.info

Il “Piano Mattei” per l’Africa è il provvedimento “di bandiera” del governo Meloni in politica estera. Una scelta che si sposa appieno con la necessità di ricostruire una postura autorevole per l’Italia nel Mediterraneo allargato alla luce dell’instabilità che ormai domina lo scenario internazionale.

Sotto questo aspetto, quello energetico è uno dei dossier da tenere maggiormente d’occhio. L’importanza di gas e petrolio per la vita quotidiana e per le economie europee rende, infatti, quella legata all’energia una questione d’importanza strategica.

Nella tavola rotonda Med Energy di Ravenna, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha dichiarato che le tensioni in Medio Oriente non hanno modificato in alcun modo il rapporto con l’Algeria, primo fornitore di gas dell’Italia. Descalzi ha anche evidenziato come uno dei maggiori problemi sul fronte energetico sia la debolezza di fondo dell’Europa, che è sì un grande mercato, ma che non ha fonti energetiche proprie né, quindi, indipendenza energetica.

Una nazione come l’Italia, inserita appieno nelle catene del valore globali, ma che, al contempo, non dispone di proprie fonti energetiche, ha l’obbligo di tenere presente questo fattore come uno degli elementi essenziali per costruire la propria politica estera.

A dominare è la “geografia dell’incertezza”, per citare il professor Alessandro Ricci, ed i conflitti tra Russia e Ucraina e tra Israele ed Hamas stanno rendendo ancora più incerta la questione dell’approvvigionamento energetico per il vecchio continente.

Il rischio che una rapida escalation delle guerre in atto possa portare ad una “regionalizzazione” di questi conflitti ed alla conseguente chiusura dei choke points energetici è uno degli incubi strategici per l’Europa occidentale. Incubo a cui occorre trovare, anche rapidamente, una risposta rapida.

Sotto questo aspetto, la vecchia ambizione italiana di trasformare la Penisola nell’hub energetico dell’Europa, sfruttando la sua proiezione geografica al centro del Mediterraneo, che delle rotte energetiche è crocevia, è nuovamente fulcro delle discussioni sulla postura strategica del Paese.

Uno dei principali attori della politica estera italiana, l’Eni, ha avviato da qualche tempo un processo di diversificazione delle proprie attività industriali, che hanno spinto il “cane a sei zampe” verso lo sviluppo di nuove tecnologie, verso gli investimenti nelle rinnovabili e la cattura e trasformazione della CO2.

Senza dimenticare la particolare attenzione che l’Eni ha sempre riservato all’Africa, palcoscenico dell’ancora nebuloso – ma che dovrà necessariamente concretizzarsi – “Piano Mattei” (che, al di là del nome, è sotto molteplici aspetti, ivi compreso quello ideologico-programmatico, della “scuola geopolitica” Eni e che nella compagnia energetica vede uno dei principali attori/strumenti per la proiezione italiana nell’area) del governo Meloni, e dunque l’obiettivo di mantenere forti legami con Algeria, Egitto e Libia, alcuni interlocutori tradizionali ed altri nuovi, per la politica energetica di Roma.

In più, anche il Medio Oriente, con “vecchie conoscenze” della diplomazia italiana, come il Libano, e nuovi partner, come il Qatar, sta rientrando a pieno titolo in un “Piano Mattei” allargato, che segue, sotto il profilo politico-energetico, i confini ampi del politico-militare “Mediterraneo allargato”.

Già prima del 24 febbraio 2022, il governo presieduto da Mario Draghi aveva aperto una nuova fase della diplomazia energetica di Roma, più attenta alla differenziazione dei partner dai quali acquistare gas e petrolio, meno incline a legarsi prioritariamente alla Russia in quanto potenza revisionista e dunque “inaffidabile” per quanto concerne la solidità delle strategie italiane anche di breve-medio periodo.

Seguendo una linea già tracciata dall’allora ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, attuale amministratore delegato e direttore generale di Leonardo, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, punta a fare dell’Italia un “crocevia energetico”, perché oggi anche la posizione geografica invidiabile può fungere da “peso determinante” in Europa e nel Mediterraneo.

Un dato di fatto, che è insieme geografico e politico, analizzato fin dall’800 dalle scuole di geopolitica italiana e tedesca e ripreso dai teorici del “Mediterraneo allargato”, è che ogni unità geografica del Mare Nostrum è parte di due o più campi di forza geopolitica. Concetto che può estendersi all’Africa, oggetto di un dichiarato scramble che coinvolge anche potenze ostili come Russia e Cina. Alla luce di questo, la politica energetica dell’Italia, se inserita nel contesto della interrelazione tra diplomazia, imprese e geopolitica che è il “Piano Mattei”, ha una portata, per l’appunto, “politica” da non sottovalutare e di cui sono espressioni non solo la diplomazia ufficiale della Farnesina ma anche quella parallela di Piazzale Enrico Mattei.

Il “cambio di passo” africacentrico del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha invitato a “guardare all’Africa con mentalità africana e non mentalità europea”, ha nella diplomazia energetica proprio uno dei suoi pilastri, ma anche uno dei suoi scopi. Di fatto si tratta della riproposizione, da adattare, però, al contesto geopolitico della “globalizzazione competitiva” e ad una Italia sempre più legata all’anglosfera, del programma cattolico-nazionale di Mattei.

Un programma che richiede, obbligatoriamente, una impostazione assertiva e decisamente più attiva e presente della diplomazia italiana in Africa e Medio Oriente.

 

 

 

 


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