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Tron, ecco la blockchain preferita dai jihadisti

Governi e realtà private sono sempre più bravi a tracciare movimenti illeciti attraverso le blockchain più note, come quella di Bitcoin. Così i gruppi terroristici Hamas, Hezbollah e Jihad islamica palestinese (legati all’Iran) hanno virato su quelle più oscure – su cui girano i “dollari” artificiali del criptoverso

Hamas e gli altri gruppi jihadisti in Medio Oriente devono la loro sopravvivenza ai finanziamenti dall’estero, parte dei quali viaggiano nel criptoverso. Istituzioni e realtà private sono diventate molto abili nel tracciare le transazioni che avvengono su un meccanismo aperto per definizione, la blockchain. La stessa Hamas, che utilizza criptovalute almeno dal 2019, ha dichiarato ad aprile che avrebbe smesso di accettare Bitcoin per via dell’aumento degli sforzi per ostacolare le donazioni. Ma questo non significa che abbia smesso di accettare crypto.

Ccome rileva Reuters, sembra che i flussi di denaro adesso passino attraverso una blockchain meno nota, che prende il nome di Tron ed è diventata la preferita dei gruppi jihadisti, da Hamas alla Jihad islamica palestinese a Hezbollah (parte del cosiddetto Asse della resistenza di matrice iraniana che si oppone al potere israeliano e americano in Medio Oriente). Oggi è Tron “l’ultimo fronte” nella lotta israeliana contro i finanziamenti alla jihad, scrive la testata britannica, ricordando c

A poche settimane dall’attacco del 7 ottobre le autorità israeliane hanno annunciato il più grande sequestro di portafogli crypto di cui si abbia contezza, congelando circa 600 portafogli collegati a una società di nome Dubai Co. Più di una dozzina delle persone interessate hanno dichiarato a Reuters di aver utilizzato Tron, pur rivendicando l’uso personale e negando qualsiasi collegamento con Hamas o la Jihad islamica palestinese, sua alleata. Solo una delle persone (che si è identificata solo come “Neo”) ha ammesso che potrebbe aver trasferito denaro a qualcuno associato a Hamas in un’occasione.

Ma i numeri raccontano un’altra storia. Secondo un’analisi di Reuters, condotta da esperti di criminalità finanziaria e specialisti di indagini sulla blockchain, i sequestri di portafogli Tron sono aumentati (parecchio) al diminuire di quelli di portafogli Bitcoin. Nel 2023 le autorità israeliane ne hanno effettuati 87, due terzi dei 143 che hanno congelato a partire dal 2021. Di questi, 39 erano di proprietà di Hezbollah e 26 della Jihad islamica palestinese.

Stando a Mriganka Pattnaik, ad della società di analisi blockchain Merkle Science (che lavora con i governi di Usa, Uk e Singapore) questi gruppi preferiscono Tron per via dei tempi di transazione più rapidi, delle commissioni più basse e della relativa stabilità rispetto al Bitcoin. Ma la caratteristica più inquietante di Tron è il fatto che sia la “casa” della stablecoin più grande al mondo: la criptomoneta Tether, “agganciata” artificialmente al valore del dollaro statunitense, che vale complessivamente 89 miliardi di dollari e rimane una delle rampe di accesso e uscita nel mondo delle crypto più convenienti in assoluto.

Oggi ci sono 48 miliardi di Tether sulla blockchain di Tron, che ha visto una crescita meteorica nella media di transazioni giornaliere – 9,1 milioni da aprile a giugno, un aumento del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. E parte di questo fenomeno va ricondotto alle organizzazioni terroristiche, che stanno cercando di aumentare ulteriormente l’anonimato dei donatori, ha dichiarato a ottobre la Financial Action Task Force, un organismo del G7 che contrasta le operazioni finanziarie illecite, evidenziando la crescente popolarità dei trasferimenti Tether su Tron.

Non è affatto semplice risalire all’identità di chi si cela dietro ai portafogli Tron: è difficile determinare se i fondi inviati ai portafogli sequestrati fossero effettivamente destinati ai gruppi terroristici, spiega Reuters, anche se il valore delle transazioni e gli indirizzi dei portafogli sono “in chiaro” sulle blockchain. Motivo per cui le autorità di regolamentazione continuano a perfezionare i propri sistemi antiriciclaggio e aumentare gli sforzi per contrastare la criminalità nel criptoverso.

A un anno dal crollo di Ftx nel mirino delle autorità statunitensi c’è Changpeng Zhao, ex ceo della principale brosa crypto al mondo, Binance, che si è appena dimesso dichiarandosi colpevole di riciclaggio e patteggiato una maxi-multa da 4,3 miliardi di dollari. CZ (comè conosciuto ai più) sconta anni di operazioni a briglie decisamente sciolte: sotto di lui Binance ha permesso ai trader iraniani di spostare 8 miliardi di dollari del 2018 nonostante le sanzioni – e tre quarti delle criptomonete scambiate tra le exchange iraniane e Binance è avvenuto tramite Tron.

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