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Tra memoria e diritto, a lezione di libertà con il ministro Carlo Nordio

Di Luigi Trisolino

La lezione del ministro della Giustizia, organizzata nell’ambito della scuola di alta formazione in politiche economiche e sociali “Carlo Azeglio Ciampi” (Spes Academy), ha riguardato il processo di Norimberga: il primo tentativo di una giustizia internazionale capace di processare i crimini di guerra, perpetrati dal totalitarismo nazista. Luigi Trisolino, studente Spes Academy Carlo Azeglio Ciampi, la racconta a Formiche.net

A mezzogiorno di giovedì 23 novembre a Roma, al Centro Studi Americani, si è svolto l’evento organizzato dalla scuola di alta formazione in politiche economiche e sociali “Carlo Azeglio Ciampi” (Spes Academy) in cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha tenuto una lectio magistralis, dedicata al processo di Norimberga.

La lectio, stimolante e seguitissima, si inserisce nel piano formativo che la Spes riserva ad una rosa di professionisti scelti come studenti – provenienti da istituzioni pubbliche, aziende, studi professionali e centri di ricerca – per il nuovo anno accademico, e per il corso specialistico “Le sfide della transizione”. Il ministro Nordio è stato invitato sia in quanto intellettuale, da sempre impegnato per la cura evolutiva dello Stato di diritto costituzionale, sia in quanto luminare membro del governo in carica.

La lectio ha delineato il processo di Norimberga come il primo tentativo di una giustizia internazionale capace di processare i crimini di guerra, perpetrati dal totalitarismo nazista. Il tribunale militare internazionale, costituito per giudicare i fatti tragicamente noti di quel pezzo di Novecento, è stato voluto dal presidente degli Usa Roosevelt, d’accordo con Churchill e Stalin, nonché in seguito d’accordo anche con i francesi.

A istruire lo storico procedimento fu Robert Jackson, noto secondo il ministro più per il suo ingegno di giudice che per le sue doti accusatorie. Lo stesso Jackson era convinto che quel modello d’iniziativa giudiziaria internazionale avrebbe avuto un seguito per altri fatti ripetibili, e sfortunatamente ripetuti.

Il fatto stesso che quattro grandi potenze come gli Usa, l’Inghilterra, la Francia e la Russia si inchinassero alla ragione del diritto era la manifestazione più importante di come il diritto potesse inchinarsi alla ragione, dopo che si era prostrato alle atrocità antisemite del nazismo. Il processo di Norimberga, la cui durata fu all’incirca quella di un anno, ebbe quattro capi d’imputazione: i crimini contro la pace, i crimini di aggressione, i crimini contro le leggi di guerra e i crimini contro l’umanità.

Mentre per i crimini contro le leggi di guerra ci si focalizzò pacificamente sul trattamento dei prigionieri, maggiori problemi tecnici di determinatezza si erano verificati con riguardo ai crimini contro la pace e a quelli di aggressione, alquanto inediti per il diritto internazionale di quel momento storico.

Nordio si è anche soffermato sul complesso e abominevole mondo dei campi di sterminio, non soltanto di quelli noti ma anche dei primi campi che furono fatti fuori dai nazisti prima della fine della Seconda Guerra mondiale. Pieni di ethos – e di etica di civiltà – sono stati i riferimenti alla tragedia dell’antisemitismo, dato che a processo in quel di Norimberga vi andarono personalità che avevano aizzato ad uccidere gli ebrei. A processo finirono anche quegli scienziati che sugli stessi ebrei così come sugli zingari e sugli omosessuali avevano condotto raccapriccianti esperimenti, con il fine di servire una scienza senza etica.

Il processo di Norimberga, secondo Nordio, si dimostrò un processo equo, ragionevole, rapido. In esso vennero ascoltati tanti testimoni, proiettate le immagini dei cadaveri gettati nelle fosse comuni, e da esso uscirono verdetti di condanna capitale, ma anche condanne alla reclusione a 10 o 20 anni. Da esso – a dimostrazione della sua equità e non sommarietà – sfociarono anche tre assoluzioni.

Tra le maglie di quel processo vi furono prevedibili dissenting opinions e, a detta dello stesso ministro, i sovietici non avrebbero voluto nemmeno l’equo processo: gli stessi sovietici che dopo pochissimi anni fucilarono metà dei membri della Gestapo tedesca e accorparono nella propria polizia segreta russa Kgb l’altra metà. Lapidale nonché tremendamente vera risulta l’espressione – ripetuta due volte nel corso della lectio dal ministro – secondo cui i dittatori si assomigliano tutti.

L’evento è stato così interessante da coinvolgere sia gli aspetti professionali delle garanzie giuridiche, sia gli aspetti di necessaria libertà che nella nostra memoria civica dobbiamo preservare e far evolvere, sempre.

Sul piano penalistico, le accuse a carico dei nazisti di aver scatenato la guerra mondiale, di aver invaso Stati nazionali, di aver costruito i campi di sterminio e compiuto il grande olocausto, trovarono nella linea difensiva del processo la irretroattività della legge penale nel tempo: la linea difensiva controdeduceva all’accusa il fatto che si stessero istituendo nuovi reati prima inesistenti. A difesa dei nazisti vi fu anche la tesi della obbedienza agli ordini come esimente.

A difesa della Germania nazista di allora, inoltre, si professava il principio del “tu quoque”, secondo cui anche l’Urss o la stessa Inghilterra nel proprio passato colonialistico avrebbero invaso territori altrui. La stessa Russia sovietica, come noto, ammazzò tantissimi prigionieri durante l’invasione della Polonia.

A quest’ordine di idee presenti nelle tesi difensive, si controbatteva che il tribunale militare Internazionale adito per il processo di Norimberga era sì di nuova istituzione, ma che non venivano creati da esso i crimini imputati ai nazisti, poiché ci si rifaceva ai già esistenti fatti penalmente rilevanti di omicidio, invasione di Stati sovrani, stupri, torture.

Alla esimente dell’obbedienza agli ordini si controdeduceva la regola secondo cui quando un ordine risulta manifestamente criminoso la scusante non si applica. Al “tu quoque” si controbatteva con il principio di civiltà secondo cui un crimine non esclude l’altro.

Lo Stato di diritto umano, incline strutturalmente al garantismo e alle libertà, si regge sull’instancabile lavoro di coloro che fra noi hanno a cuore il senso delle istituzioni democratiche, nel loro lungo percorso di formazione e maturazione.

Le classi dirigenti del presente, e quelle che verranno, sono chiamate a curare quella cardinale sinergia tra memoria storica e diritto. Carlo Nordio con la sua lectio magistralis per la Spes Academy quella cura l’ha ancora una volta dimostrata, unitamente alla sensibilità di volerla trasmettere come eredità metodologica alle giovani generazioni di professionisti della cosa pubblica.

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